sabato 7 novembre 2020

Piergiorgio Valente, "Esodi di Mezzanotte". Recensione. 2

Età paleolitica
Capitolo 2 (pp.15 - 30)

IN PRINCIPIO PRESSO SE STESSA

Le migrazioni iniziano dall’età paleolitica (della pietra antica che arriva a 10 mila anni fa). La decisiva diaspora dall’Africa “dalle culle africane ad ogni angolo del mondo” avvenne 70 mila - 60 mila anni fa (p. 15)

“Migrare è essenza intima dello spirito vitale di Homo; dalle migrazioni neolitiche egli è sempre stato in cammino; pronto all’esodo dal proprio guscio tellurico nella prefigurazione dell’oltre, attraversamento di ostacoli (ritenuti) insormontabili, all’identificazione delle proprie colonne d’Ercole, prima, e al loro superamento dopo (p. 16).

 

Emblematico di tale Homo può essere Odisseo - Ulisse ma forse ancora di più il pur meno noto Cadmo. Voglio ricordare le sue migrazioni basandomi su testi greci

Cadmo nelle Baccanti di Euripide e in altri testi . Le traduzioni sono mie

Partiamo dai primi versi della tragedia con i quali si presenta Dioniso, figlio di Semele, figlia di Cadmo.

 

Dioniso

“Sono giunto, figlio di Zeus, a questa terra dei Tebani,

Dioniso, che un giorno la figlia di Cadmo mette al mondo,

Semele, fatta partorire dal fuoco folgorante”; ( Euripide, Baccanti 1 - 3)

 

Dioniso è giunto a Tebe con le seguaci della Lidia per imporre il proprio culto e rivendicare di essere nato da Zeus che incinse Semele figlia Cadmo e di Armonia, figlia a sua volta di Ares e di Afrodite. Le altre figlie erano Agave, la madre di Penteo il nipote cui Cadmo ha ceduto il regno di Tebe, Autonoe che generò Atteone il quale morirà trasformato in cervo e sbranato dai suoi cani Ino la quale allevò Dioniso, quindi, resa pazza dalla gelosia di Era, si gettò in mare con il figlio Melicerte. Poi venne trasformata in una Nereide dal nome di Leucotea (cfr. Odissea, V, 333 - 335) mentre il bambino divenne il piccolo dio Palemone.

 

Si possono notare dei collegamenti con Odisseo e con Edipo

Leucotea è la “dea bianca” che salva Odisseo dal naufragio della zattera donandogli il suo magico velo nel V canto dell’Odissea.

Armonia e Cadmo, figlio del re fenicio Agenore, ebbero anche un figlio maschio, Polidoro[1] che generò Labdaco, dal quale nacque Laio[2], padre e vittima di Edipo che con la propria madre Giocasta mise al mondo Antigone, Ismene, Eteocle e Polinice.

Euripide nelle Baccanti dunque non attribuisce a Cadmo alcun figlio maschio.

Per accrescere la desolazione di Cadmo nell’esodo della tragedia e per necessità di efficacia drammatica, Euripide ignora la versione più diffusa del mito (ricordata invece nelle Fenicie (v. 8) oltre che in Esiodo, Erodoto e Pindaro) che attribuiva a Cadmo un figlio, Polidoro.

 

“Da Cadmo e Armonia dunque nacquero quattro figlie e un figlio: Semele incenerita dal fulmine di Zeus; Agave che, presa da tremenda pazzia, dilania il corpo del proprio figlio Penteo; Autonoe la quale deve raccogliere un giorno le ossa di suo figlio Atteone, e Ino destinata a gettarsi in mare col figlio Palemone. All’unico figlio Polidoro, “dai molti doni”, rimase la signoria su Tebe, e la continuazione della dinastia con la fatale successione di Labdaco, Laio e Edipo”[3]. -

Ho elencato i personaggi della maggior parte delle tragedie greche e di quelle di Seneca. I rimanenti appartengono quasi tutti alla stirpe dei Pelopidi. I luoghi tragici, inameni, sono Tebe e Micene, non per caso località che facevano parte della lega nemica degli Ateniesi durante la guerra del Peloponneso contemporanea alle tragedie di Euripide.

