venerdì 13 novembre 2020

Riflessioni sull'"Eneide". 14. Decadenza e caduta nel fuoco di Alcibiade, esteta e seduttore archetipico

Ignaz-Marcel Gaugengigl, The Dandy
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Alcibiade preoccupava Crizia che lo conosceva bene per essere stato suo condiscepolo alla "scuola" di Socrate, e perciò mise in allarme gli Spartani che pure non ne ignoravano le capacità.

Sicché Lisandro, il vincitore della grande guerra del Peloponneso, ricevette l'ordine di eliminarlo da parte degli Efori, sia che volessero fare cosa gradita ad Agide il re spartano del quale Alcibiade aveva ingravidato la moglie, sia che pure loro ne temessero l'intelligenza e l'attitudine di quell’uomo per le cose grandi: "ei[te kajkeivnwn fobhqevntwn th;n ojxuvthta kai; megalopragmosuvnhn tou' ajndrov""[1] .

 

Il dandy moderno è antidemocratico ed è visto con sospetto dalla democrazia che tutto livella: "Ma purtroppo la marea crescente della democrazia, che tutto invade e tutto pareggia, avvolge nell'oscurità giorno per giorno questi ultimi rappresentanti dell'orgoglio umano e versa fiotti di oblio sulle tracce di questi prodigiosi mirmidoni", afferma Baudelaire[2]; e D'Annunzio in Il piacere denuncia "il grigio diluvio democratico odierno, che molte belle cose e rare sommerge miseramente"; un nubifragio sotto il quale "va anche a poco a poco scomparendo quella special classe di antica nobiltà italica, in cui era tenuta viva di generazione in generazione una certa tradizione familiare d'eletta cultura, d'eleganza e di arte" (p. 38).

 

 Alcibiade fu allontanato due volte dal popolo, che pure lo considerava stratego straordinario come abbiamo visto, poi venne combattuto dagli oligarchi e perseguitato dai Trenta tiranni. Agli uomini eccezionali invero nessun potere è favorevole poiché tutti i governi hanno una componente tirannica e tendono a livellare le teste secondo il suggerimento di Trasibulo, tiranno di Mileto a Periandro tiranno di Corinto:" oiJ uJpetivqeto Qrasuvboulo" tou;" uJperovcou" tw'n ajstw'n foneuvein "[3], gli suggeriva di ammazzare quelli che si distinguevano tra i cittadini.

 

Nemmeno i personaggi della letteratura sono sempre favorevoli agli uomini straordinari.

Nelle Baccanti di Euripide il Coro nel Primo Stasimo canta che Dioniso odia chi non si prende cura di tenere il cuore e la mente lontani dagli uomini straordinari:'"ajpevcein prapivda frevna te;;;;;; - perissw'n para; fwtw'n"(vv.427 - 428).

Nell'Antigone è Ismene, la sorella dapprima timorosa e sottomessa agli ordini di Creonte ad affermare:"obbedirò a coloro che sono arrivati al potere. Infatti il/fare cose straordinarie (to; ga;r perissa; pravssein) non ha senso, proprio nessuno" (vv. 67 - 68). 

Altrettanto incline alla sottomissione è Crisotemi, la femmina acquiescente, la sorella sbiadita che dà risalto all'Elettra di Sofocle:"tw'n kratouvntwn ejsti; pavnt' ajkousteva" (Elettra, v. 340), bisogna obbedire in tutto a quelli che comandano. 

 

 Tra le espressioni favorevoli agli uomini straordinari ne riporto una di Seneca:"fuge multitudinem, fuge paucitatem, fuge etiam unum (iste homo non est unus e populo, ad salutem spectat " (Epi., 10, 1 e 3), evita la folla, evita la compagnia di poche persone e anche quella di una sola…questo non è uno dei tanti, mira alla salvezza dell'anima.

 Infine Madame Bovary detesta la mediocrità del marito in tutte le manifestazioni di lui, comprese quelle erotiche:"si persuase facilmente che nella passione di Charles per lei non vi era nulla di eccessivo"; quindi si ripeteva:"Dio mio, ma perché mai mi sono sposata?" (p. 36).

