Versi 1446-1470.
Edipo prega Creonte di occuparsi della sepoltura di Giocasta, poi gli chiede di essere rimandato sul Citerone che i genitori gli avevano assegnato come tomba. Ora egli sa di essere sopravvissuto per grandi sciagure, ma non recalcitra più al destino: venga pure come vuole. Quindi raccomanda i figli: non i maschi che se la caveranno da soli, ma le femmine, vissute sempre a contatto con il padre, dunque bisognose di tutto. Tra Edipo, Antigone e Ismene c'è stata una comunione continua, quasi una simbiosi, e il cieco vorrebbe toccarle ancora, abbracciarle, piangere insieme con loro.
Edipo
v.1446.:"Certo, e ti raccomando, e a te mi rivolgo per il futuro,..."-ejpiskevptw: Edipo dà ancora una disposizione (cfr.v.252), ma lo fa senza avere raccolto né controbattere la malvagità del cognato; si rivolge al nuovo capo come un supplice che prega: cfr.prostrevyomai(futuro medio di prostrevpw) con provstropoi del v.41.
vv. 1447-1448.:"di quella che è in casa, disponi tu la sepoltura/
che credi: e infatti rettamente compirai le esequie per i tuoi;...
"-th'": Edipo non nomina Giocasta, come se temesse nuovi contatti impuri con lei.-qou': imperativo aoristo medio di tivqhmi nel senso di disporre.-ojrqw'": vengono in mente le non poche volte che è stato usato il verbo ojrqovw per significare l'auspicio di un raddrizzamento della vita; l'avverbio, riferito all'esecuzione di una sepoltura, mostra il fallimento della coppia reale detronizzata.
vv. 1449-1450."e quanto a me, che questa città del padre mio
non sia mai condannata ad avermi quale abitante vivo.
Edipo chiama Tebe la città del padre per cancellare il ricordo del regno del figlio, in quanto considera tutta la propria vita un accadimento sbagliato, da abradere. Del resto, come insegna Orwell in 1984 la storia è "un palinsesto grattato fino a non recare nessuna traccia della scrittura antica e quindi riscritto di nuovo tante volte quante necessario" (p. 44).
vv.1451-1453."Ma lascia che io abiti nei monti, dov'è questo celebrato/
mio Citerone che la madre e il padre,
quando erano vivi, mi imposero come tomba prestabilita
.-klh/zetai: rievoca con sarcasmo la celebrazione del "suo" (ouJmo;"= oJ ejmo;") Citerone compiuta nel terzo Stasimo.
Questo ricordo dell'altura che sovrasta Tebe con "grave giogo" è il ribaltamento dell'esultanza manifestata dal coro nell'ultimo canto lieto: là il monte era una località nutrice di vita (v.1093), un territorio di danze dionisiache (v.1094) portatrici di gioia (v. 1095); qui è il sepolcro prestabilito (kuvrion) per un neonato da due genitori assassini.-
v.1454.:"affinché io muoia per opera di quei due che volevano uccidermi".-ajpwlluvthn: imperfetto di conato, duale, da ajpovllumi. Edipo vuole compiere la volontà dei genitori defunti, come per riparare un torto fatto a loro sopravvivendo alla esposizione sulla montagna designata quale sua tomba.
vv.1455-1457."Eppure, questo per lo meno so, che né una malattia/
né alcun altro accidente può distruggermi; infatti mai/
sarei stato salvato sul punto di morte se non per qualche terribile sciagura".-Kaivtoi: corregge la precedente affermazione dicendo che non può morire come uno qualsiasi: se è stato sottratto a una morte decretata dai genitori, significa che gli deve toccare qualche cosa di straordinario. Terribili mali ha già fatto a se stesso e agli altri; ora deve affrontare l'uragano finale, e non ne ha paura. Egli ha rinunciato allo stolto orgoglio intellettuale, ma rimane fiero dei propri sentimenti non comuni, perfino dei patimenti, e, dunque, concorda con la volontà degli dei che glieli infliggono
v.1458.:"Ma il nostro destino , vada pure proprio dove va".-moi'r j(a): Edipo ricompone la frattura tra sé e il suo destino, divenendo egli stesso la propria Moira incoercibile.
