lunedì 9 novembre 2020

Eros si associa spesso a Eris (contesa)

Eris
Alcune testimonianze: Ovidio, Tolstoj, Da Ponte, D'Annunzio, Pavese, Seneca, Menandro, Kundera, Lucrezio, Kafka

 

Chi si intende non poco di schermaglie e battaglie amorose è Ovidio.

Negli Amores[1] scrive:"Militat omnis amans, et habet sua castra Cupido;/Attice, crede mihi, militat omnis amans "(I, 9, 1 - 2), è un soldato ogni amante; anche Cupido ha il suo campo di guerra; Attico, credimi, ogni amante è un soldato.

 

Quella erotica è una guerra nella quale al poeta non dispiacerebbe morire: "Felix, quem Veneris certamina mutua perdunt;/di faciant, leti causa sit ista mei " (Amores, II, 11, 29 - 30), fortunato quello che mandano in rovina le reciproche lotte di Venere, gli dèi facciano che sia questa la causa della mia morte! 

Nell' Ars amatoria [2] il poeta magister di erotismo insegna che Amore è ferus , selvaggio (I, 9), crudele come Achille, saevus [3] uterque puer[4] (I, 18), e chi gli si accosta deve accettare di armarsi come per una battaglia (miles in arma venis , I, 36) o almeno come per andare caccia. L'uomo al pari del cacciatore che sa bene dove tendere le reti ai cervi, (scit bene venatorcervis ubi retia tendat , I, 45) deve imparare a conoscere i luoghi frequentati dalle donne: portici, templi, fori, fontane, ma soprattutto i teatri ( sed tu praecipue curvis venare theatris , I, 89, ma tu soprattutto vai a caccia nei curvi teatri ) dove il figlio di Venere fa spesso le sue battaglie e chi ha osservato lo spettacolo di ferite, ha una ferita: "Illa saepe puer Veneris pugnavit arena /et , qui spectavit vulnera, vulnus habet " I, 165 - 166.

L'anfiteatro dunque è un luogo di scontri cruenti raccomandato per gli incontri erotici che hanno una componente conflittuale come i ludi del circo. Le donne raffinate si precipitano ai giochi più frequentati: "Spectatum veniunt, veniunt spectentur ut[5] ipsae/; ille locus casti damna pudoris habet" (Ars amatoria I, vv. 99 - 100), vengono per osservare, vengono per essere loro stesse osservate; quel luogo contiene perdite del casto pudore.

Lo stesso si potrebbe dire per i convegni di tutti i tipi .

La componente combattiva, o almeno agonistica, che dai ludi circensi si riflette nei venatores erotici, sembra riguardare ogni rapporto erotico. 

 

Anche nel grande amore adultero di Anna Karenina a un certo punto entra la cattiva Eris, ossia lo spirito della competizione distruttiva dovuta al fatto che Vronskij era in allarme per la propria autonomia minacciata dall'amante; ella a sua volta: "sentì che, a fianco dell'amore che li univa, fra loro si era insediato un certo malvagio spirito di dissidio e che lei non poteva scacciarlo dal cuore di lui, né, ancor meno, dal proprio"[6]. Perfino le espressioni di approvazione diventano sospette e allarmanti quando l'amore, in uno solo dei due, è in fase calante:" C'era qualcosa di offensivo nel fatto che egli avesse detto: "Questo sì che va bene", come si dice ai bambini quando smettono di fare i capricci; e ancor più offensivo era quel contrasto fra il tono di colpa che aveva lei e quello sicuro di sé di lui: e per un istante Anna sentì sollevarsi dentro di sé il desiderio di lotta; ma, fatto uno sforzo su se stessa, lo soffocò e accolse Vrònskij con la stessa allegria di prima" (p. 746). Tuttavia la simulazione non regge a lungo:" anche sapendo che si rovinava, non poté non fargli vedere quanto lui avesse torto, non poteva sottomettersi" (p. 747),

Capita spesso, quasi sempre purtroppo, che gli amanti diventino nemici.

 

 Ne Le nozze di figaro di Mozart - Da Ponte [7] Marcellina in un'aria (IV, 5) lamenta l'ostilità degli uomini verso le donne. Sono gli unici maschi del mondo a odiare le femmine della loro specie:" Il capro e la capretta/son sempre in amistà./L'agnello all'agnelletta/ la guerra mai non fa./ Le più feroci belve/per selve e per campagne/lascian le lor compagne/in pace e in libertà./ Sol noi, povere femmine,/che tanto amiam quest'uomini/trattate siam dai perfidi/ognor con crudeltà".

 

In D'Annunzio gli amanti non poche volte sono nemici mortali: tali sono Ippolita Sanzio e Giorgio Aurispa nel Trionfo della morte [8] di cui cito la conclusione :" Fu una lotta breve e feroce come tra nemici implacabili che avessero covato fino a quell'ora nel profondo dell'anima un odio supremo. E precipitarono nella morte avvinti".

Per dare un esempio meno noto cito anche alcuni versi di uno dei massimi poeti ungheresi del Novecento, Endre Ady [9]:" Sono le nostre ultime nozze:/Ci strappiamo la carne a colpi di becco/e cadiamo sul fogliame d'autunno" ( Nozze di falchi sul fogliame secco) [10].

