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La guerra Alessandrina. Cesare non perde tempo
nel dormire.
E’ ubiquo. E’ insonne come il drago del vello
d’oro.
Il contrappasso
Il racconto si interrompe con Cesare che si trova
in difficoltà.
Lucano 66 conclusione della Pharsalia
Anche la flotta attacca “sed adest defensor ubique - Caesar” (488 - 489)
- obsessusque gerit, tanta est constantia mentis - expugnantis opus - (490
- 491) e da assediato si comporta da assediante tanto grande è la tenacia del
suo pensiero.
Fa lanciare torce sulle vele delle navi egiziane nec piger ignis erat (493)
Iam prope semustae merguntur in aequora classes (496).
Bruciano anche gli edifici vicino al mare. Nec tempora cladis - perdidit
in somnos - Cesare non perse nel dormire il tempo della strage, sed caeca
nocte carinis - insiluit … et tempore rapto nunc claustrum pelagi cepit Pharon (506
- 509) ma nella cieca notte balzò sulle navi sue e si impadronì di Faro
chiavistello del mare.
L’isola si erse sul mare sub tempore vatis Proteos (510 - 511).
Cfr. Menelao che racconta la storia del vecchio marino verace "gevrwn aJvlio" nhmerthv"" (Odissea, IV, v. 349). Questa sembra una
figura assolutamente rivelatrice, del resto difficile da essere afferrata e
consultata. L'Atride minore dunque era pericolosamente bloccato dalla bonaccia
nell'isola di Faro, davanti all'Egitto, quando suscitò la pietà della figlia
del vecchio Proteo, Eidotea, la quale gli insegnò come bloccare l'uomo che
"conosce gli abissi del mare tutto" (vv. 385 - 386) e costringerlo a
parlare.
Ora l’isola è congiunta con le mura ad Alessandria.
Cesare catturò Potino ma non lo crocifisse o bruciò come avrebbe dovuto: “gladio
cervix male caesa pependit; - Magni morte perit” (518 - 519) rimase
penzoloni la testa mal tagliata dalla spada, morì della morte di Pompeo. E’ la
legge di Nemesi, è il contrappasso
enunciato già da Esiodo, da Solone e da Eschilo nell’Orestea di
Eschilo
Nel doloroso canto (kommós) che precede l’epilogo dell’Agamennone (vv.
1562 - 1564), il Coro dice queste parole: “paga chi uccide”, ἐκτίνει δ’ ὁ καίνων, “rimane
saldo, finché Zeus rimane sul trono, che chi ha fatto subisca: infatti è legge
divina”, μίμνει δὲ μίμνοντος ἐν θρόνωι Διὸς / παθεῖν τὸν ἔρξαντα· θέσμιον γάρ.
C’è una ripresa di questo nel kommós delle Coefore (vv.
313 - 314): δράσαντα παθεῖν, / τριγέρων μῦθος τάδε φωνεῖ, “subisca chi ha agito, un detto tre volte antico suona così”.
Ricordo anche l’Eracle di Euripide dove Anfitrione indirizza
queste parole a Lico inconsapevolmente incamminato verso la morte (vv. 727 - 728):
προσδόκα δὲ δρῶν κακῶς / κακόν τι πράξειν, “aspettati facendo del male di averne del male”.
Infine l’Oreste di Euripide. A Menelao che gli domanda τί χρῆμα πάσχεις; τίς σ’ ἀπόλλυσιν νόσος; (395)
“che cosa soffri? quale malattia ti distrugge?”, il nipote risponde ἡ σύνεσις, ὅτι σύνοιδα δείν’ εἰργασμένος, 396 - “l’intelligenza,
poiché sono consapevole di avere commesso cose terribili”. Oreste dunque è reso
sofferente dalla propria σύνεσις . Menelao gli ricorda la legge del
contrappasso per cui deve soffrire (v. 413): οὐ δεινὰ πάσχειν δεινὰ τοὺς εἰργασμένους, “non è
terribile che patiscano conseguenze tremende quelli che hanno compiuto
atrocità.
Arsinoe, la sorella minore di Cleopatra, si reca
presso le truppe egiziane che la acclamano e fa passare a fil di spada Achilla.
Però Pompeo sarà vendicato solo nel momento della morte di Cesare. Ora è
Ganimede, il consigliere di Arsinoe che guida i nemici di Cesare in
difficoltà: formidine belli - cingitur (535 - 536). Navi da
una parte, soldati dall’altra: via nulla salutis, - non fuga, non
virtus vix spes quoque mortis honestae (538 - 539)
c’è appena la speranza di una morte rispettabile
Vincendus tunc Caesar erat sed sanguine nullo (541) poteva essere vinto anche senza spargere
sangue
Il duce romano infatti era prigioniero della posizione
del luogo e non sapeva se temere o desiderare la morte quando gli apparve
l’eroico centurione morto Sceva che a Epidamo si era coperto di gloria.
Siamo nel febbraio del 47 e qui si arresta il racconto.
Fine
Bologna, 5 novembre 2020 ore 17, 44
giovanni ghiselli
p. s.
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