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La Medea di Euripide è una
donna esperta di favrmaka buoni e cattivi, è allieva di Ecate, e afferma la
naturalezza e, quindi la legittimità della sua furia distruttiva di femmina
umana offesa nel letto (ej" eujnh;n hjdikhmevnh, Euripde, Medea, v. 265),
un oltraggio che la indurrà a uccidere i figli avuti dall'ex amante
suscitandone l'orrore .
“Allora fermandomi ancora un po’ di
tempo,
se riluce per me un baluardo sicuro,
con l'inganno e in silenzio
perseguirò questa strage - tovnde fovnon - ;
se invece una disgrazia
irrimediabile mi caccia via,
allora io presa la spada, anche se
devo morire,
li ammazzerò - ktenw` sfe - , e arriverò alla violenza
dell'audacia.
Infatti per la signora che io venero
- ma; th;n devspoinan h}n ejgw; sevbw -
più di tutti e mi sono scelta come
alleata - kai; xunergo;n eijlovmhn - ,
Ecate , che abita nei penetrali del
mio focolare,
nessuno di costoro rallegrandosi
farà soffrire il mio cuore.
Amare e penose io renderò loro le
nozze,
e amara la parentela e il mio esilio
dal paese.
Su via, non risparmiare nulla di
quello che sai,
Medea, nel progettare e nell'ordire:
procedi verso l’orrore - e{rp j ej"
to; deinovn - : adesso
è una prova di ardimento. (Euripide, Medea, vv. 389 - 403)
La Medea di Seneca invoca Ecate (vocetur Hecate, v. 577), la
dea nera, a presiedere i sacra letifica i riti mortali. Questa divinità infernale sembra
essere la principale vindice delle donne abbandonate. Hecate triformis[1] è presente nella preghiera nera dei
primi versi di questa tragedia (v. 7).
Simeta, l'amante che ne Le
incantatrici di Teocrito vuole avvincere l'uomo in fuga (II, v. 3), il
bell'atleta Delfi, con filtri (favrmaka) degni di Circe (vv. 15 - 16), di Medea, e della maga
Perimede, nel prepararli chiede l'assistenza di Ecate tremenda, Ecate
sotterranea che atterrisce anche i cani (v. 12) .
Pure Didone, lasciata da Enea,
invoca, con l'Erebo e il Caos, Ecate triplice ( tergeminamque Hecaten,
Eneide IV, 511) la dea "nocturnisque Hecate triviis ululata
per urbes " (Eneide, IV, 609) chiamata a ululati nei trivi
notturni per le città.
Ecate è anche la signora delle streghe nel Macbeth di
Shakespeare
Le fatidiche sorelle sono seguaci di Ecate che si rivolge loro (the
weird women, the weird sisters,) rimproverandole di non averla
consultata, dato il suo ruolo: "And I, the mistress of your charms[2],/the close contriver of all harms,/was never called to bear my part,/or
show the glory of our art?" (III, 5), e io, la signora dei
vostri incantesimi, la segreta progettatrice di tutti i mali, non sono mai
stata chiamata a fare la mia parte, o a mostrare la gloria dell'arte
nostra?
Vedremo poi Erichto di Lucano
[1] "Divinità primitiva e trina (triformis ),
essendo associata a divinità appartenenti ai tre regni: la luna (il cielo),
Diana (la terra) e Proserpina (gli inferi)". (G. G. Biondi, op. cit., p.
91, n. 5.)
[2] Cfr. latino carmen
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