giovedì 12 novembre 2020

Riflessioni sull'"Eneide". 7. L’ultimo tentativo di Didone che manda la sorella a supplicare. Enea, il fatocratico, non fa una piega

Didone fa comunque un'ultima prova: "ire iterum in lacrimas, iterum temptare precando/cogitur et supplex animos submittere amori,/ ne quid inexpertum frustra moritura relinquat " (vv. 413-415), è costretta ad arrivare di nuovo alle lacrime, a tentare di nuovo pregando e a sottomettere supplice l'orgoglio all'amore,  per non lasciare nulla di intentato, destinata com'è a morire invano.-cogitur: riprende, con diatesi passiva, il cogis del v. 412 per significare l'ineluttabilità della coazione causata dalla potenza di Eros.  Quello dell'amore è un piano inclinato e scivoloso che conduce inevitabilmente alla rovina (cfr. infelix, pesti devota futurae già nel I canto, v.712).

Dunque la regina manda la sorella Anna da Enea a chiedere l'ultima grazia (extremam... veniam , v. 435) di un rinvio: "tempus inane peto, requiem spatiumque furori,/dum mea me victam doceat fortuna dolere " (vv. 433-434), un tempo di intervallo chiedo, una tregua e un respiro al mio furore, finché la mia sorte insegni a me vinta a soffrire.

Con tali parole pregava e la sorella desolata riporta questi pianti a Enea “sed nullis ille movetur-fletibus aut voces ullas tractabilis audit-Fata obstant, placidasque viri deus obstruit auris” (438-440) non viene mosso dai pianti, e non ascolta nessuna parola disposto a trattare-lo impediscono i Fati e un dio chiude gli orecchi tranquilli dell’uomo.

L'intervallo si deve  concedere anche ai ragazzini nelle scuole[1] ma Enea,  come un vero "macho fallocratico"[2], o forse piuttosto fatocratico rimane inesorabile: "fata obstant ", v. 440, i destini si oppongono, e la dura volontà dell'eroe si conforma alla necessità che ha le mani d'acciaio.

 Come una valida quercia scossa dal vento viene agitata nelle foglie e nei rami però le radici che tendono al Tartaro rimangono immote, così l’eroe sente strazio nel cuore però mens immota manet; lacrimae volvuntur inanes (449) e le lacrime si versano nel vuoto 

giovanni ghiselli

 



[1] Danda est tamen omnibus aliqua remissio raccomanda Quintiliano nella sua Institutio oratoria , I, 8.

[2] Cfr. R. Alonge, Epopea borghese nel teatro di Ibsen, p. 46 dove si parla di Osvald di Spettri.

Nessun commento:

Posta un commento

La gita “scolastica” a Eger. Prima parte. Silvia e i disegni di una bambina.

  Sabato 4 agosto andammo   tutti a Eger, famosa per avere respinto un assalto dei Turchi e per i suoi vini: l’ Egri bikavér , il sangue ...