Parerga e paralipomena rispetto al
commento dell’Ecloga IV di VirgilioCesare Augusto
Ricordo, per contrasto con quello di
Virgilio, il puer di Lucrezio già rattristato dalla vita:
"ut saevis proiectus ab undis/navĭta, come un marinaio
gettato a riva dalle onde infuriate, nudus humi iacet, infans, indigus
omni/vitali auxilio , giace nudo sul suolo, incapace di parlare,
bisognoso di ogni assistenza per vivere, cum primum in luminis
oras/nixibus ex alvo matris natura profudit, appena la natura lo ha versato
sulle rive della luce con travaglio dal ventre della madre, vagituque
locum lugubri complet, ut aequumst/cui tantum in vita restet transire malorum"
(De rerum natura V, 222 - 227), e riempie lo spazio con un vagito di
pianto, come è giusto per uno cui in vita è riservato di passare per tante
disgrazie.
Con questo puer di
solito si confronta il neonato di Leopardi: "Nasce l'uomo a fatica,/ed è
rischio di morte il nascimento./Prova pena e tormento/per prima cosa; e in sul
principio stesso/la madre e il genitore/il prende a consolare dell'esser
nato"[1].
Nell'Eneide la decadenza
delle età è collegata alla guerra e alla volontà di impossessarsi delle
ricchezze: "Aurea quae perhibent illo sub rege fuere/saecula: sic
placida populos in pace regebat,/deterior donec paulatim ac decŏlor[2] aetas/et belli rabies et amor
successit habendi". (VIII, 324 - 327), i secoli d'oro di cui si narra
furono sotto quel re[3]: così reggeva i popoli in placida pace,
finché un poco alla volta succedette l'età scolorita e la furia di guerra, e
l'amore del possesso.
L'età dell'oro secondo la profezia
di Anchise, ritornerà, ovviamente, con Augusto: “Augustus Caesar, Divi
genus, aurea condet/saecula qui rursus Latio regnata per arva Saturno quondam"
(Eneide VI, vv. 792 - 793), Cesare Augusto stirpe divina, che stabilirà
di nuovo nel Lazio l'età dell'oro su cui regnò nei campi arati un tempo
Saturno.
Torno a Leopardi che, nella Storia
del genere umano del 1824, dice che Giove per salvare la nostra specie
annoiata deliberò di mescere la vita troppo facile di mali veri e di implicarla
in mille negozi e fatiche, per sviare gli uomini dal conversare con il proprio
animo. Voleva crescere il pregio dei beni con la opposizione dei mali.
Concludo con Leopardi che
nella Palinodia al marchese Gino Capponi (1835), scrive
ironicamente:"E tu comincia a salutar col riso/gl'ispidi genitori, o prole
infante,/eletta agli aurei dì"(271 - 273).
19 novembre ore 11 giovanni ghiselli
[1] Canto
notturno di un pastore errante dell'Asia (del 1829), vv. 39 - 44).
[2] Nell’Oedipus di
Seneca la Tebe ammorbata dagli scelera del re è colpita
dall’aridità, dalla siccità e pure dallo scolorimento che significano sterilità
e morte: "Deseruit amnes humor atque herbas color,/aretque Dirces;
tenuis Ismenos fluit,/et tingit inǒpi nuda vix undā vada "(Oedipus,
vv.41 - 43), l'acqua ha lasciato i fiumi e il colore le erbe, è disseccata
Dirce; l'Ismeno scorre vuoto, e con la povera onda bagna a stento i guadi nudi.
La malattia toglie umore e colore alla vita prima di annientarla: "Il sole
della peste stingeva tutti i colori e fugava ogni gioia" A. Camus, La
peste, p. 87.
[3] Saturno (cfr. redeunt Saturnia
regna di Bucolica IV, v. 6) che diede alla terra dove si
era rifugiato il nome di Latium , "his quoniam
latuisset tutus in oris " (Eneide, 8, v. 323), poiché era
rimasto latitante sicuro in queste contrade.
probtotribbe_1990 Paulina Cruz link
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