 

Straordinario fu Alcibiade, e fece paura anche ai suoi stessi compagni di partito: aveva passioni più grandi di quanto consentissero le sue ricchezze, sia per l'allevamento dei cavalli, sia per le altre spese, e molti lo temevano per le sue stravaganze, per la grandezza e l'eccentricità delle sue vedute, ci racconta Tucidide[4].

D'Annunzio ricorda questa descrizione di antimediocrità quando in Maia gli pone la domanda:"E qual gioia/ti parve più fiera?", quindi gli attribuisce la risposta:"La gioia/d'abbattere il limite alzato".

 

La morte dell’esteta seduttore Alcibiade

Lisandro dunque mandò un messaggio a Farnabazo il quale incaricò del misfatto alcuni parenti suoi. Alcibiade ebbe dei sogni premonitori, ma, lo abbiamo imparato da Tacito e ancor più dall'esperienza personale, " quae fato manent , quamvis significata, non vitantur "[5], ciò che spetta al destino, sebbene rivelato non si evita.

Le versioni della sua morte sono due: in ogni caso egli morì con una donna e per fuggire alle fiamme che possono evocare la sua vita tumultuosa. Chi fosse questa femmina umana, non ha importanza. Fu certo l'ultima di una serie molto lunga comprendente etere, schiave prigioniere di guerra, ragazze di buona famiglia e regine, come la moglie del re spartano Agide, sedotte tutte dalla "genialità della sensualità", dalla "potenza demoniaca della sua sensualità"[6].

Questa volta Alcibiade, pur essendo l'erotico che mangia l'esca senza farsi prendere all'amo, si lasciò prendere; forse perché egli tendeva non solo al piacere ma anche al potere[7], e se il primo scopo, con qualche sforzo, poteva ancora raggiungerlo, il secondo oramai gli era sfuggito per sempre.

Plutarco dunque racconta che, secondo alcuni, i sicari diedero fuoco alla casa dove egli abitava, in Frigia, con l'etera Timandra. Alcibiade si lanciò fuori e gli assassini, non osando avvicinarsi, lo colpirono vilmente da lontano, finché la vittima designata cadde. Timandra, nei limiti delle sue possibilità, gli diede onorevole sepoltura. In questa versione c'è una donna, una cortigiana, che si occupa delle esequie del seduttore. Nell'altra, la presenza femminile, di una ragazza, è la causa della morte di questo don Giovanni antico. "Sua passion predominante", si ricorderà il libretto di Da Ponte, "è la giovin principiante"[8]

 

Della stessa razza è anche Boccadoro di H. Hesse: "E sebbene avesse un senso molto delicato della bellezza ed amasse sopra tutto le fanciulle giovanissime, nello sboccio della loro primavera, si lasciava tuttavia commuovere e sedurre anche dalle donne meno belle e non più giovani. Nelle sale da ballo rimaneva talvolta accanto ad una ragazza matura e scoraggiata, che nessuno voleva e che lo conquistava per le vie della compassione non solo, ma anche di una curiosità sempre desta"[9].

 

 Ebbene, Alcibiade aveva forse sedotto una ragazza di buona famiglia e i fratelli di lei, non sopportando l'offesa, diedero fuoco alla casa e lo uccisero mentre ne saltava fuori attraverso il fuoco ("dia; tou' puro;" ejxallovmenon", Vita di Alcibiade , 39, 9). Queste fiamme mi danno l'occasione per un'ultima citazione di Baudelaire:"il carattere della bellezza del dandy consiste soprattutto in quell'aria fredda che gli viene dalla ferma risoluzione di non commuoversi; si direbbe un fuoco latente che si lascia indovinare, che potrebbe ma non vuole divampare"[10].

Anche Don Giovanni di Mozart - Da Ponte, come Alcibiade, alla fine dell'opera, scompare nel fuoco:"Da quel tremore insolito.../Sento...assalir...gli spiriti.../Donde escono que' vortici/ di foco pien d'orror!... "[11].

Ebbene quel fuoco latente[12] fuoriuscì prima di spegnersi, divampò e uccise l'uomo.

