Laudatores e
obtrectatores della poesia di Virgilio.
L’eresia è una
“scelta” da rispettare e discutere. L’ortodossia una “retta opinione” che deve
essere considerata con spirito critico.
La logica dei
Greci era aperta al contrasto: Ares contro Ares e Dike contro Dike nelle Coefore di
Eschilo: [Arh" [Arei xumbalei', Divka/ Divka (v. 461)
Concluse le Argonautiche e
l’epica greca, tra due lezioni passerò all’epica latina: Virgilio, Lucano e
Stazio.
Vediamo dunque come presenterò il percorso latino che partirà da
Virgilio
Il latino verrà presentato e reso interessante attraverso il tema
amoroso, con i suoi aspetti topici e le parole chiave del sermo
amatorius (servitium amoris, domina, urere, ardor, vulnus, ulcus,
sagitta) usate dagli auctores più accrescitivi nei testi
più significativi.
Questo percorso attraversa diverse epoche e molti autori, greci,
latini e dell'Europa moderna. Tra questi è centrale Virgilio che con la sua
poesia raccoglie gran parte delle correnti culturali del mondo classico
anticipando non pochi aspetti della cultura europea moderna.
Sentiamo T. S. Eliot:" fra i grandi poeti greci e romani,
credo che andiamo massimamente debitori del nostro ideale di classicità a
Virgilio (…) La speciale natura della sua comprensività è dovuta alla
posizione, unica nella nostra storia, dell'Impero romano e della lingua latina:
una posizione che può dirsi conforme al suo fato. Questo senso del fato prende
coscienza di sé nell'Eneide. Lo stesso Enea è, dal principio alla
fine, una creatura del fato: un uomo che non è un avventuriero o un
intrigante, un vagabondo o un arrivista; un uomo che compie il proprio destino
non per forza o per decreto arbitrario - né certamente per brama di gloria - ma
sottomettendo la propria volontà a un potere più alto (…) e dal punto di
vista umano non è uno che sia felice o abbia successo. Ma è il simbolo di Roma,
e quello che è Enea per Roma, l'antica Roma è per l'Europa. Così Virgilio si
conquista la "centralità" del classico supremo; è lui il centro della
civiltà europea, in una posizione che nessun altro poeta può condividere o
usurpare"[1].
Eliot è, con Dante, uno dei più convinti laudatores moderni
del poeta mantovano, ed è un suo allievo ortodosso: in fondo il metodo mitico[2] è
praticato già da Virgilio, quando, come vedremo, attraverso Didone l'autore
dell'Eneide ripropone Medea, sia quella di Euripide, sia quella di
Apollonio Rodio.
Non mancano d'altra parte gli obtrectatores di cui
anche voglio dare conto per mettere a disposizione dello studente una critica
contrastiva dentro la quale gli sia possibile fare una scelta autonoma
attraverso un giudizio - krivsi"
- personale.
Parto dunque dalla stroncatura nauseata di Huysmans:
il protagonista di Controcorrente, Des Esseintes, dà giudizi
dissacratòri su alcuni classici usualmente celebrati come sommi e ribalta le
valutazioni canoniche, al punto che il giovane può magari trovare autorizzata
la sua antipatia per questo o quell'altro autore universalmente consacrato
dalla critica scolastica.
"Virgilio (…) gli appariva non solo uno dei
più esosi pedanti, ma anche uno dei più sinistri rompiscatole che
l'antichità abbia mai prodotto. I suoi pastori, usciti pur mo' dal bagno e
azzimati di tutto punto, che si scaricano a vicenda sul capo filastrocche di
versi sentenziosi e gelati; il suo Orfeo ch'egli paragona a un usignolo in
lacrime[3]; il
suo Aristeo che piagnucola per delle api; il suo Enea, questo personaggio
indeciso e ondeggiante che si muove come un'ombra cinese, con
mosse da marionetta".
Virgilio avrebbe per giunta compiuto "impudenti plagi[4] di cui fan le spese Omero, Teocrito, Ennio, Lucrezio";
la metrica sarebbe stata "tolta in prestito alla perfezionata officina di
Catullo". In conclusione: "quella miseria dell'epiteto omerico che
torna ogni momento e non dice nulla, non evoca nulla; tutto quell'indigente
vocabolario sordo e piatto, lo mettevano alla tortura"[5].
