Età paleolitica |
IN PRINCIPIO PRESSO SE STESSA
Le migrazioni iniziano dall’età paleolitica (della pietra
antica che arriva a 10 mila anni fa). La decisiva diaspora dall’Africa “dalle
culle africane ad ogni angolo del mondo” avvenne 70 mila - 60 mila anni fa (p.
15)
“Migrare è essenza intima dello spirito vitale di Homo; dalle migrazioni neolitiche egli è
sempre stato in cammino; pronto all’esodo dal proprio guscio tellurico nella
prefigurazione dell’oltre,
attraversamento di ostacoli (ritenuti) insormontabili, all’identificazione
delle proprie colonne d’Ercole, prima, e al loro superamento dopo (p. 16).
Emblematico di tale
Homo può essere Odisseo - Ulisse ma forse ancora di più il pur meno noto
Cadmo. Voglio ricordare le sue migrazioni basandomi su testi greci
Cadmo nelle Baccanti
di Euripide e in altri testi . Le traduzioni sono mie
Partiamo dai primi versi della tragedia con i quali si
presenta Dioniso, figlio di Semele, figlia di Cadmo.
Dioniso
“Sono giunto, figlio di Zeus, a questa terra dei Tebani,
Dioniso, che un giorno la figlia di Cadmo mette al mondo,
Semele, fatta partorire dal fuoco folgorante”; ( Euripide, Baccanti 1 - 3)
Dioniso è giunto a Tebe con le seguaci della Lidia per
imporre il proprio culto e rivendicare di essere nato da Zeus che incinse
Semele figlia Cadmo e di Armonia, figlia a sua volta di Ares e di Afrodite. Le
altre figlie erano Agave, la madre di Penteo il nipote cui Cadmo ha ceduto il
regno di Tebe, Autonoe che generò Atteone il quale morirà trasformato in cervo
e sbranato dai suoi cani Ino la quale allevò Dioniso, quindi, resa pazza dalla
gelosia di Era, si gettò in mare con il figlio Melicerte. Poi venne trasformata
in una Nereide dal nome di Leucotea (cfr. Odissea,
V, 333 - 335) mentre il bambino divenne il piccolo dio Palemone.
Si possono notare dei collegamenti con Odisseo e con Edipo
Leucotea è la
“dea bianca” che salva Odisseo dal naufragio della zattera donandogli il suo
magico velo nel V canto dell’Odissea.
Armonia e Cadmo, figlio del re fenicio Agenore, ebbero anche
un figlio maschio, Polidoro[1]
che generò Labdaco, dal quale nacque Laio[2],
padre e vittima di Edipo che con la propria madre Giocasta mise al mondo
Antigone, Ismene, Eteocle e Polinice.
Euripide nelle Baccanti
dunque non attribuisce a Cadmo alcun figlio maschio.
Per accrescere
la desolazione di Cadmo nell’esodo della tragedia e per necessità di efficacia
drammatica, Euripide ignora la versione più diffusa del mito (ricordata invece
nelle Fenicie (v. 8) oltre che in
Esiodo, Erodoto e Pindaro) che attribuiva a Cadmo un figlio, Polidoro.
“Da Cadmo e Armonia dunque nacquero quattro figlie e un
figlio: Semele incenerita dal fulmine di Zeus; Agave che, presa da tremenda
pazzia, dilania il corpo del proprio figlio Penteo; Autonoe la quale deve
raccogliere un giorno le ossa di suo figlio Atteone, e Ino destinata a gettarsi
in mare col figlio Palemone. All’unico figlio Polidoro, “dai molti doni”,
rimase la signoria su Tebe, e la continuazione della dinastia con la fatale
successione di Labdaco, Laio e Edipo”[3].
-
Ho elencato i personaggi della maggior parte delle tragedie
greche e di quelle di Seneca. I rimanenti appartengono quasi tutti alla stirpe
dei Pelopidi. I luoghi tragici, inameni, sono Tebe e Micene, non per caso
località che facevano parte della lega nemica degli Ateniesi durante la guerra
del Peloponneso contemporanea alle tragedie di Euripide.