 

Nella letteratura europea la povli" di Dioniso, di Cadmo, di Edipo, è la città malata per antonomasia: Dante chiama Pisa "vituperio delle genti"[4] e "novella Tebe"[5] per la crudeltà della pena inflitta ai figli innocenti del conte Ugolino.

“C’è da domandarsi se tutto il resto del mondo possegga una sola città che abbia una preistoria così ricca e fatale come quella di Tebe”[6]. -

Vediamo altri versi di questo dramma di Euripide rappresentato dolo la morte del poeta

 Baccanti, vv. 43 - 48

Cadmo dunque gli onori e il potere

li dà a Penteo nato dalla figlia,

il quale combatte il divino nella mia persona e mi caccia fuori

dalle libagioni, e nelle preghiere in nessun modo mi ricorda.

Per queste cose a lui mostrerò che sono un dio

e a tutti i Tebani.

E’ ancora Dioniso che parla esponendo l’antefatto.

Kavdmo~ (v. 43): “La stirpe di Cadmo è tutta e sempre marcata dal tratto della lotta fra consanguinei. Tebe ha inizio con la lotta degli Sparti fra loro, continua con il figlio che ammazza il padre e causa il suicidio della madre, e termina con l'uccisione reciproca di due fratelli"[7].

 

Nel secondo stasimo delle Baccanti le menadi spaventate cantano

Quale quale ira                                                                                             

rivela la razza

tellurica nata dal drago

una volta, Penteo che Echione

tellurico generò,

mostro dallo sguardo feroce, non

uomo umano, ma sanguinario

come un gigante che si oppone agli dèi;                                                                 

lui che nei lacci presto

stringerà me, la compagna di Bromio,

mentre tiene già dentro il palazzo

il principe del mio tiaso

nascosto in un carcere tenebroso (vv. 537 - 549)

 

Cadmo, il fondatore di Tebe, partì dalla Fenicia

 per ordine del re suo padre, Agenore, che lo mandò a cercare la sorella Europa rapita da Zeus. “Poiché la ricerca non dava frutti, Cadmo si stabilì in Tracia insieme con la sorella Telefassa; morta quest’ultima, si recò all’oracolo di Delfi per interrogarlo sul suo futuro. L’oracolo gli disse di cercare una mucca con una macchia a forma di luna su uno dei fianchi e di fondare una città laddove l’animale si fosse fermato e disteso a terra stremato; fondò così la città di Tebe (già definita “la città di Cadmo” al v. 61)”[8].

Secondo il mitografo Apollodoro Telefassa era la madre, non la sorella di Cadmo.

Cadmo, figlio di Agenore, re di Sidone, il quale, “pronipote di Io e, secondo il suo nome, “condottiero degli uomini regnava sulla Fenicia. I suoi figli si chiamavano Cadmo, Fenice, Cilice, la figlia Europa”[9]. La madre di Cadmo si chiamava Telefassa[10]. Il padre di Cadmo Agenore dunque era figlio di Libia e di Poseidone. Libia era figlia di Epafo re d’Egitto e di Menfi. Epafo era nato dall’amore di Zeus con Io figlia di Inaco re di Argo. Come si vede gli intrecci tra i migranti sono parecchi.

 

Baccanti 170 - 172

Tiresia

Chi è alla porta? Chiama Cadmo fuori dalla reggia,                                                1

il figlio di Agenore, che avendo lasciato la città

di Sidone, cinse di torri questa rocca dei Tebani.

Euripide nelle Fenicie afferma che Cadmo veniva da Tiro: “Kavdmo" e[[mole tavnde ga'n - Tuvrio" (vv. 638 - 639), Cadmo di Tiro giunse in questa terra.

 

Baccanti 226 - 230

Penteo

Ora quante ne ho prese, le custodiscono i servi

con le mani legate nelle pubbliche carceri;

quante invece sono lontane, le stanerò dal monte

Ino e Agave che mi generava a Echione,

e la madre di Atteone, Autonoe dico.

