mercoledì 3 agosto 2022

Edipo re Conclusione Settima e ultima parte


 

Versi 1503-1523.

Edipo supplica Creonte di prendersi cura delle figlie rimaste senza genitori: le due bambine non hanno alcuna speranza di aiuto se non dallo zio. Quindi il cieco prega perché Antigone e Ismene abbiano una sorte migliore della propria.

 Il nuovo tiranno esorta l'uomo obbrobrioso a entrare nel palazzo, ma questo pone la condizione di essere successivamente allontanato dalla regione. Il cognato replica che vuole solo eseguire la volontà degli dei, quindi ordina all'infelice di staccarsi dalle figlie. Edipo recalcitra e Creonte lo invita a non volere sempre averla vinta,poiché la prepotenza non gli ha portato fortuna.

Edipo

vv.1503-1505."O figlio di Meneceo, avanti, poiché unico padre

di queste sei rimasto; noi  infatti che le generammo

 siamo morti tutti e due, non lasciare che loro..."

In questa preghiera abbondano i toni patetici volti a suscitare compassione per le figlie derelitte delle quali viene sottolineato l'abbandono e le difficoltà cui vanno incontro, dato lo svantaggio iniziale.-

vv. 1506-1507. ptwca;"...kakoi'":"…siano mendiche e senza marito, pur della tua razza, e vagabonde,/

 e non renderle uguali alle mie sciagure".

-ajlwmevna": participio (predicativo) da ajlavomai che significa "vado errando in cattive condizioni". Nell'Edipo a Colono (v.1363), il cieco rimprovera Polinice di essere diventato un vagabondo e un reietto per colpa sua:"ejk sevqen d& ajlwmeno"".

-ejxiswvsh": Edipo prega il tutore di evitare alle ragazze il rischio  di  una sorte simile a quella del padre loro. L'assimilazione del disgraziato ai figli era stata preconizzata da Tiresia al v.425, e in effetti nell'Antigone  i quattro giovani, per un verso o per l'altro non hanno una sorte migliore di quella dei genitori.

vv. 1508-1510."ma abbi compassione di loro, vedendole così piccole,/

abbandonate da tutti, eccetto per quanto è la tua parte.

Fai un cenno di consenso, o nobile, toccandomi con la tua mano".-oi[ktisovn sfa": Edipo arriva ad umiliarsi, a mendicare  compassione, a chiamare nobile(w\ gennai'e) un uomo che si è comportato in maniera poco chiara e schietta, pur di procurare un sostegno alle due fanciulle. Il suo carattere notoriamente terribile e inflessibile quando si tratta solo di sé e della sua vita, si piega fino all'adulazione per aiutare le due adolescenti che gli sono figlie e sorelle.

xunneuson: imperativo aoristo di xunneuvw che significa il segno del capo per acconsentire, come il latino nuo .-

 

vv.1511-1512. sfw'/n...moi:"A voi due, figlie, se aveste già senno,

darei molti consigli, ma ora unitevi in questa preghiera con me..."-eij me;n eijcevthn: imperfetto duale(la forma più comune per la seconda persona è ei[ceton) in una protasi della irrealtà nel presente; l'apodosi è a[n parhv/noun(imperfetto di parainevw).

Edipo non fa un discorso parenetico alle figlie poiché sono troppo giovani e non lo capirebbero( si può pensare, per esempio, a quello di Polonio a Laerte, nella terza scena del primo atto dell'Amleto di Shakespeare), ma le invita ad una preghiera comune che sgorghi dalla sfera emotiva..

vv.1513-1514.:"si viva sempre dov'è l'occasione, ma  voi possiate trovare/

una vita migliore di quella del padre che vi ha generate".-lw/vono"..patrov": è l'auspicio di Ettore per Astianatte ridotto a termini più modesti: cfr. Iliade, VI, 479:"kaiv potev ti" ei[poi-patrov" g& oJvde pollo;n ajmeivnwn", e un giorno qualcuno dica-questo è molto migliore del padre. La Vita  anonima conservata nel Venetus Marcianus(V) con il titolo Sofoklevou" gevno" riferisce l'opinione di un imprecisato scrittore ionico che chiama il tragediografo"JOmhvrou maqhthvn", discepolo di Omero.