Nella
letteratura europea la povli"
di Dioniso, di Cadmo, di Edipo, è la città malata per antonomasia: Dante chiama
Pisa "vituperio delle genti"[4]
e "novella Tebe"[5]
per la crudeltà della pena inflitta ai figli innocenti del conte Ugolino.
“C’è da
domandarsi se tutto il resto del mondo possegga una sola città che abbia una
preistoria così ricca e fatale come quella di Tebe”[6].
-
Vediamo altri
versi di questo dramma di Euripide rappresentato dolo la morte del poeta
Baccanti,
vv. 43 - 48
Cadmo dunque gli onori e il potere
li dà a Penteo nato dalla figlia,
il quale combatte il divino nella mia persona e mi caccia
fuori
dalle libagioni, e nelle preghiere in nessun modo mi
ricorda.
Per queste cose a lui mostrerò che sono un dio
e a tutti i Tebani.
E’ ancora Dioniso che parla esponendo l’antefatto.
Kavdmo~ (v. 43): “La stirpe di Cadmo è tutta e
sempre marcata dal tratto della lotta fra consanguinei. Tebe ha inizio con la
lotta degli Sparti fra loro, continua con il figlio che ammazza il padre e
causa il suicidio della madre, e termina con l'uccisione reciproca di due
fratelli"[7].
Nel secondo
stasimo delle Baccanti le menadi spaventate cantano
Quale quale ira
rivela la razza
tellurica nata dal drago
una volta, Penteo che Echione
tellurico generò,
mostro dallo sguardo feroce, non
uomo umano, ma sanguinario
come un gigante che si oppone agli dèi;
lui che nei lacci presto
stringerà me, la compagna di Bromio,
mentre tiene già dentro il palazzo
il principe del mio tiaso
nascosto in un carcere tenebroso (vv. 537 - 549)
Cadmo, il fondatore di Tebe, partì
dalla Fenicia
per ordine del re suo padre, Agenore, che lo
mandò a cercare la sorella Europa rapita da Zeus. “Poiché la ricerca non dava
frutti, Cadmo si stabilì in Tracia insieme con la sorella Telefassa; morta
quest’ultima, si recò all’oracolo di Delfi per interrogarlo sul suo futuro.
L’oracolo gli disse di cercare una mucca con una macchia a forma di luna su uno
dei fianchi e di fondare una città laddove l’animale si fosse fermato e disteso
a terra stremato; fondò così la città di Tebe (già definita “la città di Cadmo”
al v. 61)”[8].
Secondo il
mitografo Apollodoro Telefassa era la madre, non la sorella di Cadmo.
Cadmo, figlio di Agenore, re di Sidone, il quale, “pronipote
di Io e, secondo il suo nome, “condottiero degli uomini regnava sulla Fenicia.
I suoi figli si chiamavano Cadmo, Fenice, Cilice, la figlia Europa”[9].
La madre di Cadmo si chiamava Telefassa[10].
Il padre di Cadmo Agenore dunque era figlio di Libia e di Poseidone. Libia era
figlia di Epafo re d’Egitto e di Menfi. Epafo era nato dall’amore di Zeus con Io
figlia di Inaco re di Argo. Come si vede gli intrecci tra i migranti sono
parecchi.
Baccanti 170 - 172
Tiresia
Chi è alla porta? Chiama Cadmo fuori dalla reggia, 1
il figlio di Agenore, che avendo lasciato la città
di Sidone, cinse di torri questa rocca dei Tebani.
Euripide nelle Fenicie afferma che Cadmo veniva da
Tiro: “Kavdmo" e[[mole tavnde ga'n - Tuvrio"” (vv. 638 - 639), Cadmo di Tiro
giunse in questa terra.
Baccanti 226 - 230
Penteo
Ora quante ne ho prese, le custodiscono i servi
con le mani legate nelle pubbliche carceri;
quante invece sono lontane, le stanerò dal monte
Ino e Agave che mi generava a Echione,
e la madre di Atteone, Autonoe dico.
