giovedì 19 novembre 2020

Le "Bucoliche" di Virgilio. 5. Ecloga IV

Cyril Pedrosa e Roxanne Moreil, tavola da L'età dell'oro
L’attesa dell’età dell’oro che sta per tornare rinnovata.  

La aspettiamo anche noi

 

E’ forse la bucolica più nota. Vengono invocate le Sicelides Musae, quelle di Teocrito, perché ispirino al poeta un canto più alto dei precedenti: “Sicelides Musae, paulo maiora canamus (v. 1).

L’ecloga è dedicata ad Asinio Pollione, console nel 40.

Virgilio annuncia una palingenesi: “magnus ab integro saeclorum nascitur ordo” (5) Torna l’età dell’oro, quella dell Giustizie e del regno di Saturno: “Iam redit et Virgo, redeunt Saturnia regna”: "Crono-Saturno è, da un lato un benigno dio dell'agricoltura (…) il signore dell'Età dell'oro, quando gli uomini avevano abbondanza di ogni cosa (…) il signore delle Isole dei Beati (…) Dall'altro lato, il cupo e solitario dio detronizzato (…) signore degli dèi inferi (…) prigioniero o schiavo nel Tartaro (…) l'immagine risultante rimane essenzialmente bipolare. Saturno è allo stesso tempo immagine archetipica del Vecchio Saggio (…) e anche del Vecchio Re, l'orco castrato e castrante"[1].

 

Ricorriamo per un momento di nuovo all’Eneide: l’età aurea di Saturno secondo la profezia di Anchise,  ritornerà, ovviamente, con Augusto: “ Augustus Caesar,  Divi genus, aurea condet/saecula qui rursus Latio regnata per arva Saturno quondam" (Eneide VI, vv. 792-793), Cesare Augusto stirpe divina, che stabilirà di nuovo nel Lazio l'età dell'oro su cui regnò nei campi arati un tempo Saturno.

 Già nel primo libro Giove profetizza il rinnovamento dei tempi dovuto all’impero e  senza fine e alla pace stabiliti da Augusto: “imperium sine fine dedi. Quin aspera Iuno…mecum fovebit/Romanos rerum dominos gentemque togatam Aspera tum positis mitescent saecula bellis,/cana Fides et Vesta, Remo cum fratre Quirinus/iura dabunt; dirae ferro et compagibus artis/claudentur Belli portae; Furor impius intus/saeva sedens super arma et centum vinctus aënis/post tergum nodis fremet horridus ore cruento” (Eneide, I, 279 sgg.), ho assegnato un impero senza fine. Anzi la dura Giunone con me favorirà i Romani signori del mondo e la gente vestita di toga[2] (…) allora, deposte le guerre, diventeranno miti le età feroci, e la Fede veneranda e Vesta, e, con il fratello Remo, Quirino daranno le leggi; le atroci porte della guerra verranno chiuse con stretti serrami di ferro; l'empio Furore dentro, seduto sopra le armi crudeli, e legato dietro la schiena con cento nodi di bronzo, fremerà orribile nel volto insanguinato.

Abbiamo già visto la previsione di questo paradiso nel Carmen saeculare [3] dell’altro poeta di corte Orazio:  celebra il nuovo secolo di prosperità e virtù morali ritrovate:"Iam Fides et Pax et Honor Pudorque/priscus et neglecta redire Virtus/audet, apparetque beata pleno/Copia cornu"[4], già la Fede e la Pace e l'Onore e il Pudore antico e la Virtù messa da parte osa tornare, e appare felice l'Abbondanza con il corno pieno.

 

La IV bucolica pocede con la profezia di un bambino che sta per nascere puer nasciturus “ quo ferrea primum-desinet ac toto surget gens aurea mundo” (8-9). L’era felice entrerà nel mondo sotto il consolato di Pollione, uno dei patroni di Virgilio. Le tracce dei delitti cancellate libereranno le terre dal continuo timore.

 

Il puer potrebbe essere il figlio di Pollione oppure il futuro figlio di Ottaviano e Scribonia che invece sarà la dissoluta Giulia.

Asinio Gallo nato nel 40 era figlio di Asinio Pollione il quale ad Augusto che lo voleva ad Azio rispose che era stato dalla parte di Antonio  e voleva tenersi fuori dalla contesa: itaque discrimini vestro me subtraham et ero preda victoris” (Velleio Patercolo, II, 86), perciò mi terrò fuori dalla contesa e sarò preda del vincitore.

Tacito difende Agrippina, la moglie di Germanico, dalla calunnia di impudicitia. (Ann. VI, 25). Tiberio la accusò di impudicizia e di adulterio con Asinio Gallo sed Agrippina aequi impatiensdominandi avida, virilibus curis feminarum vitia exuerat”., ma Agrippina incapace di essere messa alla pari degli altri e avida di dominio per le sue passioni virili si era spogliata delle debolezze del suo sesso. Questa Agrippina I è la madre di Agrippina II e la nonna di Nerone.

 

La terra produrrà doni per il fanciullo nullo cultu (18) senza che nessuno la coltivi. La capre riporteranno le mammelle colme di latte e i leoni non faranno più paura agli armenti.

occĭdet et serpens et fallax herba veneni” (24) - le fattucchiere malefiche non potranno più esercitare la loro stregoneria ndr.-

molli paulatim flavescet campus arista” (28) la campagna a poco a poco si imbiondirà di spighe ondeggianti.

