Inizia il Terzo episodio con l’ingresso di Iò. Entra in
scena una fanciulla con corna sul capo e chiede all’incatenato in che cosa ha
sbagliato lui e in quale terra sia giunta lei, l’errante. La ragazza
dice crivei ti~ me tan; tavlainan oi\stro~ (Prometeo incatenato, v.
566), l’assillo mi punge infelice e lo spettro di Argo tellurico. Io teme
vedendo il bovaro dagli innumerevoli occhi (fobou`mai
–to;n muriwpo;n eijsorw`sa bouvtan (568 - 9) Argo
avanza con occhio perfido, neppure morto la terra lo ricopre, ma dà la caccia
all’infelice e la fa errare digiuna lungo la sabbia della costa plana`/ te
nh`stin (nh - e[dw) ajna; ta;n paralivan yavmmon (572 - 573). Là dove mi
portano questi passi lungivaganti. Iò chiede
a Zeus in che cosa abbia fallato per venire aggiogato a tali tormenti. A sazietà
mi hanno sfiancata i molto erranti errori (a[dhn me
poluvplanoi planai - gegumnavkasin 585 - 6 e non so come sfuggire alle pene.
Ascolti il grido della vergine dalle corna bovine? Nelle Supplici di Eschilo la metamorfosi di Iò in giovenca è completa. Prometeo
non può non sentire la fanciulla assillata (pw``~ d ouj
kluvw oijstrodinhvtou - oi\stro~ e dinevw faccio girare) kovrh~ (589) la figlia di Inaco amata da
Zeus e invisa a Era Iò chiede
a Prometeo chi sia l’infelice che parla all’infelice e vede la malattia
mandata dagli dèi che “mi consuma (maraivnei me) pungendomi con aculei terribili,
(598) Prometeo
risponde alla ragazza di essere puro;~ brotoi`~ doth`r j (611) quello che ha donato
il fuoco ai mortali. Poi Iò
vorrebbe sapere quando finirà il suo errare Il Ttano
le risponde che è meglio per lei non apprendere il futuro:
"to; mh; maqei'n soi krei'sson h] maqei'n tavde", v. 624. Non sempre
il sapere è bene. Tale
è la convizione anche di Tiresia nell' Edipo re:"Ahi,ahi, sapere come è terribile ( fronei'n
wJ" deinovn) quando non giova/ a chi sa! Queste cose infatti, pur sapendole bene
io/le ho distrutte; ché altrimenti non sarei venuto qua (vv. 316 - 318). Io insiste
ma le Oceanine, sorelle di Inaco dunque sue zie, vogliono sentire il racconto
delle vicende passate da Io Io ha
pudore di raccontare qeovssuton ceimw`na (v. 643), la tempesta
scatenata dal dio ((qeov" e qeuvw, spingo, scuoto) Il racconto di Iò Mi
giungevano o[yei~ e[nnucoi, visioni notturne (645) Mi
dicevano: “ tiv parqeneuvh/ darovn, ejxovn soi gavmou - tucei`n
megivstou;” (648 - 649),
“perché rimani vergine a lungo? Ti sono possibil le nozze massime. Zeus ti
desidera. Vai sul prato di Lerna” Io rivelò
i suoi sogni al padre Inaco Questi
mandò indovini a Pito e a Dodona che riferivano oracoli ambigui e insensati. Il
responso finale è che Inaco deve cacciare la figlia agli estremi confini
della terra. Padre a[kwn cacciò la figlia a[kousan (v. 670). Entrambi nolenti. Lo
costringeva Dio;~ calinov~ il freno di Zeus (671) La ragazza
subisce una metamorfosi : diviene cornuta (kerastiv~ , 674) e, punta dall’assillo
dalla bocca aguzza (ojxustovmw/ muvwpi crisqei`s j, 674 - 675). quindi balza
verso la sorgente Cerchnea (in Argolide) e la fonte di Lerna Il pastore
Argo la seguiva fissando i suoi passi con occhi fitti puknoi`"
- o[ssoi" - 678 - 679 Poi
all’improvviso Argo muore e Iò avanza di terra in terra. Il Coro
depreca una simile sorte per sé. Prometeo