 

Penteo, il giovane re di Tebe nipote di Cadmo non vuole riconoscere la divinità del cugino Dioniso..

jEcivwn (v. 229 ): cfr. e[[ci~, “vipera”. “(‘Snake - man’) was one of the Spartoiv (‘sown men’) who sprang from the dragon’s teeth which Cadmus sowed (…) The Chorus, however, draw here and at the 995 the simpler conclusion that like the earthborn giants who fought against the gods he comes of a monstrous, inhuman stock and is therefore the natural enemy of what is divine.[11]”, (‘uomo - serpente’) era uno degli Spartoiv (‘’uomini seminati’ ) che nacquero dai denti del drago seminati da Cadmo (….) Il Coro, tuttavia, tratteggia qui e al v. 995 la più semplice conclusione che, come I giganti nati dalla terra che combatterono contro glidèi, egli deriva da una razza mostruosa, inumana e perciò è il nemico naturale di ciò che è divino.

“Come Penteo, anche i Giganti sono di origine ctonia, essendo nati da Gaia (Esiodo, Teogonia 18). Eccessivi e mostruosi pure nell’aspetto, essi erano tradizionalmente indicati come paradigma di una violenza ampia e barbarica, che osa sfidare l’ordine stabilito dagli dei”[12].

Echione è uno dei 5 Sparti sopravvissuti al massacro reciproco che prefigura quello di Eteocle e Polinice. Gli altri quattro furono Udeo, Ctonio, Iperenore e Peloro[13]. Echione Sposò Agave dalla quale ebbe Penteo.

Anche Lucano ricorda la semina dei denti del drago da parte di Cadmo e la conseguenze non buona di tale atto: le guerre civili e più che civili[14], ossia parenticide come quella tra Cesare e Pompeo, o addirittura fratricide, come quella tra Eteocle e Polinice: “Sic semine Cadmi - emicuit Dircaea cohors ceciditque suorum/vulneribus, dirum Thebanis fratribus omen ” (Pharsalia, 4, 549 - 551), così dal seme di Cadmo scaturì la coorte dircea[15] e cadde per le ferite dei suoi, augurio terribile per i fratelli tebani. Quindi Lucano menziona anche i denti dello stesso drago che, dati in parte a Eeta, vennero poi seminati da Giasone con le medesime conseguenze. L’aiuto dato a Giasone fu la prima nefandezza di Medea che attuò con erbe non ancora provate, e lei stessa ne ebbe paura: “ipsaque inexpertis quod primum fecerat herbis - expavit Medea nefas” (4, 555 - 556).

 “Con la sua furia, con il suo accanimento nei confronti di Dioniso, Penteo dimostrerebbe in pieno la sua origine dalla “stirpe del serpente”, la sua nascita dallo “ctonio” Echione”[16].

 

Atteone fa parte degli orrori di Tebe, la città maledetta. Abbiamo già ricordato il drago, e i guerrieri (oiJ Spartoiv) che, nati dalla terra seminata con i denti del mostro, si uccidono a vicenda, prefigurando tante sciagure della stirpe. Penteo ( Baccanti, v. 230) menziona Atteone, un altro nipote di Cadmo, che venne sbranato dai suoi cani per punizione della sua vanteria di essere cacciatore più bravo di Artemide, o per avere visto nuda la vergine immortale "nimium saevi diva pudoris " la biasima Seneca (Oedipus, v. 763), dea dal pudore troppo feroce, echeggiando la critica euripidea alla crudeltà degli dèi che spesso sono peggiori degli uomini.

Il beffardo Luciano invece ridicolizza la tragedia facendo dire a Era in polemica con Latona che Artemide era brutta e scatenò i suoi cani contro il malcapitato che l’aveva vista nuda “ fobhqei`sa mh; oJ neanivsko~ ejxagoreuvsh/ to; ai\sco~ aujth`~ “( Dialoghi degli Dei , Era e Latona), temendo che il giovane rendesse nota la sua deformità.

