A proposito della pronuncia
incomprensibile delle stesse parole italiane, della dizione deformata,
affettata, innaturale di quanti leggono i titoli dei telegiornali e pure dei
doppiatori delle pellicole straniere, vi ricordo alcune parole di Dostoevskij il
quale nei Fratelli Karamazov considera l'affettazione segno di
cattiva educazione: Alioscia sebbene affascinato
da Gruscenka "si domandava con un'oscura sensazione sgradevole e
quasi con commiserazione perché ella strascicasse le parole a quel modo
e non parlasse in tono naturale. Evidentemente, lo faceva perché trovava
bella quella pronuncia strascicata e quella sdolcinata e forzata attenuazione
delle sillabe e dei suoni. Certo, non era che una cattiva abitudine di dubbio
gusto, la quale testimoniava un'educazione volgare e una volgare
comprensione, acquisita sin dall'infanzia, delle convenienze e del decoro"[1].
La volgarità della cattiva pronuncia
dell’italiano e dell’abuso spesso spropositato e anche scorretto dell’inglese
sta nel fatto di non curarsi di essere capiti o addirittura di farlo
appositamente per darsi un tono.
Un tono da ignoranti, da imbecilli e
da maleducati.
“Oratio cultus animi est: si
circumtonsa est et fucata et manu facta, ostendit illum quoque non esse
sincerum et habere aliquid fracti" (Seneca, Ep. 115, 2),
il modo di parlare è l'eleganza dell'anima: se è mutilato e contraffatto e
affettato mostra che anche quel modo non è schietto e ha qualche debolezza.
A proposito di mutilato, adesso la ajpeirokaliva, l’ ignoranza del bello, la mancanza
di gusto e del rispetto di chi ascolta, consiglia agli idioti di non
pronunciare la esse prima di un’altra consonante, per cui triste è diventato
“tritte” e rischio “ricchio”. Il rischio difatti è bello, ha scritto Platone (kalo;"
ga;r oj kivnduno", Fedone,
114d) e dunque non può essere confuso con il ricco che secondo Cristo ha
scarsissime probabilità di entrare nel regno di Dio (cfr. N.T. Matteo,
19, 24).
Io fingo di non capire a costo del
prendermi del rozzo e del sordo.
Un poco lo sono, ma sento e capisco
bene le parole pronunciate con chiarezza da chi vuole essere capito.
Saluti
gianni
[1] I fratelli Karamazov, (1880),
Trad. it. Milano, 1968, p. 208.
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