“Nella sua opera sulla Guerra civile Cesare non fa cenno a quell’ispirazione divina a cui i suoi contemporanei ricondussero la sua grande decisione della notte fra il 10 e l’11 gennaio: il passaggio del Rubicone. Il Cesare di tutti noi, è, ancor oggi, l’uomo che disse allora: “il dado è tratto”; questo non è il Cesare del Bellum civile, ma il Cesare delle Historiae scritte dal suo ufficiale più “indipendente” e acuto: Asinio Pollione.
Nel suo racconto Cesare aveva voluto esporre le ragioni storico-giuridiche
della decisione presa, “condensate” in un’arringa ai soldati (B. C. I,
7)”[1].
Ne De bello civili, Caesar apud milites
contionatur , e denuncia il fatto che nella repubblica si sia
introdotto novum exemplum…ut tribunicia intercessio armis notaretur
atque opprimeretur” (I, 7), il veto dei tribuni veniva censurato e
soffocato con le armi.
Perfino Silla che aveva spogliato la tribunicia potestas, tamen
intercessionem liberam reliquisse. Bisognava dunque andare a Roma per
ripristinare la legalità.
“Asinio, che ancora portava nell’animo il ricordo fascinoso del capo, e
tuttavia voleva a suo modo esercitare una critica “indipendente”, dipinse
invece un “passaggio del Rubicone” in cui il lettore ritrovava ancora l’ansia e
la gravità di quella decisione suprema”.
Il racconto di Asinio lo ricostruiamo attraverso storici più tardi[2].
“Tra il racconto di Cesare, scritto forse verso il 46 a. C., e quello
di Asinio, che cominciò le sue Historiae verso il 30,
corrono quindici anni, o più; ma la differenza non è solo nelle date; è più
significativa e radicale; Cesare, scrittore “tucididèo”, ossia razionale,
non poteva intendere abbastanza i momenti irrazionali della sua stessa impresa
(…) le Historiae di Asinio potevano riflettere la vera
situazione, in maniera più adeguata, senza preoccupazioni apologetiche (…) Il
Cesare autentico è però un incontro della razionalità tucididèa (…) con la
passione politica, che lo animò in questi momenti decisivi”[3].
Cesare “Non permetteva, anche se ciò possa deluderla, che il suo cuore
disponesse della sua testa”[4].
[1] S. Mazzarino, Il pensiero
storico classico, 2, p. 199-200.
[2] P. e. Svetonio, Caesaris vita,
32; e Plutarco Alessandro e Cesare.
[3] S. Mazzarino, Il pensiero
storico classico, 2, p. 201.
[4] B. Brecht, Gli affari del
signor Giulio Cesare, p. 22.
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