Penteo, il giovane re di Tebe nipote di Cadmo non vuole
riconoscere la divinità del cugino Dioniso..
jEcivwn (v. 229
): cfr. e[[ci~, “vipera”. “(‘Snake - man’) was one of the Spartoiv (‘sown men’) who sprang from the
dragon’s teeth which Cadmus sowed (…) The Chorus, however, draw here and at the
995 the simpler conclusion that like the earthborn giants who fought against
the gods he comes of a monstrous, inhuman stock and is therefore the natural
enemy of what is divine.[11]”,
(‘uomo - serpente’) era uno degli Spartoiv (‘’uomini seminati’ ) che nacquero dai denti del
drago seminati da Cadmo (….) Il Coro, tuttavia, tratteggia qui e al v.
995 la più semplice conclusione che, come I giganti nati dalla terra che
combatterono contro glidèi, egli deriva da una razza mostruosa, inumana e
perciò è il nemico naturale di ciò che è divino.
“Come Penteo, anche i Giganti sono di origine ctonia,
essendo nati da Gaia (Esiodo, Teogonia
18). Eccessivi e mostruosi pure nell’aspetto, essi erano tradizionalmente
indicati come paradigma di una violenza ampia e barbarica, che osa sfidare
l’ordine stabilito dagli dei”[12].
–
Echione è uno
dei 5 Sparti sopravvissuti al massacro reciproco che prefigura quello di
Eteocle e Polinice. Gli altri quattro furono Udeo, Ctonio, Iperenore e Peloro[13].
Echione Sposò Agave dalla quale ebbe Penteo.
Anche Lucano
ricorda la semina dei denti del drago da parte di Cadmo e la conseguenze non
buona di tale atto: le guerre civili e più che civili[14],
ossia parenticide come quella tra Cesare e Pompeo, o addirittura fratricide,
come quella tra Eteocle e Polinice: “Sic
semine Cadmi - emicuit Dircaea cohors ceciditque suorum/vulneribus, dirum
Thebanis fratribus omen ” (Pharsalia,
4, 549 - 551), così dal seme di Cadmo scaturì la coorte dircea[15]
e cadde per le ferite dei suoi, augurio terribile per i fratelli tebani. Quindi
Lucano menziona anche i denti dello stesso drago che, dati in parte a Eeta,
vennero poi seminati da Giasone con le medesime conseguenze. L’aiuto dato a
Giasone fu la prima nefandezza di Medea che attuò con erbe non ancora provate,
e lei stessa ne ebbe paura: “ipsaque
inexpertis quod primum fecerat herbis - expavit Medea nefas” (4, 555 - 556).
“Con la sua furia, con il suo accanimento nei
confronti di Dioniso, Penteo dimostrerebbe in pieno la sua origine dalla
“stirpe del serpente”, la sua nascita dallo “ctonio” Echione”[16].
Atteone
fa parte degli orrori di Tebe, la città maledetta. Abbiamo già ricordato il
drago, e i guerrieri (oiJ
Spartoiv) che, nati dalla terra seminata
con i denti del mostro, si uccidono a vicenda, prefigurando tante sciagure
della stirpe. Penteo ( Baccanti, v.
230) menziona Atteone, un altro nipote di Cadmo, che venne sbranato dai suoi
cani per punizione della sua vanteria di essere cacciatore più bravo di
Artemide, o per avere visto nuda la vergine immortale "nimium saevi
diva pudoris " la biasima Seneca (Oedipus,
v. 763), dea dal pudore troppo feroce, echeggiando la critica euripidea alla
crudeltà degli dèi che spesso sono peggiori degli uomini.
Il
beffardo Luciano invece ridicolizza la tragedia facendo dire a Era in polemica
con Latona che Artemide era brutta e scatenò i suoi cani contro il malcapitato
che l’aveva vista nuda “ fobhqei`sa
mh; oJ neanivsko~ ejxagoreuvsh/ to; ai\sco~ aujth`~ “( Dialoghi
degli Dei , Era e Latona),
temendo che il giovane rendesse nota la sua deformità.
