NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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lunedì 2 novembre 2020

Medea ha perduto Giasone però ha conservato la propria identità

Elisabetta Pozzi interpreta Medea al Teatro Greco di Siracusa
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Sentite l’incipit della Medea di Euripide recitato dalla nutrice di Medea

Cfr. Euripide, Medea, 1 - 15

 

Nutrice

Oh se lo scafo di Argo non fosse passato a volo attraverso

le cupe Simplegadi fino alla terra dei Colchi,

e nelle valli boscose del Pelio non fosse caduto mai

il pino reciso, e non avesse attrezzato di remi le mani

degli eroi eccellenti che andarono a cercare il vello

tutto d'oro per Pelia. Infatti la signora mia,

Medea, non avrebbe navigato verso le torri della terra di Iolco

sconvolta nel cuore dal desiderio di Giasone;

né, dopo avere convinto le figlie di Pelia ad ammazzare

il padre, sarebbe venuta ad abitare questa terra corinzia

con il marito e i figli, cercando di riuscire gradita

ai cittadini dei quali giunse alla terra in esilio

e, pur rimanendo se stessa, di convenire in tutto a Giasone; 13

authv te, pavnta xumfevrous j jIasoni

e questa appunto è la più grande salvezza:

quando la donna non sia in disaccordo con l'uomo. 15

La traduzione, come sempre, è mia. 

 

riferisco la mia traduzione con il verso chiave di questo blog in grassetto: Medea non è riuscita nel suo intento di evitare il disaccordo con Giasone e con i signori di Corinto dove si è recata in esilio perché ha voluto rimanere se stessa.

Raccomando a tutti voi che mi leggete e mi ascoltate di trovare, rispettare e potenziare l’identità, ciascuno la propria. Perdere la propria identità e accettarne una gregaria, andare non si dove si vuole personalmente andare ma dove si va, dove vanno i più come gli animali del gregge significa rinunciare alla propria umanità.

Autorizzo questa mia conclusione attraverso Seneca:"nulla res nos maioribus malis implicat quam quod ad rumorem componimur " (De vita beata , 1, 3), nessuna cosa ci avviluppa in mali maggiori del fatto di regolarci secondo il "si dice".

Essere se stessi è difficile, persino pericoloso, ma non diventare quello che si è significa non vivere la propria vita, bensì quella degli altri: “Nihil ergo magis praestandum est quam ne pecorum ritu sequamur antecedentium gregem, pergentes non quo eundum est sed quo itur[1], niente allora dobbiamo fare con cura maggiore che evitare di seguire il gregge di coloro i quali ci stanno davanti, alla alla maniera delle bestie, dirigendoci non dove dobbiamo andare ma dove si va. 

Bologna 2 novembre 2020 ore 18, 30. giovanni ghiselli

p.s

La mia lettera aperta al governatore Giovanni Toti messa sul blog meno di 24 ore fa ha ricevuto 206 approvazioni, 35 commenti e 20 condivisioni, mentre il destinatario non ha risposto. Naturalmente questo non toglie niente al sale della mi critica, anzi lo rende ancora più caustico.

p.p. s

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[1] Seneca, De vita beata, 1, 3.

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