domenica 29 novembre 2020

Contro la pronuncia incomprensibile della nostra lingua

A proposito della pronuncia incomprensibile delle stesse parole italiane, della dizione deformata, affettata, innaturale di quanti leggono i titoli dei telegiornali e pure dei doppiatori delle pellicole straniere, vi ricordo alcune parole di Dostoevskij il quale nei Fratelli Karamazov considera l'affettazione segno di cattiva educazione: Alioscia sebbene affascinato da Gruscenka "si domandava con un'oscura sensazione sgradevole e quasi con commiserazione perché ella strascicasse le parole a quel modo e non parlasse in tono naturale. Evidentemente, lo faceva perché trovava bella quella pronuncia strascicata e quella sdolcinata e forzata attenuazione delle sillabe e dei suoni. Certo, non era che una cattiva abitudine di dubbio gusto, la quale testimoniava un'educazione volgare e una volgare comprensione, acquisita sin dall'infanzia, delle convenienze e del decoro"[1].

La volgarità della cattiva pronuncia dell’italiano e dell’abuso spesso spropositato e anche scorretto dell’inglese sta nel fatto di non curarsi di essere capiti o addirittura di farlo appositamente per darsi un tono.

 

Un tono da ignoranti, da imbecilli e da maleducati.

 

Oratio cultus animi est: si circumtonsa est et fucata et manu facta, ostendit illum quoque non esse sincerum et habere aliquid fracti" (Seneca, Ep. 115, 2), il modo di parlare è l'eleganza dell'anima: se è mutilato e contraffatto e affettato mostra che anche quel modo non è schietto e ha qualche debolezza.

 

A proposito di mutilato, adesso la ajpeirokaliva, l’ ignoranza del bello, la mancanza di gusto e del rispetto di chi ascolta, consiglia agli idioti di non pronunciare la esse prima di un’altra consonante, per cui triste è diventato “tritte” e rischio “ricchio”. Il rischio difatti è bello, ha scritto Platone (kalo;" ga;r oj kivnduno"Fedone, 114d) e dunque non può essere confuso con il ricco che secondo Cristo ha scarsissime probabilità di entrare nel regno di Dio (cfr. N.T.  Matteo, 19, 24).

Io fingo di non capire a costo del prendermi del rozzo e del sordo.

Un poco lo sono, ma sento e capisco bene le parole pronunciate con chiarezza da chi vuole essere capito.

 

Saluti

gianni

 

 



[1] I fratelli Karamazov, (1880), Trad. it.  Milano, 1968, p. 208.

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