 

In greco c'è una serie di termini che "sottolinea in modo convergente l'incrociarsi delle immagini del combattimento mortale e del corpo a corpo erotico:" Meignumi "unirsi sessualmente", significa anche mescolarsi, incontrarsi in battaglia. Quando Diomede "si mescola ai Troiani", vuol dire che viene alle mani, a distanza ravvicinata, con loro (...) Stessa cosa per damazo, damnemi : soggiogare, domare. Uno doma una donna che fa sua, come doma il nemico cui dà la morte"[11].

 

Fa rabbrividire, forse perché non è del tutto falsa, una sentenza tragica del misogino suicida C. Pavese"Sono un popolo nemico, le donne, come il popolo tedesco"[12]. E pure, con un pessimismo meno esteso ma più personalizzato:"Sono tuo amante, perciò tuo nemico"[13].

 Più avanti c'è invece una riflessione cosmica che può spiegare questa ostilità interna alla coppia:" Il mito greco insegna che si combatte sempre contro una parte di sé, quella che si è superata, Zeus contro Tifone, Apollo contro il Pitone. Inversamente, ciò contro cui si combatte è sempre una parte di sé, un antico se stesso. Si combatte soprattutto per non essere qualcosa, per liberarsi. Chi non ha grandi ripugnanze, non combatte"[14].

" Tipologia delle donne: quelle che sfruttano e quelle che si lasciano sfruttare... Le prime sono melliflue, urbane, signore. Le seconde sono aspre, maleducate, incapaci di dominio di sé. (Ciò che rende villani e violenti è la sete di tenerezza.) Tutti e due i tipi confermano la impossibilità di comunione umana. Ci sono servi e padroni, non ci sono uguali. La sola regola eroica: essere soli soli soli"[15]. -

 

 Il suicidio è la conseguenza di tale impostazione contro natura, poiché gli umani, ma soprattutto le femmine e i maschi umani, dovrebbero provare simpatia e amore reciproci, come affermava Seneca :" Natura nos cognatos edidit cum ex isdem et in eadem gigneret. Haec nobis amorem indidit mutuum et sociabiles fecit ". (Epist. ad Luc. 95, 52), la Natura ci ha messi al mondo come parenti, siccome ci ha fatti nascere con gli stessi elementi e per gli stessi fini. Questa ci ha ispirato un amore reciproco e ci ha fatti socievoli.

 

Un bel frammento di Menandro ci ricorda, se ce ne fosse bisogno, che in natura "niente è tanto congeniale come l'uomo e la donna, a guardarci bene". Come poeta d'amore il massimo autore della commedia nuova[16] non può trascurare o biasimare tale inclinazione reciproca.

L'inimicizia delle donne nei confronti degli uomini ha avuto, almeno in passato, la genesi che Seneca attribuisce a quella degli schiavi per i padroni:"non habemus illos hostes, sed facimus (Epist. ad Luc. , 47, 5), non li abbiamo nemici, ma li rendiamo tali.

C'è un romanzo di M. Kundera, non uno dei più conosciuti, che ha un breve capitolo intitolato "La lotta"; ed è lotta tra i sessi che viene presentata così:" Neanche lei pensava al piacere e all'eccitazione. Si diceva: non ti lascerò, non mi scaccerai, lotterò per tenerti. E il suo sesso che si muoveva su e giù si era trasformato in una macchina da guerra che lei aveva messo in moto e guidava. Si diceva che quella era la sua ultima arma, l'unica che le era rimasta, ma onnipotente. Al ritmo dei suoi movimenti ripeteva fra sé, come il basso ostinato in una composizione musicale: lotterò, lotterò, lotterò, e credeva di vincere...Il sesso di Laura si muoveva con forza su e giù. Laura lottava. Lottava per Bernard. Ma contro chi? Contro colui che stringeva a sé e poi di nuovo respingeva, per costringerlo ad assumere un'altra posizione. Questa ginnastica estenuante sul divano e sul tappeto, che li bagnava di sudore, che li lasciava senza fiato, assomigliava alla pantomima di una lotta spietata: lei lottava e lui si difendeva, lei dava ordini e lui ubbidiva"[17].

 

Il modello è il De rerum natura di Lucrezio

"sic in amore Venus simulacris ludit amantis/nec satiare queunt spectando corpora coram/nec manibus quicquam teneris abradere membris/possunt errantes incerti corpore toto./Denique cum membris collatis flore fruuntur/aetatis, iam cum praesagit gaudia corpus/atque in eost Venus ut muliebria conserat arva,/adfigunt avide corpus iunguntque salivas/oris et inspirant pressantes dentibus ora,/nequiquam, quoniam nil inde abradere possunt/nec penetrare et abire in corpus corpore toto;/nam facere interdum velle et certare videntur:/usque adeo cupide in Veneris compagibus haerent,/ membra voluptatis dum vi labefacta liquescunt " (IV, vv. 1101 - 1114), così nell'amore Venere con i simulacri beffa gli amanti, né possono saziarsi rimirando i corpi presenti, né con le mani possono raschiare via nulla alle tenere membra, mentre errano incerti per tutto il corpo. Infine, come, congiunte le membra, godono del fiore della giovinezza, quando già il corpo pregusta il piacere e Venere è sul punto di seminare i campi della femmina, inchiodano avidamente il corpo e mescolano le salive della bocca, e ansimano premendo coi denti le labbra, invano poiché di lì non possono raschiare via niente, né penetrare e sparire nel corpo con tutto il corpo, infatti sembrano talvolta volere farlo lottando: a tal punto sono avidamente attaccati nei lacci di Venere, mentre le membra sdilinquite dalla violenza del piacere si struggono

