La sofferenza amorosa può essere
tanto intensa da portare al desiderio di morire.Klimt, morte e vita
L'affratellamento amore/morte più
famoso è quello del canto di Leopardi, ma il nesso è già reperibile
in Saffo:"teqnavkhn d j ajdovlw" qevlw" (96D., v. 1) sinceramente
vorrei essere morta. In questo frammento tra l'altro ci sono corone di rose e
viole ( i[wn kai; brovdwn): è lo "strano" accostamento floreale che
si ritrova nel poeta di Recanati[1].
Vediamo la prima parte di quest'ode,
fin dove è intellegibile: "Vorrei davvero essere morta./Ella mi lasciava,
piangendo/ molto e questo mi disse:/"ahimé come terribilmente
soffriamo,/Saffo, certo contro voglia ti lascio"./Io allora le rispondevo
con queste parole:/"vai, sii felice e ricordati/di me: sai infatti quanto
mi prendevo cura di te./Se no, io voglio/ ricordarti/di quante cose belle e
delicate abbiamo gioito:/infatti vicina a me ti cingesti/il capo con molte
corone/di viole, di rose[2]/e di crochi insieme,/e molti serti
intrecciati fatti di fiori/ponesti intorno/ al collo delicato/e tutto il corpo
ungesti/con unguento regale".
Bowra parla del legame tra
amore e morte partendo dal primo verso citato sopra in greco: "Il
desiderio di morte degli amanti è un luogo comune della poesia a partire
dall'età ellenistica, e benché rifletta un'emozione genuina, è spesso un cliché
privo di sincerità; ma noi sentiamo che Saffo dice proprio quello che prova. Le
sue parole sono così disadorne che non possiamo prenderle se non alla lettera,
e dobbiamo prestarle fede quando afferma di parlare ajdovlw" [3].
Si ha l'impressione che il suo senso di abbandono, di solitudine l'abbia così
stremata da farle sembrare desiderabile l'annientamento. Forse in uno stato d'animo
del genere ella scrisse i versi seguenti:"un desiderio di morire mi
possiede, e di vedere le rugiadose spiagge dell'Acheronte coperte di loto"
(Fr. 95, 11 - 13 L. - P.). La visione dell'Acheronte, con la vivacità dei
particolari, implica un dolore meno violento: Saffo è qui per lo meno in grado
di chiedersi che cosa significhi la morte"[4].
Un esempio di poesia ellenistica di
questo connubio amore/morte possiamo ricavarlo dal primo idillio di Teocrito dove
Dafni canta:" h\ ga;r ejgw;n uJp j e[rwto" ej" JvAidan
eJlkomai h[dh" (v.
130), io oramai da Eros vengo trascinato nell'Ade.
Il desiderio di morte
nell'amante può essere volontà eroica di salvare l'amato e la famiglia:"uJperapoqnhv/skein
ge movnoi ejqevluosin oiJ ejrw'nte"" (Simposi , 179b), e non solo gli
uomini, precisa Platone, ma anche le donne, come fece Alcesti .
" Eroe è Alcesti, come nel suo
stesso nome si annuncia: alké è il coraggio, ma il coraggio
che si manifesta essenzialmente nel prestare aiuto, nell'aver cura, nel
proteggere (Alkìdes, l'attributo di Ercole). Tale coraggio la rende
famosa (eukleés[5]), la fa migliore di tutte (arìste[6]): così lei stessa si apostrofava nella
tragedia di Euripide[7], e così già Omero la chiamava (Iliade,
II, 715): dia Alkestis, Alcesti divina, arìste tra
le figlie di Pelia"[8].