 

Creonte

v. 1515.:"E' abbastanza dove sei giunto con le lacrime; su, vai dentro casa".-Questo verso e tutti i successivi sono tetrametri trocaici catalettici. Qui c'è un tribraco in prima sede.

-a{li"..dakruvwn: è degna di nota la distanza di tono fra questa espressione e quella, simile nel contenuto, già segnalata, dell'Ecuba  di Euripide(v.278):"tw'n teqnhkovtwn a{li"", ce ne sono stati abbastanza di morti. Il grido della vecchia regina di Troia è pieno di compassione e dolore; il monito di Creonte, seguito da un imperativo ha la freddezza burocratica e il piglio autoritario del nuovo padrone.

 

Edipo

v. 1516. peistevon...kalav:"Bisogna obbedire, anche se non è per niente piacevole".-

Creonte

"Infatti tutto è bello al momento opportuno".

Da questo verso al 1522 abbiamo ajntilabhv, ossia divisione del tetrametro fra Edipo e Creonte.

Edipo parla come un uomo che, pur abituato a comandare, deve piegare il capo davanti alla necessità.

Le sue parole potrebbero essere commentate con quelle dell'ultimo canto corale dell'Alcesti vv965-966):"krei'sson oujde;n  jAnavgka"-hu\ron", non ho trovato niente più forte della necessità.

Quella necessità il cui fuso (  jAnavgkh" a[trakton, il fuso di Ananche) secondo Platone (Repubblica  616c) è l'asse dell'universo attraverso il quale avvengono tutti i movimenti circolari:"di j ou| pavsa" ejpistrevfesqai ta;" periforav"".

-kairw'/: è dativo di circostanza. Di solito si trova ejn kairw'/.

 Creonte risponde benedicendo l'opportunità che gli ha permesso di prendere il potere e manifestando totale insensibilità nei confronti del cieco detronizzato.

 

Edipo

v. 1517.:"Sai a quali condizioni me ne andrò dunque?"-

Ceonte

"Lo dirai, e allora lo saprò ascoltandolo".

 Edipo ha ancora uno scatto autoritario; Creonte lo lascia parlare per vedere se è possibile umiliarlo di nuovo. ei[somai: futuro di oi\da.

In De Iside et Osiride Plutarco etimologizza il nome Iside con oi\da-so-; più precisamente il tempio  jIsei`on con il futuro ei[somai-saprò- poiché vi conosceremo to; o[n, l’essere 352).

Inoltre  \Isin kalou`si para; to; i{esqai met j ejpisthvmh~ kai; fevresqai, kivnhsin ou\san e[myucon kai; frovnimon

 (375c) la chiamano Iside  per il lanciarsi con sapere e da essere mosso in quanto ella consiste in un movimento animato e sapiente.

 

Edipo

1518:"Voglio che tu mi mandi via, lontano da questa terra".

 

Creonte

-"Mi chiedi una concessione del dio".

- Edipo chiede per sé un'uscita naturale e scontata, ma Creonte vuole fare cadere la concessione (dovsin) dall'alto (tou' qeou') e intende anche lavarsi le mani dalla responsabilità di cacciare in esilio il cieco.

 

Edipo

v. 1519.:"Ma agli dei sono arrivato ad essere odiosissimo".-

Creonte

"Allora lo otterrai presto".-

-e[cqisto": Edipo è arrivato a  identificarsi con il loimo;" e[cqisto", appunto, del v.28, e Creonte, ottenuta questa definitiva autoaccusa con assunzione di responsabilità,  asseconda l'uomo che vuole bandirsi da solo.