Robert Graves nel suo pamphlet antivirgiliano[6] presenta
l'autore dell'Eneide " come l'antipoeta per eccellenza,
seguace di Apollo (non di Dioniso) nel costruire un poema come gioco di alta
matematica letteraria e politica"[7].
Non è detto però che la matematica, quella alta in particolare, sia
in contrasto con la poesia: E.Pound[8] ha
scoperto il correlativo oggettivo scrivendo:"Poetry
is a sort of inspired mathematics, which gives us equations, not for abstract
figures, triangles, spheres, and the like, but equations for the human emotions "[9], la
poesia è una specie di matematica ispirata che ci dà equazioni non per
figure astratte, triangoli, sfere, e simili, ma equazioni per le emozioni
umane.
Nemmeno Pound d'altra parte si trova tra i laudatores,
anzi: "negli anni più crudi del primo conflitto mondiale il canone di
Pound escludeva seccamente Virgilio epico, e questi sono appunto gli anni del
primo incontro con Eliot e del sodalizio con Yeats (traducendo rinuncio alle
sfumature dialettali del testo inglese):"L'abisso che esiste fra Omero e
Virgilio, fra Ulisse ed Enea, può venire illustrato in termini profani da
uno degli aneddoti preferiti di Yeats[10]. Un
semplice marinaio si mette in mente di studiare latino; si rivolge a un maestro
e questi lo avvia all'Eneide. Dopo molte lezioni, il maestro fa una
domanda riguardante l'eroe del poema. Il marinaio dice:"Quale eroe?"
E il maestro: "Ma come? Enea, maturalmente, l'eroe". E il
marinaio;"Cosa, un eroe? Lui un eroe? Diavolo, credevo che fosse un prete"
(E. Pound, ABC of Reading, London 1961, p. 44)"[11].
La libertà e gli autori dell’età imperiale
Per quanto riguarda la libertà e il
servilismo, sentiamo Leopardi : “ Le Filippiche di
Cicerone , contengono l’ultima voce romana, sono l’ultimo monumento della
libertà antica, le ultime carte dov’ella sia difesa e predicata apertamente e
senza sospetto ai contemporanei. D’allora in poi la libertà non fu più oggetto
di culto pubblico, né delle lodi e insinuazioni degli scrittori (…) E infatti
colla libertà romana spirò per sempre la libertà delle nazioni civilizzate.
Quelli che vennero dopo, la celebrarono nel passato come un bene, la
biasimarono e detestarono nel presente come un male. I suoi fautori antichi
furono esaltati nelle storie, nelle orazioni, nei versi, come Eroi: i moderni
biasimati ed esecrati come traditori (Zibaldone,
459 )
Se non altro non si potè più né lodare né
insinuare e inculcare la libertà ai contemporanei espressamente, e la libertà
non fu più un nome pronunziabile con lode, riguardo al presente e al moderno.
Quando anche non tutti si macchiassero della vile adulazione di Velleio, e
Livio fosse considerato come Pompeiano nella sua storia, e sieno celebrati i
sensi generosi di Tacito, ec. Ma neppur egli troverete che, sebbene condanna la
tirannia, lodi mai la libertà in persona propria[12]. Dei
poeti, come Virgilio, Orazio, Ovidio non discorro. Adulatori per lo più de’
tiranni presenti, sebbene lodatore degli antichi repubblicani.
Il più libero è Lucano” (Zibaldone 463).
Leopardi dice di preferire Achille a Enea che è privo di difetti,
ossia troppo perfetto. E trova Omero altrettanto superiore a Virgilio.
"Omero ha fatto Achille infinitamente
men bello di quello che poteva farlo(...) e noi proviamo che ci piace più
Achille che Enea ec. onde è falso anche che quello di Virgilio sia maggior
poema ec." ( Zibaldone,
2).
A pagina 471 leggiamo:"L'eroismo e la
perfezione sono cose contraddittorie. Ogni eroe è imperfetto. Tali erano gli
eroi antichi (i moderni non ne hanno); tali ce li dipingono gli antichi poeti
ec. tale era l'idea ch'essi avevano del carattere eroico; al contrario di
Virgilio, del Tasso ec. tanto meno perfetti, quanto più perfetti sono i loro eroi,
ed anche i loro poemi".
La
pia ipocrisia di Enea eroe di regime
Una rilettura del
personaggio virgiliano dall’abbandono di Didone al mito di Augusto
di Gustavo
Zagrebelsky “la Repubblica” 14.5.15
SIAMO sinceri!
