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Le leggi
contro l’adulterio e in favore del matrimonio. Il calo demografico. L’ipocrisia
del potere e dei suoi protetti
Conte
conclude il saggio del quale ci siamo avvalsi quasi per intero, notando
che durities (la durezza) è la fisionomia costitutiva del carattere
dell'arator, un aspetto indispensabile di quella perseveranza che lo
aiuterà a superare la prova. La sua scelta di vita non conosce insuccesso ma il
prezzo è alto. Questo è lo stesso prezzo che il poeta didascalico Virgilio deve
pagare per il suo rifiuto della poesia d'amore.
Per questo
prezzo pagato, del resto, aggiungo, riceverà non piccoli compensi da Mecenate
il quale ebbe in Virgilio il vate desideroso e capace di trasmettere valori
forti e verità antiche "strong values and ancient truths"[1],
di soddisfare la magnifica ambizione di una grande nuova letteratura latina che
sceglie di indirizzare essa stessa la coscienza della collettività
nazionale".
Voglio
ricordare, per mettere di nuovo in luce l'ipocrisia del potere, che Mecenate, etrusco
di Arezzo, ha fama di gaudente, anzi di dissoluto se diamo retta a Seneca che
lo contrappone a Regolo, documentum fidei, documentum patientiae,
modello di lealtà e resistenza, definendo l'amico dell'imperatore Augusto "voluptatibus
marcidum"[2], smidollato
dai piaceri.
Augusto
stesso era un dissoluto nonostante la sua volontà di imporre la temperanza
sessuale attraverso il matrimonio.
La lex
Iulia de adulteriis coercendis fu approvata nel 18 a. C. Essa
"non si limitava a sottoporre a regolamentazione la violazione della fede
coniugale. Inserita nel quadro generale della politica demografica e
moralizzatrice di Augusto, stabiliva, in linea assai più generale, che fosse punito come crimen (vale a
dire come delitto pubblico, perseguibile su iniziativa di qualunque
cittadino) qualsiasi rapporto
sessuale al di fuori del matrimonio e del concubinato, eccezion fatta per
quelli con le prostitute e con donne a queste equiparate, o in
ragione del mestiere esercitato, o perché già condannate, in precedenza, per
condotta immorale. Il termine adulterio, insomma, è usato da Augusto in senso
lato, e comprende anche lo stuprum [3].
La sfera
della morale sessuale, sostanzialmente, viene sottratta, con la sua legge, alla
competenza della giurisdizione familiare, e diventa "affare di Stato"
... La pena prevista dalla lex
Iulia per l'adulterio, non fu la morte, ma la relegatio in
insulam , accompagnata da una sanzione patrimoniale. La regola
stabilita del secondo caput della legge, che concedeva l'impunità al marito e al padre dell'adultera
qualora uccidessero il complice di costei (e, solo nel caso del
padre, qualora uccidesse anche la figlia) era la previsione di un'impunità
speciale, concessa esclusivamente al padre e al marito, e subordinata al verificarsi di una serie di circostanze
(quali la sorpresa degli adùlteri in flagranza), specificamente e
tassativamente elencate dalla legge. Ma la pena dell'adulterio, in linea
generale, non era la morte"[4].
Un'altra legge
volta a frenare la libertà sessuale, o per lo meno a regolarizzare e ordinare
l'amore, fu la lex Iulia
de maritandis ordinibus , sempre del 18 a. C. Questa multava i
celibi e premiava i coniugati fecondi, come avrebbe fatto, molti anni più
tardi, Mussolini.
La lex
Iulia poi venne ribadita dalla lex
Papia Poppea ( del 9 d. C. ) che concedeva agevolazioni fiscali e
legali a chi avesse almeno tre figli (ius trium liberorum ).
"L'inibizione
sessuale è dunque la base dell'incapsulamento familiare degli individui…è il
mezzo a cui si ricorre per creare il legame alla famiglia autoritaria"[5]. Questa poi veicola nei giovani il
precetto della sottomissione al capo. Del resto tante severe leggi matrimoniali
non raggiunsero l'effetto desiderato. Già Augusto vedeva che la forza delle sue
norme favorevoli al matrimonio veniva elusa, per cui tentò di
potenziarle:"tempus sponsas
habendi coartavit, divortiis modum imposuit "[6],
abbreviò il tempo del fidanzamento, pose un limite ai divorzi.
Tutto questo non bastò a frenare la corsa già in atto verso i magna
adulteria denunciati da Tacito all'inizio delle Historiae[7] (I, 2). Infatti:" corruptissima
republica plurimae leges (Annales III, 27).
Il
celibato era oramai un costume diffuso prevalida orbitate (Annales 3,
25).