 

Edipo

v. 1520:"Affermi dunque questo?"-

Creonte

"Le parole che non penso infatti non sono solito dirle invano".- Edipo chiede una conferma della promessa con tono caldo, ma Creonte risponde da marionetta dogmatica qual è: con un luogo comune, che oltre tutto ha già usato al v.569.

 

Edipo

 v.1521."Allora portami via di qui oramai."-

 

Creonte

"Cammina dunque e staccati dalle figlie".

 

 Gli antagonisti della parte centrale del dramma misurano le forze rivolgendosi l'uno all'altro con imperativi; a un ordine di Edipo, Creonte risponde con due comandi, il secondo dei quali è particolarmente doloroso.

 

Edipo

vv. 1522-1523."Non portarmi via queste, in nessun modo".

 

Ceonte

-"Non volere averla vinta in tutto;

 e infatti le situazioni che hai dominato, non ti hanno seguito nella vita".

 Le ultime parole di Edipo  farmakov", come le prime di Edipo  re (v.1) riguardano i figli. All'inizio del dramma, Edipo si sentiva, ed era considerato, il padre del popolo ; ore che si è rivelato quale mivasma di Tebe,  si aggrappa a questa paternità carnale incestuosa, la cui fruizione però Creonte gli contesta rinfacciandogli la falsità dei successi precedenti (sui viandanti, sulla Sfinge; l'acquisizione del regno) i quali infatti sono andati tutti in malora

 

Versi 1524-1530.

Di questi ultimi  versi è stata messa in dubbio l'autenticità poiché sono tetrametri trocaici, mentre le altre sei tragedie superstiti di Sofocle si chiudono con anapesti. Inoltre i versi 1524 e 1525 sono molto simili ai  1758 e 1759 delle Fenicie di Euripide. Il Pearson, del quale abbiamo seguito l'edizione oxoniense, li considera spuri; il Pohlenz, della cui interpretazione ci siamo avvalsi più di una volta, li giudica autentici e pronunciati dal protagonista:"In queste parole Edipo stesso compendia, alla fine, il contenuto della tragedia"(La tragedia greca, p.251). Il Perrotta, che ha confortato la nostra propensione per la data bassa, trae un indizio cronologico dalla presenza dei tetrametri, e nota che essi"appaiono, in Sofocle, oltre che nella breve scena di sedici versi dell'Edipo, nei suoi ultimissimi drammi: nel Filottete (vv.1402-1408) e nell'Edipo a Colono(vv.887-890). Non appare evidente-conclude-che in questo, come in tanti altri elementi tecnici, Sofocle segue Euripide e non riesce a sottrarsi al suo influsso?( Sofocle, p.264). Certo è che essi non aggiungono molto al resto della tragedia. Edipo viene indicato come paradigmatico dell'uomo salito a posizione altissima e invidiato da tutti, ma poi da questa caduto tanto da essere  divenuto oggetto di compassione. Il monito che se ne deve trarre è che non bisogna considerare felice né fortunato nessuno prima che sia giunto al termine della vita. 

Coro

v.1524. "O abitanti di Tebe, patria mia, guardate, ecco Edipo..."-o{de: Edipo viene indicato a dito quale paradigma dell'uomo che precipita dopo avere conseguito successi immaginati definitivi siccome conseguenti a quell'intelligenza laica limitata, eppure pretenziosa di  calcolare, prevedere e predisporre tutto con le proprie capacità.

 Secondo Freud  L'interpretazione dei sogni, p. 249 )" La contrapposizione con cui il coro ci lascia... esprime un monito che tocca noi stessi e il nostro orgoglio".

Proust ne scrive:" E meglio di un coro di Sofocle sull'umiliato orgoglio di Edipo, meglio della morte stessa e di qualsiasi orazione funebre, il saluto premuroso e umile del barone alla signora di Saint-Euverte proclamava quanto di fragile e perituro c'è nell'amore di ogni terrena grandezza e di ogni umana superbia" Il tempo ritrovato (p.190).

vv.1525-1527"…che conosceva gli enigmi famosi, ed era uomo di grandissimo potere,/

e non c'era uno dei cittadini che non guardasse alla sua fortuna con invidia,/

in quale smisurata onda di terribile sciagura è arrivato!"