L'eroismo più in generale comporta anche la
disponibilità a morire nel caso che non si possa vivere secondo la propria
natura e il proprio destino. Achille non può cedere in battaglia (ouj lhvxw , non cederò grida in Iliade , XIX, 423) né Alcesti può diventare vedova: "l'areté di
Alcesti si staglia sullo sfondo della philopsychìa[9] dei polloì, dei molti
'cattivi' e cioè privi di valore, che hanno come unico fine il proprio
benessere. Per l'eroe non vale mai quella dira cupido di
sopravvivere, che domina l'animo dei molti. Per lui è possibile vita solo se
perfettamente fedele - responsabile del proprio destino"[10].
Nella tragedia Antigone del
442 la protagonista eponima si oppone al tiranno e va incontro alla propria
morte per amore del fratello Polinice cui vuole dare la sepoltura vietata con
la minaccia della pena capitale.
In questo dramma di Sofocle troviamo
parole di amore per l’umanità dette da Antigone che muore per non obbedire
a una legge antiumana.
" ou[toi
sunevcqein ajlla; sumfilei'n e[fun", (v. 523), certamente non sono nata per
condividere l'odio, ma l'amore.
In Amore e Morte di Leopardi il
principio e la fine del nostro esistere sono quanto di meglio c'è nell'universo
mondo: due fratelli, due fanciulli bellissimi che vengono in soccorso dei
mortali:
"Fratelli, a un tempo stesso,
Amore e Morte/ingenerò la sorte./ Cose quaggiù sì belle/ altre il mondo non ha,
non han le stelle./ Nasce dall'uno il bene,/nasce il piacer maggiore/che per lo
mar dell'essere si trova;/l'altra ogni gran dolore,/ogni gran male
annulla./Bellissima fanciulla,/dolce a veder, non quale/la si dipinge la
codarda gente,/gode il fanciullo Amore/accompagnar sovente;/e sorvolano insiem
la via mortale,/primi conforti d'ogni saggio core" (vv. 10 - 16).
Non solo la morte ma soprattutto
l'amore era stato ampiamente calunniato dai poeti, mentre Leopardi, nonostante
la sua "vita strozzata" come ebbe la definirla Benedetto Croce con
“un’immagine”, a suo dire, “rozza ma efficace”[11], lo riabilita rappresentandolo come un
"fanciullo" che rivitalizza le anime morte degli adulti poiché "
i fanciulli trovano il tutto nel nulla, gli uomini il nulla nel tutto"[12].
Un concetto ribadito, nei Detti
memorabili di Filippo Ottonieri :" Diceva che i diletti più veri
della nostra vita sono quelli che nascono dalle immaginazioni false; e che i
fanciulli trovano il tutto anche nel niente, gli uomini il niente nel
tutto". Nella vita umana c'è la possibilità miracolosa di ritrovare la
forte capacità immaginativa dei fanciulli anche dopo che l'adolescenza è
passata. Quando riceviamo i benefici di Amore, che arriva come la grazia di
Dio, tornano a confortarci "le stupende larve, già segregate dalla consuetudine
umana...E siccome i fati lo[13] dotarono di fanciullezza eterna,
quindi esso, convenientemente a questa sua natura, adempie per qualche modo
quel primo voto degli uomini, che fu di essere tornati alla condizione della
puerizia. Perciocché negli animi che egli si elegge ad abitare, suscita e
rinverdisce per tutto il tempo che egli vi siede, l'infinita speranza e le
belle e care immaginazioni degli anni teneri"[14].
La Storia del genere
umano finisce ricordando gli innumerevoli "obbrobri" che gli
uomini "inesperti e incapaci de' suoi diletti" hanno rivolto contro
Amore ma questo dio non li ode "e quando gli udisse, niun supplizio ne
prenderebbe; tanto è da natura magnanimo e mansueto". La punizione di chi
non comprende Lui e gli altri dèi è "di essere alieni anche per proprio
nome dalla grazia di quelli". Così, citando Leopardi, cerchiamo di farci
perdonare per tutte le maldicenze e le maledizioni precedenti contro l'unico
dio che rende degna di essere vissuta questa vita altrimenti squallida e
indecente.