nequiquam (1110) : "la pesante parola, che costituisce un molosso (una sequenza, cioè, di tre sillabe lunghe) ed è collocata nel risalto della sede iniziale davanti a cesura semiternaria, non lascia scampo alle illusioni degli amantes "[18].

La stesso avverbio sesquipedale si ripete al v. 1133. -

in corpus corpore ( 1111): il poliptoto a contatto è espressivo del desiderio simbiotico dei due amanti, ma la simbiosi non è amore:"In contrasto con l'unione simbiotica, l'amore maturo è unione a condizione di preservare la propria integrità, la propria individualità"[19]. -

certare videntur (1112): la volontà simbiotica include quella di lottare per la sopraffazione poiché ognuno dei due vuole essere l'elemento predominante e un rapporto alla pari non è possibile siccome anche le relazioni erotiche, come tutte quelle umane, se non vengono corrette dalla moralità, sono connotate dalla legge del più forte che sottomette e sfrutta chi è più debole.

 

Nel romanzo Il castello di Kafka viene descritta una copula atroce, da cani, per denunciare l'impossibilità o l'impotenza dell'amore tra K. e Frieda:

"poiché la seggiola era accanto al capezzale, vacillarono e caddero sul letto. E lì giacquero, ma non con l'abbandono di quella prima notte. Lei cercava qualcosa, e lui pure, e ciascuno, furente e col viso contratto, cercava, conficcando il capo nel petto dell'altro: né i loro amplessi né i loro corpi tesi li rendevan dimentichi, ma anzi li richiamavano al dovere di cercare ancora; come i cani raspano disperatamente il terreno, così essi scavavano l'uno il corpo dell'altro, e poi, delusi, smarriti, per trovare un'ultima felicità, si lambivano a volte con la lingua vicendevolmente il viso. Solo la stanchezza li pacificò e li riempì di mutua gratitudine. Poi sopraggiunsero le due serve. "Guarda quei due sul letto" disse l'una, e per compassione li coprì d'un lenzuolo"[20].

 

 

Bologna 9 novembre 202° ore 11, 40

giovanni ghiselli

 

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[1]In distici elegiaci. Composti tra il 18 e il 15 a C. in 5 libri, poi rielaborati e ridotti a tre, intorno all'1 a. C.

[2] L'Ars amatoria (in distici elegiaci) costituisce una precettistica erotica in tre libri: nei primi due il poeta fa il maestro d'amore agli uomini, nel terzo alle donne. Questa raccolta a sfondo didascalico fu completata nell'1 o nel 2 d. C, come i Remedia amoris e i Medicamina faciei femineae. Ovidio, nato a Sulmona, e morto in esilio a Tomi sul Mar Nero, visse tra il 43 a. C. e il 17/18 d. C.

[3]Se ne ricorderà Valerio Flacco (I sec. d. C., m. nel 93 d. C.) che negli Argonautica definisce saevus l'amor che incalza (urget ) Medea spingendola verso Giasone (VII, 307 - 308).

[4] Cfr. Properzio, I, 3, 15:"Hac Amor hac Liber durus uterque deus", da una parte amore dall'altra Bacco, opprimente l'uno e l'altro dio.

[5] spectatum…spectentur ut (=ut spectentur): poliptoto con due costruzioni della finale: il supino indica uno scopo più generico; ut+ il congiuntivo è maggiormente connotato dalla volontà. 

[6]L. Tolstoj, Anna Karenina , p. 711.

[7] Del 1786.

[8] Del 1894.

[9] 1877 - 1919.

[113] Trad. it. Lerici, Milano, 1964.

[11]J. P. Vernant, L'individuo, la morte, l'amore , p. 118.

[12]Il mestiere di vivere , 9 settembre 1946.

[13] Il mestiere di vivere ,18 novembre 1945.

[14]Il mestiere di vivere, 28 dicembre 1947.

[15]Il mestiere di vivere , 15 ottobre 1940.

[16] "Fabula iucundi nulla est sine amore Menandri", nessuna commedia del piacevole Menandro è senza amore, ricorda Ovidio (Tristia , II, 369). I Tristia sono elegie composte, in esilio, tra il 9 e il 12 d. C.

[17]M. Kundera, L'immortalità , p. 169.

[18]G. B. Conte, op. e p. citate sopra.

[19]E. Fromm, L'arte d'amare , p. 35.

[20]F. Kafka, Il castello , p. 84.

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