-kravtisto": La forza e il potere di Edipo si sono rovesciati nell'impotenza, già preannunciata all'inizio del dramma quale male diffuso che ostacolava la vita e la riproduzione nella città del re adesso esautorato.-zhvlw/: l'invidia che circondava Edipo (cfr.v.381) era relativa ai suoi successi esterni, ma, nel nocciolo, la sua vita rimase sempre tribolata.

Cfr. a questo proposito la parodia delle Rane  di Aristofane: durante la gara poetica che si svolge negli inferi: Euripide recita (v.1182):"h\n Oijdivpou" to; prw'ton eujdaivmwn ajnhvr", era Edipo dapprima un uomo felice; ma Dioniso controbatte(v.1183):"ma; to;n Di j ouj dh't j, ajlla; kakodaivmwn fuvsei", ma no, per Zeus, fu un disgraziato per natura!

 Poco più avanti Eschilo rincara la dose aggiungendo che appena nato, d'inverno, lo esposero in un vaso di coccio (ceimw'no" o[nto" ejxevqesan ejn ojstravkw/, v.1190), poi con i suoi piedi gonfi (oijdw'n tw; povde) se ne andò da Polibo (v.1192); inoltre lui che era giovane sposò una vecchia che era sua madre per giunta, e alla fine si acciecò, e[peita grau'n e[ghmen aujto;" w[n nevo"-kai; pro;" ge touvtoi" th;n eJautou' mhtevra: -ei\t j ejxetuvflwsen auJtovn(vv.1193-1195).

-kluvdwna: riprende la metafora marina dei vv.24-25 e 695: l'onda della sventura è arrivata sulla testa di Edipo che pure aveva ottenuto una buona navigazione(v.423), poi era giunto in un porto grande, eppure non sicuro, anzi privo di approdo (v.423), nel letto di sua madre insomma. Come si vede gli echeggiamenti interni non mancano, e se i versi sono stati aggiunti da altri, ebbene costoro hanno fatto un lavoro plausibile.

vv.1528-1530. Sicché, uno che sia nato mortale, non ritenga felice nessuno,/

considerando quell'ultimo giorno a vedersi, prima che

abbia passato il termine della vita senza avere sofferto nulla di doloroso".-

 La tragedia si conclude con parole che ricordano il lovgo" erodoteo di Solone e Creso (I, 29-32) e ribadiscono gli insegnamenti delfici del  conoscere, anche attraverso se stessi, la natura umana,  e del  rifuggire ogni eccesso, ogni rottura dell'equilibrio e dell'armonia. Si tratta di un motivo sapienziale arcaico già presente in Archiloco (fr. 58D.):"toi'" qeoi'" tiqei'n a{panta....pollavki" d& ajnatrevpousi kai; mavl j eu\ bebhkovta"/uJptivou" klinous j", bisogna attribuire ogni cosa agli dei...spesso rovesciano e stendono supini anche quelli ben saldi. Né si trova sono in poesia: Platone nelle Leggi (VII, 801e802a) afferma che "non è cosa sicura onorare i viventi con inni e canti prima che ciascuno abbia percorso fino in fondo tutta la vita".

Ma concludiamo con il ricordo di una cara tragedia di Euripide che nell'Andromaca (100-102) avvisa:"Crh; d j ou[pot j eijpei'n oujdevn j o[lbion brotw'n-pri;n aj;n qanovnto" th;n teleutaivan i[dh/"-o{pw" peravsa" hJmevran h{xei kavtw", non bisogna dire mai felice uno dei mortali/prima che tu abbia visto l'ultimo giorno/ del morto, come lo ha attraversato prima di andare laggiù. Con questo consiglio voglio terminare il mio lavoro, sperando di non avervi annoiati.

 

Pesaro 3 agosto 2022 ora 10, 47

giovanni ghiselli

p. s.

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