 Cornelio Nepote ci informa che allora Alcibiade aveva circa quarant'anni ("Alcibiades circiter quadraginta natus diem obiit supremum "[13]), ma nel 404 doveva averne qualcuno di più.

Stava comunque declinando quella sua giovinezza e follia che sembrava essere oltre i limiti naturali ("hJ ejmh; neovth" kai; a[noia para; fuvsin dokou'sa ei'jnai"[14] ) ed era stata vantata da lui stesso di fronte al popolo prima della spedizione in Sicilia. Alcibiade aveva fatto "della giovinezza il proprio cavallo di battaglia"[15]

Viene da pensare che un personaggio come questo giovane leone allevato[16] in casa dell'altro leone[17] il quale aveva fatto di Atene la scuola dell'Ellade[18], non potesse sopravvivere né alla potenza di Atene né alla propria giovinezza.

Lord Henry avrebbe potuto rivolgere anche a lui, nei momenti d'oro ricordati da Tucidide, le parole dette a Dorian Gray:"Sì, gli dèi furono benigni con voi, Gray. Ma gli dèi, dopo breve tempo rivogliono i loro doni. Avete soltanto pochi anni da vivere veramente. Quando la vostra gioventù se ne sarà andata, avrete perduto anche la vostra bellezza, e vi renderete conto d'un tratto che non ci sono più vittorie per voi, o che dovete accontentarvi di quelle banali vittorie che la memoria del vostro passato renderà più amare delle sconfitte. Ogni mese che passa vi avvicina a qualche cosa di orrendo. Il tempo è geloso di voi, e si accanisce sui vostri colori di giglio e di rosa. Le vostre tinte appassiranno, le guance si faranno cave, si appannerà il vostro sguardo. Soffrirete tremendamente (...) Godete della vostra giovinezza finché la possedete! Non sprecate il tesoro dei vostri giorni ascoltando la gente noiosa, cercando di consolare i predestinati all'insuccesso, donando la vostra vita agli incolti, ai mediocri, ai volgari (...) Vivete! Vivete la meravigliosa vita che è in voi! Nulla deve andar perduto per voi. Cercate continuamente nuove sensazioni. Non abbiate paura di nulla (...) Un nuovo edonismo! Di questo ha bisogno il nostro secolo. Potreste esserne il simbolo visibile. Nulla è vietato alla vostra persona. Il mondo è vostro, per una stagione (...) Perché la vostra gioventù durerà un tempo così breve - così breve! Gli umili fiori di prato avvizziscono, ma rifioriranno ancora. Quest'altro giugno l'acacia sarà d'oro, come è ora (...) Ma noi non torniamo mai alla nostra giovinezza. L'onda di gioia che pulsa in noi a vent'anni, si fa tarda. Le membra non ci ubbidiscono più, i sensi si consumano. Diventiamo ripugnanti fantocci, perseguitati dal ricordo delle passioni di cui abbiamo avuto timore e delle squisite tentazioni alle quali non avemmo il coraggio di cedere. Gioventù! Gioventù! Non c'è nulla al mondo che valga la giovinezza!"[19].

Probabilmente fu per non sopravvivere agli ultimi bagliori della sua giovinezza, per non arrivare all'età del Casanova di Arthur Schnitzler[20] che Alcibiade volle morire in quell'ultimo fuoco, lanciato per l'ultima volta dall' Eros fulminatore - [Erwta keraunofovron - [21] che si era fatto incidere sullo scudo invece degli stemmi gentilizi.

 

Bologna 13 novembre 2020 ore 19, 15.

giovanni ghiselli

 

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[1]Plutarco, op. cit., 38, 6.

[2]Op. cit., p. 1152. I mirmidoni sono i soldati di Achille.

[3]Erodoto (485 ca - dopo il430 a. C.), V, 92.

[4]VI, 15.

[5]Historiae , I, 18.

[6]S. Kierkegaard, Enten - Eller , Tomo Primo, , trad. it. Adelphi, Milano, 1976, p. 172.

