sabato 28 novembre 2020

La frase più famosa attribuita a Cesare non ce l’ha riferita lui stesso

“Nella sua opera sulla Guerra civile Cesare non fa cenno a quell’ispirazione divina a cui i suoi contemporanei ricondussero la sua grande decisione della notte fra il 10 e l’11 gennaio: il passaggio del Rubicone. Il Cesare di tutti noi, è, ancor oggi, l’uomo che disse allora: “il dado è tratto”; questo non è il Cesare del Bellum civile, ma il Cesare delle Historiae scritte dal suo ufficiale più “indipendente” e acuto: Asinio Pollione.

Nel suo racconto Cesare aveva voluto esporre le ragioni storico-giuridiche della decisione presa, “condensate” in un’arringa ai soldati (B. C. I, 7)”[1].

 

Ne De bello civiliCaesar apud milites contionatur , e denuncia il fatto che nella repubblica si sia introdotto novum exemplum…ut tribunicia intercessio armis notaretur atque opprimeretur” (I, 7), il veto dei tribuni veniva censurato e soffocato con le armi.  

Perfino Silla che aveva spogliato la tribunicia potestas, tamen intercessionem liberam reliquisse. Bisognava dunque andare a Roma per ripristinare la legalità.    

“Asinio, che ancora portava nell’animo il ricordo fascinoso del capo, e tuttavia voleva a suo modo esercitare una critica “indipendente”, dipinse invece un “passaggio del Rubicone” in cui il lettore ritrovava ancora l’ansia e la gravità di quella decisione suprema”.

Il racconto di Asinio lo ricostruiamo attraverso storici più tardi[2].

“Tra il racconto di Cesare, scritto forse verso il 46 a. C., e quello di Asinio, che cominciò le sue Historiae verso il 30, corrono quindici anni, o più; ma la differenza non è solo nelle date; è più significativa e radicale; Cesare, scrittore “tucididèo”, ossia razionale, non poteva intendere abbastanza i momenti irrazionali della sua stessa impresa (…) le Historiae di Asinio potevano riflettere la vera situazione, in maniera più adeguata, senza preoccupazioni apologetiche (…) Il Cesare autentico è però un incontro della razionalità tucididèa (…) con la passione politica, che lo animò in questi momenti decisivi”[3].

 

Cesare “Non permetteva, anche se ciò possa deluderla, che il suo cuore disponesse della sua testa”[4].



[1] S. Mazzarino, Il pensiero storico classico, 2, p. 199-200.

[2] P. e. Svetonio, Caesaris vita, 32; e Plutarco Alessandro e Cesare.

[3] S. Mazzarino, Il pensiero storico classico, 2, p. 201.

[4] B. Brecht, Gli affari del signor Giulio Cesare, p. 22.

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