le dice che c’è dell’altro e Iò vuole sapere La
preveggenza di Prometeo rivelata dal Titano La
giovinetta dovrà sopportare molti dolori da Era Arriverà
tra gli Sciti che vivono sui carri e tirano frecce. Devi
passare oltre. A sinistra ci sono i Calibi sidhrotevktone~ (v. 714) lavoratori del ferro. Quel ferro trovato da Prometeo, il metallo di cui Erodoto afferma senza
giri di parole che è stato scoperto per il male dell’uomo (:" ejpi; kakw'/ ajnqrwvpou sivdhro" ajneuvrhtai" (Storie, I, 68, 4). Bisogna guardarsi dai Calibi: sono feroci e inospitali. Ricordo di nuovo la maledizione di Catullo mutuata da Callimaco In Catullo
c’è una maledizione dei Calibi, una popolazione della costa del Mar Nero
della quale si diceva che avesse scoperto la lavorazione del ferro che nel
tempo di Tolomeo III tempo aveva tagliato la chioma di Berenice. I crines stessi
lanciano l’imprecazione: “ Quid facient crines, cum ferro talia
cedant? Iupiter, ut Chalibon omne genus pereat/et qui principio
sub terra quaerere venas/institit ac ferri fingere duritiem” (66, 47 - 50),
cosa faranno i capelli, se tali colossi[1] cedono al ferro? Giove, che
tutta la razza dei Calibi vada in malora, e chiunque per primo si mise a
esplorare le vene sotto la terra e a foggiare la durezza del ferro! Poi il fiume JYbristhvn,
Violento ouj yeudwvnumon 717 - che
non smentisce il suo nome. quindi il Caucaso ojrw`n - u{yiston (719 - 720) il più alto dei monti, dove il fiume esala il suo
furore. Superate le vette, volgiti a Occidente. Giungerai alla schiera delle
Amazzoni che odia i maschi (stugavnor j, 724). Esse ti guideranno. Arriverai allo stretto Cimmerico e a quello
Meotico e dal tuo passaggio da te prenderà il nome di Bosforo. Poi andrai in
Asia. Tremendo è il tiranno degli dèi qew`n
tuvranno~ (736) che lascia una fanciulla in tali
difficoltà. E’ un amaro pretendente pikro;~ mnhsthvr alle tue nozze” Iò vuole gettarsi dalla rupe, ma Prometeo le fa notare che i propri
tormenti sono anche peggiori. Comunque Zeus dovrà venire a patti con chi conosce un segreto: “Contrarrà
nozze di cui dovrà pentirsi” (v. 764) Non avrà scampo se io non verrò sciolto dai ceppi: “plh;n e[gwg j
a]n ejk desmw`n luqeiv~”(v. 770) Mi libererà il tuo XIII discendente. Quindi Prometeo vuole rivelare a Iò il suo agitato vagare: “poluvdonon
plavnhn fravsw” (788) –donevw, agito - Iò deve prendere nota nelle mèmori tavole della mente (mnhvmosin
devltoi~ frenw`n, v. 789) delle parole che sta per ascoltare “Andrai verso levante (pro;~ ajntolav~, 791) attraversando il fragore del mare, e giungerai dove abitano le
tre Forcidi vecchie vergini dalla forma di cigno (i[na - aiJ
Forkivde~ naivousi dhnaiai; kovrai - trei`~ kuknovmorfoi 793 - 795) che hanno un occhio in comune e un solo dente koino;n o[mm
j ejkthmevnai, monovdonte~ (795 - 796) e
a loro non volge mai lo sguardo il sole con i suoi raggi né la luna di notte
(a}~ ou[q j h{lio~ prosdevrketai - ajkti`sin ou[q j hJ nuvktero~ mhvnh
potev” (795 - 796) Vicino a loro altri tre mostri: le Gorgoni anguicrinite, odio degli
uomini (drakontovmalloi Gorgovne~ brotostugei`~ - 800): nessun mortale a guardarle conserverà il respiro. Quindi: “ascolta un’altra vista sgradevole . - a[llhn d’
a[kouson duscerh` qewrivan (802).
