PER VISUALIZZARE IL GRECO SCARICA IL FONT HELLENIKA QUI E GREEK QUIIgnaz-Marcel Gaugengigl, The Dandy
Alcibiade preoccupava Crizia che lo conosceva bene per essere stato suo
condiscepolo alla "scuola" di Socrate, e perciò mise in allarme gli
Spartani che pure non ne ignoravano le capacità.
Sicché Lisandro, il vincitore della grande guerra del Peloponneso,
ricevette l'ordine di eliminarlo da parte degli Efori, sia che volessero fare
cosa gradita ad Agide il re spartano del quale Alcibiade aveva ingravidato la
moglie, sia che pure loro ne temessero l'intelligenza e l'attitudine di
quell’uomo per le cose grandi: "ei[te kajkeivnwn fobhqevntwn th;n
ojxuvthta kai; megalopragmosuvnhn tou' ajndrov""[1] .
Il dandy moderno è antidemocratico ed è visto con sospetto dalla
democrazia che tutto livella: "Ma purtroppo la marea crescente della
democrazia, che tutto invade e tutto pareggia, avvolge nell'oscurità giorno per
giorno questi ultimi rappresentanti dell'orgoglio umano e versa fiotti di oblio
sulle tracce di questi prodigiosi mirmidoni", afferma Baudelaire[2]; e D'Annunzio
in Il piacere denuncia "il grigio diluvio democratico odierno,
che molte belle cose e rare sommerge miseramente"; un nubifragio sotto il
quale "va anche a poco a poco scomparendo quella special classe di antica
nobiltà italica, in cui era tenuta viva di generazione in generazione una certa
tradizione familiare d'eletta cultura, d'eleganza e di arte" (p. 38).
Alcibiade fu allontanato due volte dal popolo, che pure lo
considerava stratego straordinario come abbiamo visto, poi venne combattuto
dagli oligarchi e perseguitato dai Trenta tiranni. Agli uomini eccezionali
invero nessun potere è favorevole poiché tutti i governi hanno una
componente tirannica e tendono a livellare le teste secondo il suggerimento di
Trasibulo, tiranno di Mileto a Periandro tiranno di Corinto:" oiJ uJpetivqeto
Qrasuvboulo" tou;" uJperovcou" tw'n ajstw'n foneuvein "[3], gli suggeriva di ammazzare quelli che
si distinguevano tra i cittadini.
Nemmeno i personaggi della letteratura sono sempre favorevoli agli uomini straordinari.
Nelle Baccanti di Euripide il Coro nel Primo Stasimo
canta che Dioniso odia chi non si prende cura di tenere il cuore e la mente
lontani dagli uomini straordinari:'"ajpevcein prapivda frevna te;;;;;; -
perissw'n para; fwtw'n"(vv.427 - 428).
Nell'Antigone è Ismene, la sorella dapprima timorosa e
sottomessa agli ordini di Creonte ad affermare:"obbedirò a coloro che sono arrivati al potere.
Infatti il/fare cose straordinarie (to; ga;r perissa; pravssein) non ha senso, proprio
nessuno" (vv. 67 - 68).
Altrettanto incline alla
sottomissione è Crisotemi, la femmina acquiescente, la sorella sbiadita che dà
risalto all'Elettra di Sofocle:"tw'n kratouvntwn ejsti; pavnt' ajkousteva" (Elettra, v. 340),
bisogna obbedire in tutto a quelli che comandano.
Tra le espressioni favorevoli agli uomini straordinari ne riporto una
di Seneca:"fuge multitudinem, fuge paucitatem, fuge etiam unum (…) iste
homo non est unus e populo, ad salutem spectat " (Epi., 10, 1 e
3), evita la folla, evita la compagnia di poche persone e anche quella di una
sola…questo non è uno dei tanti, mira alla salvezza dell'anima.
Infine Madame Bovary detesta la mediocrità del
marito in tutte le manifestazioni di lui, comprese quelle erotiche:"si
persuase facilmente che nella passione di Charles per lei non vi era nulla di
eccessivo"; quindi si ripeteva:"Dio mio, ma perché mai mi sono
sposata?" (p. 36).
