Non dobbiamo affannarci con prepotenza contro la volontà degli dei- ajkovntwn qew`n (378) -continua Ione- perché così possediamo anche dei beni che non vogliono stare con noi- a[konta tajgaq j (379); dunque dobbiamo trarre vantaggio da quello che gli dèi ci danno volentieri-a} d ja]n didw`s j eJkovnte~ wjfelou`meqa (380).
Penso alle mie richieste non esaudite: il loro mancato appagamento è stato un bene, la vera grazia di Dio, perché avere ottenuto quanto agognavo- donne malsicure, non adatte a me, e avventati, perigliosi passaggi nella carriera lavorativa-mi avrebbe fuorviato da questa strada che è la mia vera dove posso essere autentico.
Sicché ho imparato l’amor fati.
Il Coro commenta con tre trimetri dicendo le sventure di molti tra i mortali sono tante e hanno forme diverse- pollai; sumforai; polloi`~ brotw`n, - morfai; de; diafevrousin (381-382).
Tra loro si può trovare a stento una vita fortunata.
Si ricordi per giunta che l’uomo fortunato non è necessariamente anche felice:
“Tra i mortali infatti non c'è nessun uomo che sia felice- eujdaivmwn-,
quando passa un'ondata di prosperità, uno può diventare
più fortunato di un altro eujtucevstero~ a[llou, ma felice nessuno”. (Euripide, Medea vv. 1228-1230)
Questi versi fanno parte il racconto del Messaggero sulla prima strage compiuta da Medea.
Sentiamo il coro dei morti nello studio di Federico Ruysch nell’operetta morale di Leopardi
“Sola nel mondo eterna, a cui si volve
Ogni creata cosa,
in te, morte, si posa
nostra ignuda natura;
lieta no ma sicura
dall’antico dolor”
(…)
Lieta no ma sicura;
però ch’essere beato
nega ai mortali e nega a’ morti il fato”[1].
Ma torniamo allo Ione di Euripide .
Creusa accusa Apollo di essere ingiusto verso la donna del racconto, ossia verso se stessa.
La critica diretta all’oracolo spartaneggiante e al suo dio è abituale nelle tragedie di Euripide. Fortissima è nell’Andromaca.
Quindi si vede comparire Xuto. Creusa chiede a Ione di non riferirgli quanto ha appena sentito raccontare da lei siccome sono difficili -duscerh` (399) i rapporti tra maschi e femmine e quelle buone, noi buone, mescolate e confuse con le cattive, veniamo odiate, tanto disgraziate siamo per natura-misouvmeq j ou{tw dustucei`~ pefuvkamen (400).
Sentiamo alcune parole sull’ingiustizia attribuita ai maschi nei confronti delle femmine cantate da Marcellina, la governante del Conte di Almaviva in un’aria con due strofe a tempo di minuetto e una di allegro in: “Il capro e la capretta /son sempre in amistà;/l’agnello all’agnelletta/La guerra mai non fa://Le più feroci belve/per selve e per campagne/lascian le lor compagne/in pace e in libertà// Sol noi, povere femmine,/che tanto amiam questi uomini,/trattate siam dai perfidi/con ogni crudeltà” (Le nozze di Figaro di Mozart-Da Ponte IV, 4).
Xuto si avvicina e saluta, pyima il dio poi la moglie.
Creusa domanda quale responso abbia ricevuto dall’oracolo di Trofonio
Xuto risponde che ha promesso una discendenza alla coppia sterile. Ma non ha voluto anticipare il responso di Febo che chiarirà tutto.
L’uomo allora decide di entrare nel tempio.
Creusa dice che accetterà la volontà del dio ma non lo approverà mai per quanto ha fatto.
Ione sospetta che Creusa gli nasconda qualcosa, ma non se ne cura troppo tiv moi- melei ; proshvkei g j oujdevn 413-414, che cosa mi importa? non mi riguarda punto. Ironia tragica
Il ragazzo, inserviente del tempio e figlio del dio, parla tra sé e continua censurando Apollo che stupra le vergini rendendole incinte poi non si occupa dei figli e li lascia morire.
Segue un precetto morale: “ejpei; kratei`~, ajreta;~ divwke” (439- 440) dato che hai del potere, segui la virtù.
Gli dèi stabiliscono leggi per i mortali e dovrebbero essere i primi a seguirle.
Può essere una critica a Sofocle che considera giuste e inviolabili solo le leggi date dagli dèi
Creonte domanda ad Antigone che non ha obbedito al suo decreto:
“Kai; dh`t j ejtovlmaς touvsd j uJperbaivnein novmouς;” e allora osavi trasgredire queste leggi?" v. 449.
“Osare” sarà la parola chiave del prossimo Festival dei filosofi lungo l’Oglio.
La ragazza risponde: “"Sì, infatti secondo me non è stato per niente Zeus il banditore di questo editto/né Giustizia che convive con gli dei di sotterra/determinò tali leggi tra gli uomini,/né pensavo che i tuoi bandi avessero tanta/forza che tu, essendo mortale, potessi oltrepassare/i diritti degli dei, non scritti e non vacillanti (a[grapta kajsfalh` qew`n novmima.)/Infatti non solo oggi né ieri, ma sempre/ sono vivi questi, e nessuno sa da quando apparvero (Sofocle, Antigone, vv. 450-457)".
Creusa continua divendo che per risarcire le ingiustizie perpetrate con gli stupri gli dèi dovrebbero svuotare i loro santuari. Sono da attribuire agli dèi anche le colpe degli umani che prendono i numi come maestri e li scimmiottano.
Pesaro 4 agosto 2022 ore 11, 57
giovanni ghiselli
p. s
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