“Tre
volte nelle Baccanti Euripide evoca
la storia di Atteone. “I cani infuriati”, scrive G. S. Kirk nel suo commento, “vengono definiti carnivori o mangiatori di
cibo crudo, richiamando alla mente la fame di carne viva”[17];
Atteone era figlio di Autonoe, sorella di Semele e di Agave e quindi cugino
primo di Dioniso e di Penteo. Tutto continua ad accadere nella stessa famiglia:
sono tutti e tre nipoti di Cadmo, e Atteone è re come Penteo. Il suo massacro
avviene nello stesso luogo, sul Citerone. E’ anche lui, come Penteo, un capro
espiatorio. Anche in questo sparagmós
la vittima rituale è un giovane e il suo corpo viene dilaniato da una donna[18].
Sentiamo come Edipo menziona Cadmo
nell’Edipo re di Sofocle:
" in vece loro, io queste
battaglie, come per mio padre/combatterò e dappertutto arriverò/cercando di
prendere l'autore manuale della strage/per il figlio di Labdaco, di Polidoro e
anche/ di Cadmo che li precedeva e dell'antico Agenore" (vv. 264 - 268) E’
un’espressione di ironia tragica tipicamente sofoclea.
Cadmo, il fondatore di Tebe, partì
dalla Fenicia per ordine del re suo padre, Agenore, che lo mandò a cercare la
sorella Europa rapita da Zeus. Nell’ Edipo
re Agenore conclude la genealogia ascendente: c’è un risalire nella ricerca
del dio o dell'eroe capostipite. Anche Erodoto
(V, 59) genealogizza i re di Tebe risalendo la corrente acherontea del sangue
da Laio a Cadmo. Euripide invece, nelle Fenicie
(vv.5 - 10) parte dall'antico Cadmo e scende verso Laio e Giocasta con un moto
diretto all'uomo e alla donna più recenti, gli uomini che mette sulla scena al
posto degli eroi. Aristofane negli Acarnesi
(vv.47 - 50) fa una parodia delle genealogie con le quali Euripide dà
inizio a diverse tragedie.
Mazzarino in Il
pensiero storico classico (I, p. 182) parla di una "cultura
aristocratica fondata sulle genealogie".
[1]
Cfr. Euripide, Fenicie, 8.
[2]
Per questa genealogia cfr. Euripide, Fenicie,
5 - 8, e Sofocle, Edipo re, 266 -
268.
[3]
K. Kerényi, Gli dei e gli eroi della
Grecia, 2, p. 42.
[4]
Inferno, XXXIII, 79.
[6]
. Jacob Burckhardt, Storia della civiltà
greca (1902), vol II, p. 214.
[7]
M. Bettini, L'arcobaleno, l'incesto e l'enigma a proposito dell'Oedipus di
Seneca, "Dioniso", 1983, p. 139.
[8]
R.Tosi, F. Piazzi, F. Ferrari (a cura di) Il
ramo d’alloro 2., p. 178.
[9]
K. Kerényi, Gli dèi e gli eroi della Grecia, 2, p. 37.
[10] Apollodoro, III, 1, 1.
[11] E. R. Dodds, Euripides Bacchae, Oxford University Press, 1960., p. 144
[12]
Guidorizzi, Euripide Baccanti, p.
185.
[13]
Igino, Biblioteca, III, 4, 1.
[14]
Cfr. Pharsalia, 1, 1 - 2: “bella plus quam civilia…canimus”.
[15]
Dal nome di Dirce, donna e fonte di Tebe. Equivale a “tebana”.
[16]
D. Susanetti, D. Susanetti, Euripide,
Baccanti, Carocci, Roma, 2010. p.222.
[17] Geoffrey S. Kirk, The Bacchae, Englewood Cliffs, Prentice
Hall, 1970, p. 54, commento al v. 340.
[18]
Graves, I miti greci, p. 105 sgg.. L’autore
paragona l’Artemide di questo mito alla “signora della selvaggina” di Creta, il
cui culto era di tipo orgiastico.
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