vv. 1459-1461"E dei miei figli maschi, Creonte, non/
prenderti cura, sono uomini, sicché non
avranno mai penuria di mezzi di vita dove che siano;... Edipo esprime la sua inclinazione forte ed esclusiva per il mondo delle donne.
v.1461. G. Paduano (Sofocle, Tragedie e Frammenti, p.519) commenta il v.1461 in questo modo:"Dietro l'esattezza di questa frase, fondata sull'ovvio schema sociologico dell'autosufficienza del maschio, si nasconde un'assai meno ovvia esclusione dei figli maschi dal mondo affettivo di Edipo. Lo sconvolgimento dei suoi rapporti familiari non ha travolto ogni forma di tenerezza, ma ha inaridito e pervertito l'asse centrale del ghenos: la successione padre-figlio".
Vero è che due ragazze prive di genitori all'epoca avrebbero avuto difficoltà più grandi rispetto ai fratelli. A questo proposito si può considerare l'addio di Alcesti (vv.311-312) alla figlia per la quale prevede una vita da orfana più desolata di quella del figlio Eumelo:"kai; pai'" me;n a[rshn patevr& e[cei puvrgon mevgan,--su; d&, w'j tevknon moi, pw'" koreuqhvsh/ kalw";", e il figlio maschio ha nel padre un gran baluardo; ma tu, creatura mia, come passerai onestamente la tua età verginale?
Questa realtà effettuale però non toglie che il pensiero del cieco, sollecito verso Ismene e Antigone, trascuri Eteocle e Polinice i quali nell'Edipo a Colono (vv.1375 e sgg.) verranno addirittura maledetti dal padre. E. Fromm ne Il linguaggio dimenticato (p.195) sostiene che il tema ricorrente nella trilogia (presunta) Edipo re, Edipo a Colono, Antigone , è il conflitto padre-figlio.
v.1462.:"ma delle mie due ragazze disgraziate e degne di compassione... parqevnoin: l'amore paterno del cieco si indirizza tutto sulle femmine che sono nominate con termini patetici, pieni di compassione per la loro debolezza; quella di Antigone solo presunta, se pensiamo al dramma di cui è eponima.
vv.1463-1465.:"dalle quali mai la mia mensa del nutrimento
fu imbandita a parte, senza quest'uomo qui, ma di quante cose io
toccassi, di tutte queste erano sempre partecipi.
tou'd j ajndrov": parole accompagnate dal gesto di indicare se stesso; separazioni che vengono negate decisamente dal cieco; poi invece vengono affermati con forza due genitivi di contatto. Le bambine dunque sono rievocate nella loro vita quasi simbiotica con quella del padre
vv. 1466-1467."di loro abbimi cura; e soprattutto lascia
che io le tocchi con le mani e che piangiamo sui mali".-moi: dativo etico.-ceroi'n yau'sai: torna il verbo yauvw “tocco” -, con l'aggiunta delle mani, per sottolineare il contatto anche fisico con le figlie
vv.1468-1470:"Avanti, signore
avanti, o nobile per nascita e per carattere: se le prendessi con le mani/
mi sembrerebbe di averle, come quando vedevo".
I-qigw;n: è protasi participiale (aoristo di qiggavnw, ancora “tocco”) . La volontà di toccare è giustificata tanto da Edipo quanto dai commentatori con l'impossibilità di vedere. Certamente è espressa con un'insistenza ossessiva ed esprime l'attaccamento alle figlie di questo padre che pure quando ci vedeva, voleva averle(e[cein come proprie).
Pesaro primo agosto 2022 ore 22, 48
giovanni ghiselli
p. s
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