Nel dramma La città morta[15] di D’Annunzio si trova l'intreccio amore incestuoso - morte
violenta. Qui la voluttà suprema è data dalla soppressione del corpo amato. Il
dramma è ambientato nell'Argolide sitibonda, vicino alle rovine di Micene ricca
d'oro. In questo luogo Bianca Maria legge l'Antigone e sente di avere il
destino dell'eroina greca: di essere consacrata al fratello Leonardo. Ebbene
questo la uccide poiché è innamorato della morte e non vuole che la sorella si
contamini:"Per poterla riamare così, io l'ho uccisa...Ella è perfetta; ora
ella è perfetta. Ora ella può essere adorata come una creatura divina".
Pascoli associa l'amore alla morte in modo flebile. Nella poesia La
tessitrice dei Canti di Castelvecchio il poeta
rappresenta la donna che piange, piange e dice:"Mio dolce amore,/non
t'hanno detto? non lo sai tu?/Io non son viva che nel tuo cuore.//Morta! Sì,
morta! Se tesso, tesso/per te soltanto; come, non so;/in questa tela, sotto il
cipresso,/accanto alfine ti dormirò".
Sentiamo H. Hesse:"Amore e voluttà gli parevano l'unica cosa che
potesse davvero scaldare la vita, e darle un valore (…) L'amore delle donne, il
gioco dei sessi stava per lui in cima a tutto e il fondo della sua frequente
tendenza alla malinconia e al disgusto aveva origine nell'esperienza di quanto
sia instabile e fugace la voluttà (…) Morte e voluttà erano una cosa sola"[16].
Dopo tante considerazioni per lo più
malevole sull'amore mi sento in dovere di mettere in guardia i giovani contro i
luoghi comuni, letterari e non, se essi non accrescono la vita. Autorizzo
questa mia avversione attraverso Seneca:"nulla res nos maioribus
malis implicat quam quod ad rumorem componimur " (De vita
beata , 1, 3), nessuna cosa ci avviluppa in mali maggiori che il fatto
di regolarci secondo il "si dice". Ci sono anche tovpoi assai nobili invero, ma
bisogna stare sempre attenti a non vivere "ad similitudinem "
invece che "ad rationem ", imitando piuttosto che
ragionando.
Una delle donne tristi di un romanzo
della Serrano, Floreana, domanda a un ragazzo che aspira a diventare uno
scrittore:" E perché non scrivi un romanzo d'amore"? E questo,
"l'Impertinente", risponde:"Per via dei luoghi comuni. Amore e
luoghi comuni, lo saprai bene anche tu, rischiano spesso di diventare sinonimi"[17].
Con questo lavoro cerchiamo di
analizzare molti luoghi sull'amore e di indagarne le cause.
Bologna 20 novembre 2020, ore 18, 43
giovanni ghiselli
p. s.
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[1]Il sabato del villaggio , 5.
[2]il nesso rose - viole si trova pure, forse non per caso, nel mazzolino
interstagionale de Il sabato del villaggio (v. 4:"un
mazzolin di rose e di viole" appunto, ) di Leopardi.
[3] Sinceramente.
[4]C. M. Bowra, La lirica greca da Alcmane a Simonide , p.
276.
[5] Alcesti, v. 150.
[6] Alcesti, v. 151.
[7] V. 151 già citato.
[8] M. Cacciari, L'arcipelago, pp. 52 - 53.
[9] Con ancora più forza è un'altra donna, Polissena nell'Ecuba di
Euripide, a rifiutare di apparire philòpsychos, amante della sola propria vita.
[10]. M. Cacciari, L'arcipelago, p 59.
[11] La letteratura italiana per
saggi storicamente disposti a cura di Mario Sansone *** Laterza, Bari 1961, p.
73
[12]Zibaldone , p. 527.
[13] Amore.
[14]Storia del genere umano .
[15] Del 1896
[16] Narciso e Boccadoro, p. 252.
[17] M. Serrano, L'albergo delle donne tristi , p. 162.
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