[7]Si vede dall'episodio della moglie di Agide, Timea, che Alcibiade sedusse mentre il marito era assente per una spedizione militare. Ella rimase incinta e non lo negò (" Timaivan ga;r th;n [Agido" gunai'ka tou' basilevw" strateuomevnou kai; ajpodhmou'nto" ouJvtw dievfqeiren, wJvste kai; kuvein ejx jAlkibiavdou kai; mh; ajrnei'sqai"), anzi in privato chiamava "Alcibiade" il figlio il cui nome ufficiale era Leotichide. Il seduttore soleva dire che lo aveva fatto, non per offendere Agide nè perché vinto dal piacere, ma affinché i suoi discendenti regnassero su Sparta:"oJvpw" Lakedaimonivwn basileuvswsin oiJ ejx aujtou' gegonovte" "(Plutarco, Op. cit. 23). Si vede dunque da questo episodio che la "passion predominante" del nostro personaggio era comandare e che il sedurre era strumentale al fine di dominare. Insomma "luxuriosus, dissolutus, libidinosus "(Cornelio Nepote, op. cit , 1) ma prima di tutto ambizioso. Di lui in effetti Tucidide scrive, tra l'altro:"kai; mavlista strathgh'saiv te ejpiqumw'n" , VI, 15, e bramando al di sopra di tutto comandare. Il che non toglie che fosse un seduttore di razza.

[8]Don Giovanni , I, 5. Un collegamento con il Don Giovanni , e con Le nozze di Figaro , ugualmente di Mozart - Da Ponte, viene fatto anche per Andrea Sperelli: "Egli aveva in sé qualche cosa di Don Giovanni e di Cherubino: sapeva essere l'uomo di una notte erculea e l'amante timido, candido, quasi verginale.( Il piacere , p. 19)

[9] H. Hesse, Narciso e Boccadoro (del 1930), p. 250.

[10]Baudelaire, op. cit., p. 1152.

[11]Don Giovanni di Mozart - Da Ponte, II, 19. "Un'opera di getto, un'opera perfetta gli uomini non l'hanno più fatta dopo il Don Giovanni "H. Hesse, Il lupo della steppa. (del 1927) p. 265)

[12] O quella exacerbatio cerebri di cui parla S. Kierkegaard nel Diario del seduttore ( p. 22),

[13]Alcibiades , 10, 6.

[14]Tucidide, VI, 17.

[15] J. de Romilly, Alcibiade , p. 23.

[16]Cfr. Aristofane, Rane , 1422 ss.

Dioniso dice che Atene ama e odia Alcibiade e comunque lo vuole e chiede l’opinione dei due poeti sul politico.

Euripide dice: odio il cittadino che si mostra lento nel giovare alla patria bradu;ς wjfelei'n pavtran, rapido nel danneggiarla molto megavla de; blavptein tacuvς (1428), ricco di risorse per se stesso, privo di mezzi per la patria.

Eschilo dice “non bisogna allevare in città un cucciolo di leone ouj crh; levontoς skuvmnon ejn povlei trevfein.”

Euripide corregge che non bisogna proprio allevare un leone (forse il padre di Alcibiade, Clinia)

Eschilo aggiunge parole che saranno ripetuto da Valerio Massimo: ma se sia stato allevato bisogna piegarsi alle sue abitudini toi'ς trovpoiς uJphretei'n. 

[17]Pericle, di cui Plutarco (Vita di Pericle , 3) racconta che la madre Agariste, prossima a partorirlo, sognò di generare un leone.

[18]Tucidide (460 ca - 400ca a. C.) II, 41.

[19]O. Wilde (1854 - 1900), Il ritratto di Dorian Gray (del 1891), in Wilde Opere , trad. it. Mondadori, Milano, 1982, p. 32.

[20] Il quale "a cinquantatre anni, quando "il fulgore interiore ed esteriore andava lentamente spegnendosi" era "spinto a vagare per il mondo non più dal giovanile piacere dell'avventura, ma dall'inquietudine dell'avanzante vecchiaia" Il ritorno di Casanova (del 1918) ttrad. it., Bompiani, Milano, 1982, pp. 1 - 2.

[21] Plutarco, Vita di Alcibiade , 16.

 

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