Straordinario fu Alcibiade, e fece paura anche ai suoi stessi compagni di partito: aveva
passioni più grandi di quanto consentissero le sue ricchezze, sia per
l'allevamento dei cavalli, sia per le altre spese, e molti lo temevano per le
sue stravaganze, per la grandezza e l'eccentricità delle sue vedute, ci
racconta Tucidide[4].
D'Annunzio ricorda questa
descrizione di antimediocrità quando in Maia gli pone la
domanda:"E qual gioia/ti parve più fiera?", quindi gli attribuisce la
risposta:"La gioia/d'abbattere il limite alzato".
La morte dell’esteta seduttore
Alcibiade
Lisandro dunque mandò un messaggio a Farnabazo il quale incaricò del
misfatto alcuni parenti suoi. Alcibiade ebbe dei sogni premonitori, ma, lo
abbiamo imparato da Tacito e ancor più dall'esperienza personale, " quae
fato manent , quamvis significata, non vitantur "[5], ciò che
spetta al destino, sebbene rivelato non si evita.
Le versioni della sua morte sono due: in ogni caso egli morì con una donna
e per fuggire alle fiamme che possono evocare la sua vita tumultuosa. Chi fosse
questa femmina umana, non ha importanza. Fu certo l'ultima di una serie molto
lunga comprendente etere, schiave prigioniere di guerra, ragazze di buona
famiglia e regine, come la moglie del re spartano Agide, sedotte tutte
dalla "genialità della sensualità", dalla "potenza demoniaca
della sua sensualità"[6].
Questa volta Alcibiade, pur essendo l'erotico che mangia l'esca senza farsi
prendere all'amo, si lasciò prendere; forse perché egli tendeva non solo al
piacere ma anche al potere[7], e se il primo
scopo, con qualche sforzo, poteva ancora raggiungerlo, il secondo oramai gli
era sfuggito per sempre.
Plutarco dunque racconta che, secondo alcuni, i sicari diedero fuoco alla
casa dove egli abitava, in Frigia, con l'etera Timandra. Alcibiade si lanciò
fuori e gli assassini, non osando avvicinarsi, lo colpirono vilmente da
lontano, finché la vittima designata cadde. Timandra, nei limiti delle sue
possibilità, gli diede onorevole sepoltura. In questa versione c'è una donna,
una cortigiana, che si occupa delle esequie del seduttore. Nell'altra, la
presenza femminile, di una ragazza, è la causa della morte di questo don
Giovanni antico. "Sua passion predominante", si ricorderà il libretto
di Da Ponte, "è la giovin principiante"[8].
Della stessa razza è anche Boccadoro di H. Hesse: "E sebbene avesse un
senso molto delicato della bellezza ed amasse sopra tutto le fanciulle
giovanissime, nello sboccio della loro primavera, si lasciava tuttavia
commuovere e sedurre anche dalle donne meno belle e non più giovani. Nelle sale
da ballo rimaneva talvolta accanto ad una ragazza matura e scoraggiata, che
nessuno voleva e che lo conquistava per le vie della compassione non solo, ma
anche di una curiosità sempre desta"[9].
Ebbene, Alcibiade aveva forse
sedotto una ragazza di buona famiglia e i fratelli di lei, non sopportando
l'offesa, diedero fuoco alla casa e lo uccisero mentre ne saltava fuori
attraverso il fuoco ("dia; tou' puro;" ejxallovmenon", Vita di Alcibiade , 39, 9). Queste fiamme mi danno
l'occasione per un'ultima citazione di Baudelaire:"il carattere della
bellezza del dandy consiste soprattutto in quell'aria fredda che gli viene
dalla ferma risoluzione di non commuoversi; si direbbe un fuoco latente che si
lascia indovinare, che potrebbe ma non vuole divampare"[10].
Anche Don Giovanni di Mozart - Da Ponte, come Alcibiade, alla fine
dell'opera, scompare nel fuoco:"Da quel tremore
insolito.../Sento...assalir...gli spiriti.../Donde escono que' vortici/ di foco
pien d'orror!... "[11].
Ebbene quel fuoco latente[12] fuoriuscì
prima di spegnersi, divampò e uccise l'uomo.