Guardati dai Grifoni, mute cagne di Zeus dal becco aguzzo, e dalla monocola
schiera degli Arimaspi. Curzio
Rufo ricorda gli Arimaspi - Evergeti i quali nel 530 avevano aiutato Ciro
contro i Massageti che stavano a nord della Sogdiana. Arimaspi
riferisce Erodoto significherebbe uomini da un solo occhio[2] (3, 116), ma lui non crede che
fossero tali. Comunque Alessandro premiò gli Arimaspi ob egregiam in
Cyrum fidem (7, 3, 3). Comunque:
“touvtoi~ su; mh; pevlaze (v. 807), a questi non accostarti. Poi andrai
sulle rive del Nilo[3] dalla potabile, venerabile
corrente (septo;n eu[poton rJevo~, 812). Là tu e i tuoi figli
fonderete una colonia lontana. Il Titano seguita
a parlare dicendo qual è stato il cammino già percorso da Iò, a garanzia
delle sue profezia tekmhvrion muvqwn ejmw`n (826). Tu venisti
alla piana dei Molossi e presso Dodona sul dorso scosceso dei monti dove c’è
la profetica sede di Zeus Epirota e l’incredibile prodigio, aiJ
proshvgoroi druve~, le
querce parlanti (832) che dissero chiaramente e per niente con enigmi (lamprw`~
koujde;n aijnikthrivw~, 833)
che saresti stata la splendida sposa di Zeus (hJ Dio;~
kleinh; davmar - mevllous j e[sesqai, 834 - 835). Poi da
Dodona oijstrhvsasa (836), resa furiosa dall’estro, ti sei
lanciata nel gran golfo di Rea che verrà chiamato Ionio j Iovnio~
keklhvsetai (840),
ricordo del tuo passaggio per tutti i mortali (th`~ sh`~
poreiva~ mnh`ma toi`~ pa`sin brotoi`~, 841). Queste
sono le prove che la mia mente vede oltre il fenomeno palese. Quando
giungerai a Canòo, sulla bocca alluvionale del Nilo, Zeus ti darà il
senno ejpafw`n ajtarbei` ceiri; kai; qigw;n movnon (v. 849) sfiorandoti con
mano che non mette paura e con un solo tocco, quindi partorirai lo scuro
Epafo denominazione dalla generazione di Zeus (ejpwvnumon
de; tw`n Dio;~ gennhmavtwn - tevxei~ kelaino;n [Epafon, 850 - 851) che farà fruttare
la terra del Nilo. La quinta
generazione di cinquanta fanciulle (Pempth d j ajp j aujtou` gevnna
penthkontavpai~, 853) dopo di
lui tornerà malvolentieri ad Argo Fuggendo
le consanguinee nozze (feuvgousa suggenh` gavmon, 855) dei cugini (ajneyiw`n, 856 cfr. lat. nepos),
ma i maschi sconvolti nell’animo (ejptohmevnoi frevna~, 856 - ptoevw) come nibbi lasciati indietro
dalle colombe per non lungo tratto (kivrkoi peleiw`n ouj makra;n
leleimmevnoi, v. 857),
verranno alla caccia di nozze non cacciabili (qhreuvonte~
ouj qhrasivmou~ - gavmou~ 848 - 849): un dio invidierà loro i corpi. La terra
Pelasgia li riceverà dopo che saranno stati domati da una guerra di donne
assassine con audacia che veglia di notte (qhluktovnw/ -
[Arei damevntwn nuktifrourhvtw/ qravsei, 880 - 881) Ogni donna
infatti priverà della vita (aijw`no~ sterei`, 862) ciascun marito immergendo
nella strage la spada a doppio taglio (divqhkton ejn sfagai`si bavyasa
xivfo~ (v.
862) . Ma il
desiderio dei figli paivdwn i{mero~ sedurrà una sola mivan qevlxei (v. 865) al punto di non
uccidere lo sposo: delle due, preferirà avere la reputazione di vile (kluvein
a[nalki~, 868)
piuttosto che omicida h} miaifovno~ Da questa unione deriverà un eroe tovxoisi
kleinov~, famoso per l’arco (872), un arciere, Eracle che
libererà Prometeo. E’ stata Qevmi~, la madre antica a rivelarmi questo”. Finito il racconto di Prometeo, Iò viene ripresa da spasimo e delirante
follia. La tormenta la punta dell’assillo temprata con il fuoco , il cuore
scuote il petto per il terrore, gli occhi ruotano convulsamente, la rabbia la
trascina fuori dal cammino, non è padrona della lingua (glwvssh~
ajkrathv~, 884) e pensieri confusi urtano a caso sulle
onde della tetra sventura (Prometeo incatenato, v.885). Bologna 9 gennaio 2021 ore 18 e 3 minuti. giovanni ghiselli p. s. Statistiche del blog Sempre1075996 Oggi418 Ieri467 Questo
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[1] Poco prima Catullo ha ricordato la
storia di Serse che nel 483 scavò un canale per evitare la circumnavigazione
del monte Atos, una delle tre penisole della Calcidica.
[2] Cfr. anche Erodoto IV, 27: Arimaspi ( jArimaspoiv) significherebbe monocoli in
scitico: “a[rima ga;r e{n kalevousi Skuvqai, spou' de; ofqalmovn”.
[3] Secondo Erodoto, Iò giunse in Egitto
rapita dai pirati Fenici (I, 2)
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