sabato 14 novembre 2020

Riflessioni sull'"Eneide". 18. Didone si prepara a morire sulla spada che le ha donato Enea

officina di Peter Paul Rubens, La morte di Didone
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Il munus quod officii causa datur, il dono che si dà per un dovere, per svolgere un compito, come la spada di Ettore donata nell’Iliade ad Aiace che se ne servirà per uccidersi nella tragedia di Sofocle.

 

Didone dunque vuole spezzare la luce (v. 631: abrumpere lucem).

"At trepida et coeptis immanibus effera Dido,/sanguineam volvens aciem maculisque trementis/interfusa genas et pallida morte futura,/interiora domus inrumpit limina et altos /conscendit furibunda rogos ensemque recludit/Dardanium, non hos quaesitum munus in usus " (vv. 642 - 647), ma Didone, tremante e feroce per il mostruoso proposito, roteando gli occhi iniettati di sangue e chiazzata di macchie sulle guance frementi, e pallida per la morte vicina, si precipita nell'interno del palazzo, sale furibonda sull'alto rogo e snuda la spada di Enea, dono richiesto non per questo uso. - sanguineam… aciem: gli occhi sono sempre i primi significatori del male come del bene.

Leopardi osserva "che gli occhi sono la principal parte della sembianza umana, e tanto più belli quanto più notabili, e quindi quanto più vivi. E che in essi veramente si dipinge la vita e l'anima dell'uomo (e degli animali); e però quanto più son grandi, tanto maggiore apparisce realmente l'anima e la vitalità e la vita interna dell'animale (Zibaldone, 2548). - trementis (= trementes) genas: accusativo di relazione retto da interfusa. - morte futura: è la pestis futura di I 712 sempre più imminente, già dipinta sul volto della vittima pallida. - limina: lett. "le soglie", qui per sineddoche indica una parte del palazzo. - ensemque: un dono di Enea.

Nell'XI canto il figlio di Venere ricoprirà il corpo di Pallante con una delle due vesti che Didone, laeta laborum (v. 73) allietata da tale impegno, aveva trapunto d'oro per lui: "Si tratta semplicemente di un'ennesima variazione sul tema omerico e tragico del dono funesto, come è stato nel IV libro per la spada che fu munus di Enea a colei che doveva morirne? O non è piuttosto la maniera, stupendamente indiretta, che Virgilio ha trovato per stimolare la "memoria" del lettore, richiamandogli la concatenazione tragica dei destini, per cui il primo evento conteneva e presagiva il secondo, e presentandogli Enea nell'atto di riconoscere questa concatenazione e di accettarne tacitamente il peso?"[1].

 

La spada donata e impiegata per il suicidio risale all'Aiace di Sofocle dove il Telamonio si uccide con la spada ricevuta in dono da Ettore[2] dopo averla ricordata come e[cqiston belw'n (v. 658), la più odiosa tra le armi e avere citato il proverbio vero: che non sono doni i doni dei nemici e non sono vantaggiosi: "ajll j e[st j ajlhqh;" hj brotw`n paroimiva - ejcqrw'n a[dwra dw'ra kujk ojnhvsima" (v. 665).

In questo modo Virgilio ci riporta attraverso Sofocle a Omero. E' già il metodo mitico.

D'altra parte non è difficile individuare nella spada un simbolo fallico, sulle tracce di Freud: "Tutti gli oggetti allungati: bastoni, tronchi, ombrelli (per il modo di aprirli, che può essere paragonato all'erezione!) intendono rappresentare il membro maschile, così come tutte le armi lunghe e acuminate coltelli, pugnali, picche"[3]. A maggior ragione questa spada nata come segno d'amore.

Meno malizioso del mio il commento di Conte: "A conclusione di una serie di azioni dal ritmo serrato, viene ora il gesto di sguainare la spada appartenuta all'eroe troiano: il narratore puntualizza che si tratta di un dono dei momenti felici dell'amore (e che la notazione rivesta una qualche importanza ce lo dice già la cura formale del passo, dove un iperbato si accavalla a un'anastrofe in uno spazio davvero ristretto). Bene: noi sappiamo che in ogni racconto c'è una sorta di legge, quella della motivazione compositiva, per cui nessun oggetto deve rimanere inutilizzato e nessun episodio deve restare senza conseguenze: succede così che questo oggetto, regalato un tempo come segno d'amore, diventa ora - inevitabilmente - strumento di morte per chi lo ha ricevuto. E' il motivo dei doni fatali a chi li riceve, sviluppato dalla tragedia greca e però già noto in Omero: Aiace si uccide con la spada regalatagli da Ettore"[4]. - munus: è uno dei termini "derivati dalla radice *mei - 'dare in cambio'... In effetti, munus ha il senso di 'dovere, carica ufficiale'... Ma come associare l'idea di 'carica' espressa da munus con quella di 'scambio' indicata dalla radice? Festo[5] ci mette sulla strada definendo munus come "donum quod officii causa datur[6]." Si designano in effetti con munus, nei doveri del magistrato, gli spettacoli e i giochi. La nozione di 'scambio' vi è implicita"[7].

Didone si uccide conservando comunque il senso della propria grandezza poiché se non è possibile la felicità nella vita, per i magnanimi è sempre possibile, in una forma o in un'altra, la grandezza dell'eroismo: "Hic, postquam Iliacas vestes notumque cubile/conspexit, paulum lacrimis et mente morata/incubuitque toro dixitque novissima verba:"Dulces exuviae, dum fata deusque sinebat,/accipite hanc animam meque his exsolvite curis./Vixi et quem dederat cursum Fortuna peregi,/et nunc magna mei sub terras ibit imago " (vv. 648 - 654), Allora, come ebbe visto le vesti troiane e il ben noto letto nuziale, dopo avere indugiato un poco in lacrime e pensieri, si gettò distesa sul talamo e disse le ultime parole: "O care spoglie, finché il destino e un dio lo permettevano, accogliete quest'anima e liberatemi da questi affanni. Ho vissuto e compiuto il percorso che la Fortuna mi aveva assegnato, e ora, grande. l'ombra della mia persona andrà sotto terra. - cubile… toro: Si può riferire anche a Didone quanto scrive Steiner per Antigone: "piange non solo l'annientamento della sua giovane vita, ma l'annientamento dentro di sé di quelle altre vite future che solo una donna può generare. Se nelle simmetrie della condizione mortale esiste una controparte alla tomba, questa è rappresentata dal letto nuziale e dal letto puerperale (così spesso uniti nelle immagini e nelle metafore)."[8]. Magna ha valore predicativo.

 

Bologna 14 novembre 2020 otre 18, 33. giovanni ghiselli

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[1] M. Barchiesi, I moderni alla ricerca di Enea, p. 32.

[2] Cfr. Iliade, VII, 303 - xivfo" ajrgurovhlon - spada a borchie d’argento. In Iliade I, 190 la spada di Acchille è favsganon che con ajrgurovhlon sono parole documentate nel miceneo: myc. pakanaakuro.

[3]S. Freud, L'interpretazione dei sogni , p. 327.

[4] G. B. Conte, Scriptorium Classicum, 3, p. 275.

[5] Epitomatore del II - III secolo d. C. Ha riassunto il De verborum significatu , opera lessicale di Verrio Flacco, grammatico antiquario dell'età di Augusto, precettore dei nipoti del principe.

[6] Dono che si dà per un dovere.

[7] E. Benveniste, Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee, p. 71.

[8]G. Steiner, Le Antigoni , p. 270.

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