Cassio Dione[8] racconta che Augusto nel 9 d. C. parlò agli
sposati e ai celibi della classe alte. Elogiò i primi, meno numerosi, dicendo
che erano cittadini benemeriti e fortunati: infatti ottima cosa è una donna
temperante, casalinga, buona amministratrice e nutrice dei figli ("a[riston gunh;
swvfrwn oijkouro;" oijkovnomo" paidotrovfo" "(LVI, 3, 3) ed è una
grande felicità lasciare il proprio patrimonio ai propri nati; inoltre anche la
comunità riceve vantaggi dal grande numero (poluplhqiva, LVI, 3, 7) di lavoratori e di
soldati.
Quindi
l’imperatore parlò con parole di biasimo ai non sposati che erano molto più
numerosi. Voi, disse in sostanza,
siete gli assassini delle vostre stirpi e del vostro Stato. Voi tradite
la patria rendendo deserte le case e la radete al suolo dalle fondamenta: "a[nqrwpoi gavr
pou povli" ejstivn, ajll' oujk oijkivai oujde; stoai; oujd j ajgorai; ajndrw'n kenaiv" (LVI, 4, 1), gli uomini
infatti in qualche misura costituiscono la città, non le case né i portici né
le piazze vuote di uomini[9].
Quindi Augusto continuò ad accusare i celibi paragonandoli ai briganti e
alle fiere selvatiche: voi, disse, non è che volete vivere senza donne, visto
che nessuno mangia o dorme solo: "ajll' ejxousivan kai;
uJbrivzein kai; ajselgaivnein e[cein ejqevlete" (LVI, 4,
6 - 7), ma volete avere la facoltà della dismisura e dell'impudenza.
Infine il Princeps senatus ammise che nel matrimonio
e nella procreazione ci sono aspetti sgradevoli (ajniarav tina), ma, aggiunse, non mancano i vantaggi. Ci sono per giunta i premi
promessi dalle leggi: "kai; ta; para; tw'n novmwn
a\qla" ( LVI, 8, 4).
Oltre la scarsa efficacia del potere in questa
sfera c'è anche da notare l'ipocrisia
del "moralizzatore" Augusto il quale, secondo Svetonio, era infamato dai suoi nemici
per avere ottenuto l'adozione prostituendosi a Cesare e per avere sottoposto
gli avanzi della sua pudicizia ad Aulo Irzio che gli aveva dato trecentomila
sesterzi.
Che l'erede
di Cesare commettesse adultèri poi, lo ammettevano anche gli amici, sebbene lo
scusassero dicendo che lo faceva non per libidine ma per calcolo:"quo
facilius consilia adversariorum per cuiusque mulieres exquireret "
(Vita di Augusto 69), per indagare più facilmente i disegni degli
avversari attraverso le mogli di ognuno di loro.
giovanni ghiselli
[1] Gian
Biagio Conte, Aristaeus, Orpheus, and the Georgics: Once Again ,
in Poets And Critics Read Vergil, Yale University Press., p. 63.
[2] De providentia, 4, 10.
[3] Relazione
colpevole.
[4]E.
Cantarella, Secondo Natura , Milano, 1995, pp. 182 ss.
[5] W. Reich, Psicologia di massa
del fascismo, . (del 1933), p.61.
[6] Svetonio, Vita di Augusto,
34.
[7] Composte entro il 110 d. C, raccontano
i fatti che vanno dal 1° gennaio 69 d. C. alla rivolta giudaica del 70.
[8] Vissuto tra il II e il III sec. d. C.
, scrisse una Storia Romana in greco. Constava di ottanta
libri che andavano dalle origini al 229 d. C. Ne restano 25 (dal 36 al 60)
oltre alle epitomi di età bizantina.
[9] ll problema del calo demografico, adesso di nuovo attuale, era
stato posto già nel II secolo a. C., per il mondo ellenico da Polibio il quale
viceversa notava la virtù delle matrone romane. Nel libro XXXVI delle Storie viene ricordata la crisi
demografica della Grecia, una
carenza di bambini e un generale calo di popolazione ("ajpaidiva kai;
sullhvbdhn ojliganqrwpiva", XXXVI 17, 5) che hanno rese deserte le città,
senza guerre né epidemie. In questo caso non si tratta di interrogare o di
supplicare gli dèi poiché la causa del male è evidente: gli uomini hanno
cominciato ad abbandonarsi all'arroganza,
all'avarizia, alla perdita di tempo, a non volersi sposare, o se si
sposavano, a non allevare i figli, tranne uno o due per poterli lasciare nel
lusso. Basta poco dunque perché le case restino deserte, e, come succede per
uno sciame di api, così anche le città si indeboliscano. Il rimedio è evidente:
cambiare l'oggetto dei nostri desideri o fare leggi che costringano a crescere
i figli generati. Non occorrono veggenti né operatori di magie!
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