Verso chiave: “tw`/ ga;r qew`/ tajnantiv ouj manteutevon” 373 non si devono chiedere responsi contrari agli interessi del dio
Creusa domanda al ragazzo se abbia cercato di scoprire chi siano i suoi genitori
Ione risponde che non ha alcun indizio-tekmhvrion (329)- su cui indagare
Tra i tipi di riconoscimento avvenuti nelle tragedie, Aristotele pone quello che avviene ejk sullogismou' (1455a, 4 ), attraverso un sillogismo che parte da un indizio. Il filosofo fa l’esempio delle Coefore di Eschilo, dove Elettra deduce che il fratello è arrivato, con un ragionamento fatto dopo avere trovato sulla tomba del padre "un ricciolo tagliato" (oJrw' tomai'on tovnde bovstrucon tavfw/, Coefore, v.168)[1], una ciocca di capelli simili ai propri: qualcuno che mi assomiglia è stato qui, ma solo Oreste mi somiglia, dunque quello era Oreste. Quindi Elettra trova un secondo indizio: tracce di piedi simili alle sue:” kai; mh;n stivboi ge, deuvteron tekmhvrion,-podw'n, oJmoi'oi, toi'~ t j ejmoi'sin” ( Coefore, vv.205-206).
Creusa dice al figlio che un’altra donna ha sofferto quanto sua madre.
Allude naturalmente a se stessa. Le donne delle tragedie si sentono spasso accomunate e assimilate dalle sofferenze che la maternità comporta dal parto in poi.
Ione domanda chi sia quella donna.
Creusa dice che è stata mandata da una che ha bisogno di un responso segreto da Apollo- mavnteuma kruptovn- 334
Creusa aggiunge che però si vergogna aijdouvmeqa- 336
Ione ribatte che allora non concluderà nulla: inoperosa è la dea ajrgo;~ hJ qeov~ 337.
Dunque anche l’aijdwv~, il pudore, come l’ e[ri~, la competizione di Esiodo, può avere un aspetto negativo oltre quello più comune positivo che è il rispetto. Negativa è l’irrisolutezza.
Nell'Ippolito[2] Fedra, la matrigna innamorata del figliastro, dilaniata da un conflitto interno, dice alle donne di Trezene che costituiscono il coro:"bisogna considerare questo:/il bene lo conosciamo e riconosciamo,/ma non lo costruiamo nella fatica (oujk ejkponou'men: il bene topicamente costa povno" , fatica) , alcuni per infingardaggine (ajrgiva" u{po),/ alcuni anteponendogli qualche altro piacere./ E sono molti i piaceri della vita:/lunghe conversazioni, l'ozio, diletto cattivo[3], (scolhv, terpno;n kakovn) l'irrisolutezza (aijdwv" te, una forma brutta di aijdwv" ) "(vv.379-385).
Creusa dunque nel racconto attribuisce a un’ amica la violenza subita da lei. Questa donna sarebbe stata violentata da Apollo. Ione che non crede il suo dio capace di tanto e dice che deve essere stato un uomo.
La donn, comunque molto infelice, aggiunge Creusa ha dovuto abbandonare il neonato e ora non sa se sia sopravvissuto.
Ione diverrà dunque uno degli eroi elencati da Freud: il bambino sopravvissuto all’abbandono da parte dei genitori.
Creusa temo che il piccolo sia stato ucciso dalle bestie feroci.
La madre infatti è tornata nel luogo dell’abbandono, ma non lo ha più trovato.
Se fosse vivo adesso avrebbe l’età di Ione. Alla donna non sono nati altri figli.
Ione nota: tale tuvch è proswdo;~ twjmw`/ pavqei, 359 è accordata alla mia sofferenza 359.
Il fatto è che tutte le pene di noi mortali possono venire cantate da un solo coro, mentre noi invece cerchiamo di infliggerne il più possibile gli uni agli altri.
Dice bene Seneca: “ogni volta che qualcuno cadrà al tuo fianco dovrai esclamare:”alium quidem percussisti, sed me petisti” (Ad Marciam, 9, 3), ora hai colpito un altro ma hai mirato a me! I nostri beni, materiali e umani, ci sono dati in prestito, nostro è soltanto l'usufrutto: “mutua accepimus. Usus fructusque noster est » (10, 2). Tutto viene trascinato via.
Ione obietta che il dio non vaticinerà su ciò che vuole nascondere- o} laqei`n bouvletai- 365. I segreti del dio come quelli di Stato sulle stragi.
Ione sostiene che anche Apollo si vergogna di certe sue azioni- aijscuvnetai- 366 e non bisogna incalzarlo.
Poi Ione mette avanti la realpolitik del santuario. Invita la donna ad andarsene: “tw`/ ga;r qew`/ tajnantiv ouj manteutevon” 373 non si devono chiedere responsi contrari agli interessi del dio.
Questa è una frase chiave che vale per ogni forma di potere, compreso quello ecclesiasico.
Non sapremo mai come è morta Emanuela Orlandi, povera ragazzina.
Rendo onore al fratello che non ha mai smesso di indagare nella Città del Vaticano.
Pesaro 3 agosto 3022 ore 18, 05
giovanni ghiselli
p. s.
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[1] Il versante tragico di quella che sarà la chioma di Berenice.
[2] Del 428 a. C.
[3] Il piacere dell'ozio come sirena che distoglie dal fare cose egregie è denunciato anche da Tacito nell'Agricola:"subit quippe etiam ipsius inertiae dulcedo, et invisa primo desidia postremo amatur " (3), infatti si insinua anche il piacere della stessa passività, e alla fine si ama l'accidia dapprima odiosa.
L'ozio che fa male si trova pure nel carme 51 di Catullo:"Otium, Catulle, tibi molestum est (v.13), lo star senza far niente ti fa male, Catullo.
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