PER VISUALIZZARE IL GRECO SCARICA IL FONT HELLENIKA QUI E GREEK QUICèzanne, Enea incontra Didone negli Inferi
Incontro di Enea con Didone nei lugentes
campi (Eneide VI, vv. 440 - 477)
Premetto la traduzione (mia) dei
versi di Virgilio che descrivono questo incontro. Enea supplica chiedendo il
perdono, Didone non lo degna nemmeno di una parola.
Né lontano di qui si mostrano
distesi in tutte le direzioni 440
i campi del pianto (lugentes
campi): così, con questo nome li chiamano.
Qui coloro che divorò con
consunzione crudele - crudeli tabe - un amore spietato:
li nascondono sentieri appartati e
una selva di mirti
tutt'intorno li copre; gli affanni
nemmeno nella morte stessa li lasciano.
In questi luoghi scorge Fedra e
Procri, e triste 445
Erifìle che mostra le piaghe del
figlio crudele,
poi Evadne e Pasife, con queste
Laodamìa
va compagna, e giovane uomo una
volta, ora femmina, Cèneo
di nuovo e per destino ritornata
all'antica figura.
Tra queste la Fenicia Didone dalla
ferita recente 450
errava nella gran selva. L'eroe
troiano appena
le fu vicino la riconobbe in mezzo
alle ombre
sebbene oscura, come chi al
principio del mese vede
o crede di avere veduto spuntare in
mezzo alle nubi la luna,
lasciò cadere le lacrime e parlò con
dolce amore:
"Infelice Didone, vera dunque
la notizia
mi era arrivata: che tu eri morta e
con la spada avevi seguito l'ultima via?
Di morte ahi sono stato causa per
te? Sulle stelle ti giuro,
sugli dèi del cielo e, se c'è
qualche lealtà sotto la terra profonda,
contro voglia regina mi allontanai
dalla tua spiaggia - 460.
invitus regina tuo de litore cessi
Ma gli ordini degli dèi - iussa
deum - che ora mi fanno andare in mezzo a queste
ombre,/
attraverso luoghi orridi dallo
squallore e la notte profonda,
mi spinsero con i loro comandi - imperiis
egere suis - ; né potei credere
di recarti questo dolore tanto
grande con la partenza.
Ferma il passo e non sottrarti alla
mia vista465.
Chi fuggi? Questa è per destino
l'ultima volta che ti parlo".
Quem fugis? Extremum fato quod te adloquor hoc est
Con tali parole Enea cercava di
placare l'anima che ardeva
e lo guardava di traverso et
torva tuentem , e intanto versava lacrime.
Quella girata dall'altra parte
teneva gli occhi fissi al suolo
né, cominciato il discorso, il volto
si muove più
che se dura selce o roccia Marpesia
lì stesse.
Finalmente si staccò e ostile fuggì
nel bosco ombroso, dove il primo
marito
Sicheo corrisponde ai suoi
sentimenti e contraccambia l'amore.
Nondimeno Enea, colpito
dall'ingiusto destino, 475
la segue con le lacrime a lungo e la
commisera mentre va via.
Quindi prosegue per il cammino
assegnato 477.
Vediamo il commento
La regina si trova nei Campi del
pianto (lugentes Campi, v. 441) tra coloro "Hic quos
durus amor crudeli tabe perēdit " (442) che un amore spietato
divorò con consunzione crudele. Neanche la morte basta a dissolvere la
sofferenza d'amore degli umani: "curae non ipsa in morte relinquont "
(v. 444), gli affanni neppure nella morte li lasciano. In questi luoghi ci sono
altre donne morte per amore (Fedra, Procri, Erifile, Evadne, Pasife, Laodamia,
Ceneo) e finalmente la Fenicia Didone: "Inter quas Phoenissa recens
a volnere Dido - errabat silva in magna " (VI, 450 - 451), errava
nella gran selva, con la ferita fresca.
Vediamo i casi di queste donne
infelici catalogate da Virgilio quali compagne di pena nella schiera e nel
luogo dov’è Didone.
Fedra si innamorò del figliastro
Ippolito quindi lo calunniò e si suicidò. Procri tradì il marito Cefalo con più
di un amante ma poi torna da lui. I due si riconciliarono ma Cefalo uccise per
sbaglio la moglie durante una battuta di caccia.
Erifile in seguito alla promessa
della collana di Armonia fattale da Polinice, svelò il nascondiglio del marito
l’indovino Anfiarao che voleva evitare la guerra dei Sette sapendo che vi
sarebbe morto. Il loro figliolo Alcmeone quindi uccise la madre facendole
pagare caro lo sventurato adornamento.
Evadne si gettò sull’orrendo fuoco
dell pira ardente del marito, il bestemmiatore Capaneo.
Pasife è “il nome di colei - che s’imbestiò nelle ’mbestiate schegge” (Dante, Purgatorio, XXVI, 86 - 87), figlia del Sole, moglie di Minosse e madre del Minotauro, di Arianna e di Fedra.
Laodamia perse il marito Protesilao
che fu il primo a morire nella guerra di Troia. Quindi si fece costruire una
statua di bronzo con le fattezze dello sposo defunto, la sitò nella camera
nuziale e se ne prendeva cura. Quando il padre Acasto lo scoprì, fece fondere
la statua. Allora Laodamia si gettò nel rogo.
Ceneo era una donna che si unì a
Poseidone il quale poi la trasformò in uomo. Come maschio combatté nella
battaglia delle nozze di Piritoo. Ammazzò molti centauri ma alla fine venne
ucciso.
Si può notare che il volnus della
regina cartaginese non si è cicatrizzato dopo il suicidio.
La iunctura "recens
vulnus" è utilizzata da Seneca nella Consolazione
indirizzata Ad Helviam Matrem (del 42 d. C.) dall'esilio in
Corsica: "Gravissimum est ex omnibus quae umquam in corpus tuum
descenderunt recens vulnus, fateor " (III, 1), la più grave tra
tutte quelle che sono mai penetrate nel tuo corpo, lo ammetto, è la ferita
recente.
giovanni ghiselli
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