“Tre volte nelle Baccanti Euripide evoca la storia di Atteone. “I cani infuriati”, scrive G. S. Kirk nel suo commento, “vengono definiti carnivori o mangiatori di cibo crudo, richiamando alla mente la fame di carne viva[17]; Atteone era figlio di Autonoe, sorella di Semele e di Agave e quindi cugino primo di Dioniso e di Penteo. Tutto continua ad accadere nella stessa famiglia: sono tutti e tre nipoti di Cadmo, e Atteone è re come Penteo. Il suo massacro avviene nello stesso luogo, sul Citerone. E’ anche lui, come Penteo, un capro espiatorio. Anche in questo sparagmós la vittima rituale è un giovane e il suo corpo viene dilaniato da una donna[18].

Sentiamo come Edipo menziona Cadmo nell’Edipo re di Sofocle:

" in vece loro, io queste battaglie, come per mio padre/combatterò e dappertutto arriverò/cercando di prendere l'autore manuale della strage/per il figlio di Labdaco, di Polidoro e anche/ di Cadmo che li precedeva e dell'antico Agenore" (vv. 264 - 268) E’ un’espressione di ironia tragica tipicamente sofoclea.

 

Cadmo, il fondatore di Tebe, partì dalla Fenicia per ordine del re suo padre, Agenore, che lo mandò a cercare la sorella Europa rapita da Zeus. Nell’ Edipo re Agenore conclude la genealogia ascendente: c’è un risalire nella ricerca del dio o dell'eroe capostipite. Anche Erodoto (V, 59) genealogizza i re di Tebe risalendo la corrente acherontea del sangue da Laio a Cadmo. Euripide invece, nelle Fenicie (vv.5 - 10) parte dall'antico Cadmo e scende verso Laio e Giocasta con un moto diretto all'uomo e alla donna più recenti, gli uomini che mette sulla scena al posto degli eroi. Aristofane negli Acarnesi (vv.47 - 50) fa una parodia delle genealogie con le quali Euripide dà inizio a diverse tragedie.

Mazzarino in Il pensiero storico classico (I, p. 182) parla di una "cultura aristocratica fondata sulle genealogie".



[1] Cfr. Euripide, Fenicie, 8.

[2] Per questa genealogia cfr. Euripide, Fenicie, 5 - 8, e Sofocle, Edipo re, 266 - 268.

[3] K. Kerényi, Gli dei e gli eroi della Grecia, 2, p. 42.

[4] Inferno, XXXIII, 79.

113 Inferno XXXIII, 89.

[6] . Jacob Burckhardt, Storia della civiltà greca (1902), vol II, p. 214.

[7] M. Bettini, L'arcobaleno, l'incesto e l'enigma a proposito dell'Oedipus di Seneca, "Dioniso", 1983, p. 139.

[8] R.Tosi, F. Piazzi, F. Ferrari (a cura di) Il ramo d’alloro 2., p. 178.

[9] K. Kerényi, Gli dèi e gli eroi della Grecia, 2, p. 37.

[10] Apollodoro, III, 1, 1.

[11] E. R. Dodds, Euripides Bacchae, Oxford University Press, 1960., p. 144

[12] Guidorizzi, Euripide Baccanti, p. 185.

[13] Igino, Biblioteca, III, 4, 1.

[14] Cfr. Pharsalia, 1, 1 - 2: “bella plus quam civilia…canimus”.

[15] Dal nome di Dirce, donna e fonte di Tebe. Equivale a “tebana”.

[16] D. Susanetti, D. Susanetti, Euripide, Baccanti, Carocci, Roma, 2010. p.222.

[17] Geoffrey S. Kirk, The Bacchae, Englewood Cliffs, Prentice Hall, 1970, p. 54, commento al v. 340.

[18] Graves, I miti greci, p. 105 sgg.. L’autore paragona l’Artemide di questo mito alla “signora della selvaggina” di Creta, il cui culto era di tipo orgiastico.

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