Cornelio Nepote ci informa che allora Alcibiade aveva circa
quarant'anni ("Alcibiades circiter quadraginta natus diem obiit
supremum "[13]), ma nel 404
doveva averne qualcuno di più.
Stava comunque declinando quella sua
giovinezza e follia che sembrava essere oltre i limiti naturali ("hJ ejmh;
neovth" kai; a[noia para; fuvsin dokou'sa ei'jnai"[14] ) ed era stata vantata da lui stesso
di fronte al popolo prima della spedizione in Sicilia. Alcibiade aveva fatto
"della giovinezza il proprio cavallo di battaglia"[15].
Viene da pensare che un personaggio
come questo giovane leone allevato[16] in casa dell'altro leone[17] il quale aveva fatto di Atene la
scuola dell'Ellade[18], non potesse sopravvivere né
alla potenza di Atene né alla propria giovinezza.
Lord Henry avrebbe potuto rivolgere
anche a lui, nei momenti d'oro ricordati da Tucidide, le parole dette a Dorian
Gray:"Sì, gli dèi furono benigni con voi, Gray. Ma gli dèi, dopo breve
tempo rivogliono i loro doni. Avete soltanto pochi anni da vivere veramente.
Quando la vostra gioventù se ne sarà andata, avrete perduto anche la vostra
bellezza, e vi renderete conto d'un tratto che non ci sono più vittorie per
voi, o che dovete accontentarvi di quelle banali vittorie che la memoria del
vostro passato renderà più amare delle sconfitte. Ogni mese che passa vi
avvicina a qualche cosa di orrendo. Il tempo è geloso di voi, e si accanisce
sui vostri colori di giglio e di rosa. Le vostre tinte appassiranno, le guance
si faranno cave, si appannerà il vostro sguardo. Soffrirete tremendamente (...)
Godete della vostra giovinezza finché la possedete! Non sprecate il tesoro dei
vostri giorni ascoltando la gente noiosa, cercando di consolare i predestinati
all'insuccesso, donando la vostra vita agli incolti, ai mediocri, ai volgari
(...) Vivete! Vivete la meravigliosa vita che è in voi! Nulla deve andar
perduto per voi. Cercate continuamente nuove sensazioni. Non abbiate paura di
nulla (...) Un nuovo edonismo! Di questo ha bisogno il nostro secolo. Potreste
esserne il simbolo visibile. Nulla è vietato alla vostra persona. Il mondo è
vostro, per una stagione (...) Perché la vostra gioventù durerà un tempo così
breve - così breve! Gli umili fiori di prato avvizziscono, ma rifioriranno
ancora. Quest'altro giugno l'acacia sarà d'oro, come è ora (...) Ma noi non
torniamo mai alla nostra giovinezza. L'onda di gioia che pulsa in noi a
vent'anni, si fa tarda. Le membra non ci ubbidiscono più, i sensi si consumano.
Diventiamo ripugnanti fantocci, perseguitati dal ricordo delle passioni di cui
abbiamo avuto timore e delle squisite tentazioni alle quali non avemmo il
coraggio di cedere. Gioventù! Gioventù! Non c'è nulla al mondo che valga la
giovinezza!"[19].
Probabilmente fu per non
sopravvivere agli ultimi bagliori della sua giovinezza, per non arrivare
all'età del Casanova di Arthur Schnitzler[20] che Alcibiade volle morire in
quell'ultimo fuoco, lanciato per l'ultima volta dall' Eros fulminatore - [Erwta keraunofovron - [21] che si
era fatto incidere sullo scudo invece degli stemmi gentilizi.
Bologna 13 novembre 2020 ore 19, 15.
giovanni ghiselli
p. s.
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[1]Plutarco, op.
cit., 38, 6.
[2]Op. cit., p.
1152. I mirmidoni sono i soldati di Achille.
[3]Erodoto (485 ca
- dopo il430 a. C.), V, 92.
[4]VI, 15.
[5]Historiae , I, 18.
[6]S.
Kierkegaard, Enten - Eller , Tomo Primo, , trad. it.
Adelphi, Milano, 1976, p. 172.