Incultisque rubens pendebit sentibus uva (29) e da selvaggi roveti penderà rosseggiando l’uva.

Et durae quercus sudabunt roscida mella” (30).

 

 La campagna di Virgilio è più nutritiva dei giardini ameni di Orazio.

 

In questo nuova età dell’oro "pauca tamen suberunt priscae vestigia fraudis,/quae temptare Thetin ratibus, quae cingere muris/oppida, quae iubeant telluri infindere sulcos" (vv. 31-33), tuttavia resteranno sotto poche tracce dell'antica malizia: quelle che spingono a tentare il mare con le navi, a cingere di mura le fortezze, a scavare solchi nella terra.

 

Ricordo le condanne della navigazione nel secondo e nel terzo coro della Medea di Seneca.

 

Alter erit tum Tiphys, et altera quae vehat Argo

delectos heroas: erunt etia altera bella,

atque iterum ad Troiam magnus mittetur Achilles” 34-36).

 

Dopo le otto ore di lezione  su Omero e Apollonio Rodio, ho voluto trascrivere questi versi per indicare i nessi e le corrispondenze, o i contrasti,  tra le opere, e incentivare quelli del nostro cervelli: la suvnesi", la capacità di mettere insieme, l’intelligenza.

 

Ma quando il puer sarà cresciuto e divenuto vir, il mercante si ritirerà spontaneamente dal mare, non nautica pinus- mutabit merces, omnis feret omnia tellus  (38-39)  le navi di pino non scambieranno le merci.

Non sarà più necessario lavorare la terra, né tingere la lana: “ipse sed in pratis aries iam (…) mutabit vellera (43-44)  l’ariete da sé nei prati già cambierà i colori del vello suave rubenti murice, con la porpora che rosseggia piacevolmente, con il giallo con il carminio.

: “Talia saecla currite” (46) affrettate tali secoli,  hanno detto ai loro fusi le Parche del resto concordes stabili fatorum numine, concordi con l’irremovibile volontà dei fati.

E tu cara Deum suboles, diletta prole di Dei, guarda come tutto si allieta nel secolo che viene “adspice venturo laetantur ut omnia saeclo” (52).

Il poeta si augura che gli resti il tempo e lo spirito e l’ispirazione necessaria per celebrare le gesta del puer divenuto vir: allora il suo canto non verrà vinto da quelli di Orfeo né da quelli di Lino e perfino Pan, pur giudicato dall’Arcadia, perderebbe.

L’ecloga termina con l’invito al sorriso, una chiamata all’ottimismo che dobbiamo accogliere anche noi attualmente vessati da questa rinnovata età del ferro.

 

Il puer dovrà essere sarà accolto dai sorrisi materni: “Incipe parve puer risu cognoscere matrem[5] / (matri longa decem[6] tulerunt fastidia menses):"incipe, parve puer: cui non risere parentes,/ nec deus hunc mensa, dea nec dignata cubili est " (vv. 62-63), comincia bambino a riconoscere la madre dal sorriso, (alla madre nove mesi hanno procurato lunghi travagli), comincia bambino, quello al quale non hanno sorriso i genitori, né un dio giudicò degno della mensa né una dea del suo letto.

 

L'età del ferro  e la terra ammorbata dai delitti dei capi, sono caratterizzate dalla mancanza di sorrisi: la Tebe di Edipo è piena di gemiti (Edipo re , v. 5) e  la Scozia è tanto sconciata dai crimini di Macbeth che sembra una tomba: non si vede sorridere nessuno, se non chi nulla conosce (IV, 3).

E' il mondo nuovo, o rinnovato,  oppure l'umanità non ancora conosciuta che fa sorridere di speranza: alla fine di La Tempesta, Miranda esclama: oh meraviglia  ! Quante creature ottime ci sono qui! Com'è bella l'umanità! O prode mondo nuovo (brave new world) con tali persone!.

 Ma il padre, Prospero, che il mondo lo conosce, le fa: ' Tis new to thee ,  per te è nuovo (V, 1).


Bologna 19 novembre 2020 ore 10, 50 giovanni ghiselli


p. s.

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[1] J. Hillman, Puer aeternus, p. 80.

[2] La toga è la divisa del romano in pace, è "quell'indumento così fortemente marcato, dal punto di vista dell'identità e dell' "appartenenza" romana, da costituire una vera e propria "uniforme de la citoyennetè" (. F. Dupont, La vie quotidienne du citoyen romain sous la république, Hachette, Paris, 1989, p. 290) .La toga costruisce il corpo del cittadino alla maniera di una veste rituale…". (M. Bettini, Le orecchie di Hermes, p. 345).

[3] Del 17 a. C.

[4] Vv. 57-60. E' una strofe saffica formata da tre endecasillabi saffici e da un adonio.

[5] È il motto con cui Pascoli inviò il poemetto Thallusa ad Amsterdam nel 1911.

[6] Alessandro diceva che sua madre Olimpiade esigeva un affitto pesante (baru; dh; to; ejnoivkion tw'n devka mhnw'n, Arriano, Anabasi di Alessandro,  7, 12, 6) per i nove mesi nei quali lo aveva tenuto in grembo.

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