NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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giovedì 1 ottobre 2020

Debrecen 1979. 48. They are all but stomachs and we all but food

fotogramma da La città incantata di Miyazaki
dove le persone mangiano compulsivamente e si trasformano in porci
Nella O di legno[1] del teatro nella puszta dunque l’anno seguente a questo che sto raccontando la mia giovane amante avrebbe pregato. L’aspirante “Musa di fuoco” chiedeva al buon Dio di farla diventare un’attrice famosa.

Insegnare proprio non le piaceva. Bella era bella kalh; kalhv[2].

Alle sue spalle, c’era la scenografia: il paesaggio non dipinto ma vero: le canne, il fiume paludoso, il ponte a nove arcate, il cielo. Davanti, sulla càvea, non c’era altro pubblico che me e Fulvio intento a fotografarla. Bella era bella. Ma debole e vana, mio Dio, nervosa, non abbastanza proba e colta, e nemmeno tanto astuta e dura da evitare di venire strapazzata, stritolata, inghiottita e vomitata da globo cattivo e corrotto dove voleva entrare nuda e priva di mezzi.

In quel mondo  spietato, clientelare, mistificatorio, le relazioni erano rapporti di forza e di potere. Lei aveva solo la transeunte, effimera venustà della giovinezza. Per giunta il suo sguardo non era abbastanza espressivo né in termini di dolcezza né in quelli della potenza. Aveva commosso me per il mio narcisismo nel tempo in cui mi imitava. Poi avevo perso interesse per i suoi sgarbi, il suo egoismo, figli della sua scarsa immaginazione. Senza questa non si capiscono gli altri e non si può divenire un buon attore.

Avrei voluto comunque aiutarla a diventare forte e bella per sempre, non certo vomitarla dopo averla mangiata[3]. Altri l’avrebbero fatto probabilmente.

Ma torniamo all’agosto del 1979 . Osservavo i maiali edaci e obesi come sempre. Mangiano molto e capiscono poco. Pensavo: “I porci si nutrono, poi noi ci nutriamo di loro. Negli uomini che non sanno o non vogliono pensare l’anima forse serve soltanto a preservare il corpo dalla putrefazione, come fa il sale con i prosciutti di questi suini onnivori. Adesso chi sa pensare ed è capace di parlare con chiarezza, togliendo le maschere imposte dai luoghi comuni del volgo, rimane isolato. E’ un grave rischio per me. Io infatti vorrei vivere una vita politica, al servizio degli altri”.

Dalla csárda veniva il suono dei violini che  intonavano le danze ungheresi di Brahms. Soffio possente di un fatale andare[4] sempre più avanti, quasi sicuramente da solo come quando arrivai in Ungheria nel luglio del ’66, come quando me ne andrò per sempre via dalla terra con la più eroica delle morti: senza nessuno vicino. Ma nella vita che mi resta voglio imparare dell’altro e fare del bene.

Una donna che, supplicata come una dea di mandarmi una lettera, non mi risponde certamente non mi aiuterà. Anzi mi toglierebbe le grandi forze necessarie alla mia opera se rimanessimo insieme. Voglio procedere metodicamente sulla strada  di una creatura che condivida i miei gusti, i miei scopi, il mio bisogno di cultura e di arte”.

Chiaritomi questo proposito,  mi avviai verso la csárda.

giovanni ghiselli



[1] Cfr. di nuovo Shakespeare, Enrico V, prologo 13 “this wooden O”

[2] Cfr. Callimaco, Antologia Palatina, XII, 43, 5

[3] Cfr. Shalespeare, Otello dove Emilia, la moglie di Iago, dice:

 “ ‘Tis not a year or two shows us a man

They are all but stomachs and we all but food;

They eat us hungerly, and when they are full

They belch us. Look you, Cassio and my husband” (III, 4)    

[4] Pascoli, Alexandros , v. 34

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