mercoledì 18 novembre 2020

Le "Bucoliche" di Virgilio. 2. La prima bucolica. L’eterno clientelismo italico

La I bucolica è la storia di una raccomandazione e il raccomandato e protetto Virgilio, il cliente, manifesta la propria gratitudine al patrono (probabilmente già Ottaviano) divinizzandolo.

Il fatto è che abbiamo avuto sempre bisogno di favori e raccomandazioni.

Siamo un popolo di patroni e clienti legati da rapporti più o meno mafiosi fin dal tempo della 12 tavole, il primo codice di Roma (451 - 450) che contiene questa legge: “Patronus si clienti fraudem fecerit, sacer esto " VIII, 2.

La maggior parte delle leggi dei Decemviri sono diventate lettera morta ma questa che sancisce il clientelismo è rimasta viva “Il rapporto clientelare si configura come un’organizzazione mafiosa che garantisce l’omertà, e il successo dei disonesti”. (L. Perelli, La corruzione politica nell’antica Roma, p. 31).

 

La prima Bucolica di Virgilio rappresenta al meglio il sentimento legato alla raccomandazione, una pratica tanto presente in Italia da essere emblematica del costume degli Italiani, un proprium et peculiare vitium della nostra gente.

In questa prima ecloga il pastore e coltivatore Melibeo deve lasciare i campi espropriati da Ottaviano e Antonio dopo la battaglia di Filippi (42). "Nos patriae finìs et dulcia linquimus arva,/nos patriam fugimus "(4 - 5).

 Titiro invece, il "raccomandato", può conservare i poderi: "deus nobis haec otia fecit "(6). Titiro è stato salvato dall’esproprio grazie all’intervento del suo patrono cui il pastore è sperticatamente grato: “namque erit ille mihi semper Deus” (8)

Il deus prelude al culto di Augusto molto diffuso già durante la vita dell’erede di Cesare.

Titiro dunque andò a Roma dove quel giovane dio, “quotannis –bis senos cui nostra dies altaria fumant” (42 - 43) per il quale ogni anno fumano dodici volte i nostri altari, proferì la sentenza della salvezza ai suoi protetti: “pascite, ut ante, boves, pueri, submittite tauros” (45).

Melibeo, lo sprotetto, si congratula: “fortunate senex, ergo tua rura manebunt!” 469

Anche Virgilio poté conservare le terre che posssedeva nel mantovano grazie ai suoi amici e protettori, vicini a Ottaviano.

Melibeo invece dovrà cedere il podere, che era il suo piccolo paradiso, a un empio soldato: “impius haec tam culta novalia miles habebit, - barbarus has segetesEn quo discordia cives - produxit miseros: his nos conservavimis agros!” (70 - 72). L’impius miles sarà stato un soldato di Antonio, non di Ottaviano. Dunque Melibeo che non ha trovato la protezione di un potente deve salutare le sue capellae, felix quondam pecus (74).

Titiro però lo invita a rimanere per la notte che si avvicina: Et iam summa procul villarum culmina fumant - maioresque cadunt altis de montibus umbrae” (83 - 84). Così finisce l’ecloga.

 

Bologna, 18 novembre, 2020 ore 10, 58.

giovanni ghiselli

 

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