[7]Si vede
dall'episodio della moglie di Agide, Timea, che Alcibiade sedusse mentre il
marito era assente per una spedizione militare. Ella rimase incinta e non lo
negò (" Timaivan ga;r th;n [Agido" gunai'ka tou'
basilevw" strateuomevnou kai; ajpodhmou'nto" ouJvtw dievfqeiren,
wJvste kai; kuvein ejx jAlkibiavdou kai; mh; ajrnei'sqai"), anzi in privato chiamava "Alcibiade" il figlio il cui
nome ufficiale era Leotichide. Il seduttore soleva dire che lo aveva fatto, non
per offendere Agide nè perché vinto dal piacere, ma affinché i suoi discendenti
regnassero su Sparta:"oJvpw" Lakedaimonivwn basileuvswsin oiJ ejx
aujtou' gegonovte" "(Plutarco, Op. cit. 23). Si
vede dunque da questo episodio che la "passion predominante" del
nostro personaggio era comandare e che il sedurre era strumentale al fine di
dominare. Insomma "luxuriosus, dissolutus, libidinosus "(Cornelio
Nepote, op. cit , 1) ma prima di tutto ambizioso. Di lui in effetti Tucidide
scrive, tra l'altro:"kai; mavlista strathgh'saiv te ejpiqumw'n" , VI, 15, e bramando al di sopra di tutto comandare. Il che non
toglie che fosse un seduttore di razza.
[8]Don Giovanni , I, 5. Un collegamento con il Don Giovanni , e
con Le nozze di Figaro , ugualmente di Mozart - Da Ponte,
viene fatto anche per Andrea Sperelli: "Egli aveva in sé qualche cosa di
Don Giovanni e di Cherubino: sapeva essere l'uomo di una notte erculea e
l'amante timido, candido, quasi verginale.( Il piacere , p.
19)
[9] H.
Hesse, Narciso e Boccadoro (del 1930), p. 250.
[10]Baudelaire, op. cit., p. 1152.
[11]Don Giovanni di Mozart - Da Ponte, II, 19. "Un'opera di getto, un'opera perfetta
gli uomini non l'hanno più fatta dopo il Don Giovanni "H.
Hesse, Il lupo della steppa. (del 1927) p. 265)
[12] O quella exacerbatio cerebri di
cui parla S. Kierkegaard nel Diario del seduttore ( p. 22),
[13]Alcibiades , 10, 6.
[14]Tucidide, VI,
17.
[15] J. de Romilly, Alcibiade , p. 23.
[16]Cfr.
Aristofane, Rane , 1422 ss.
Dioniso dice che Atene ama e odia
Alcibiade e comunque lo vuole e chiede l’opinione dei due poeti sul politico.
Euripide dice: odio il cittadino che
si mostra lento nel giovare alla patria bradu;ς wjfelei'n pavtran, rapido nel danneggiarla
molto megavla de; blavptein tacuvς (1428), ricco di risorse per se
stesso, privo di mezzi per la patria.
Eschilo dice “non bisogna allevare
in città un cucciolo di leone ouj crh; levontoς skuvmnon ejn povlei trevfein.”
Euripide corregge che non bisogna
proprio allevare un leone (forse il padre di Alcibiade, Clinia)
Eschilo aggiunge parole che saranno
ripetuto da Valerio Massimo: ma se sia stato allevato bisogna piegarsi alle sue
abitudini toi'ς trovpoiς uJphretei'n.
[17]Pericle, di cui
Plutarco (Vita di Pericle , 3) racconta che la madre Agariste,
prossima a partorirlo, sognò di generare un leone.
[18]Tucidide (460
ca - 400ca a. C.) II, 41.
[19]O. Wilde (1854
- 1900), Il ritratto di Dorian Gray (del 1891), in Wilde
Opere , trad. it. Mondadori, Milano, 1982, p. 32.
[20] Il quale "a cinquantatre anni,
quando "il fulgore interiore ed esteriore andava lentamente
spegnendosi" era "spinto a vagare per il mondo non più dal giovanile
piacere dell'avventura, ma dall'inquietudine dell'avanzante vecchiaia" Il ritorno di Casanova (del 1918) ttrad. it., Bompiani,
Milano, 1982, pp. 1 - 2.
[21] Plutarco, Vita di Alcibiade , 16.
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