Enea non ci piace. Se dovessimo fare una graduatoria tra i personaggi
dell’epopea troiana, in cima metteremmo probabilmente non lo spocchioso
Achille, ma “il domator di cavalli Ettorre” dell’ Iliade.
In fondo alla graduatoria, metteremmo proprio Enea il “pio”. In mezzo, l’astuto
e inquieto Ulisse. Questo nostro atteggiamento ci dice che sono mutati i
paradigmi. Ciò che piaceva allora, oggi infastidisce
E, in primo luogo, non
ci piace la poesia al servizio del potere. Neppure Virgilio, infatti, ci è
mai troppo piaciuto, perché fece della sua arte strumento di persuasione
politica. Scrive bene, è levigato.
Ma non riusciamo a
dimenticare che è stato un poeta di regime, stipendiato dal committente
interessato a farsi tessere panegirici «di natura quasi mussoliniana»
(Canfora). Il suo eroe letterario è Enea, ma l’eroe politico è Augusto, il
destinatario del mito. Instauratore il primo; restauratore, il secondo, dopo i
torbidi delle guerre civili e il disfacimento della Repubblica. Non una
poesia civile, ma una poesia interessata, dunque, e, perciò malsana”.
Una reputazione consolidata di pietas può
essere criticata, o derisa.
Come da Ovidio riguardo alla fama del pius Enea.
"Tra gli amanti infedeli è menzionato Enea, che causò la morte di Didone;
e tuttavia egli “famam
pietatis habet “ (Ars
III 39): giocosa polemica con Virgilio che aveva giustificato il suo pio eroe"[13]. Nel
proemio dell'Eneide[14] in
effetti Virgilio domanda con meraviglia:"Musa, mihi causas memora, quo
numine laeso,/quidve dolens regina deum tot volvere casus/insignem pietate virum,
tot adire labores/impulerit. Tantaene animis caelestibus irae?" (vv,
8 - 11), o Musa, dimmi le ragioni, per quale offesa volontà divina, o di che
cosa dolendosi la regina degli dèi abbia spinto un uomo insigne per la
devozione a passare per tante peripezie, ad affrontare tante fatiche. Così
grandi sono le ire nell'animo dei celesti?
Ebbene Ovidio trova la ragione delle grandi ire
divine: dopo avere affermato che gli uomini ingannano spesso, più spesso delle
tenere fanciulle (saepe viri fallunt, tenerae non saepe puellae, Ars,
III, 31) il poeta aggiunge Enea al duetto dei seduttori perfidi, il fallax
Iaso (Ars, III, 33) e Teseo[15]:
"et famam pietatis habet, tamen hospes et ensem[16]/praebuit
et causam mortis, Elissa, tuae" (Ars, III, 39 - 40), ha la
nomèa di uomo pio, tuttavia da ospite ti offrì la spada e il motivo della morte
tua, Elissa.
In A
midsummer - night’s dream Hermia accoglie questa interpretazione di
Enea e lo menziona come amante infido: “when
the false Troyan under sail was seen” (I, 1), quando il Troiano falso fu
visto alzare la vela.
A proposito della superiorità di Omero su
Virgilio, vediamo anche l'Estetica
di Hegel:" Per citare un altro paio di esempi, ricordiamo l'episodio
tragico di Didone, che è di colore così moderno da spingere Tasso ad imitarlo,
anzi a tradurlo in parte letteralmente, e da suscitare ancor oggi l'ammirazione
dei francesi. E tuttavia che differenza con l'umana ingenuità, verità e
spontaneità degli episodi di Circe e Calipso![17] Lo
stesso si può dire della discesa di Ulisse nell'Ade. Questa oscura e
crepuscolare dimora delle ombre appare in una nube tetra, in una mescolanza di
fantasia e realtà, che ci incanta e stupisce. Omero non fa scendere il suo eroe
in un mondo sotterraneo bello e pronto; ma Odisseo stesso scava una fossa, in
cui versa il sangue dell'ariete che ha ucciso, poi invoca le ombre che sono
costrette ad affollarsi intorno a lui ed egli chiama le une a bere il sangue
vivificante, perché gli parlino e gli possano dare notizie, mentre scaccia con
la spada le altre che si affollano intorno a lui assetate di vita. Tutto accade
qui in modo vivo ad opera dell'eroe stesso, che non si comporta umilmente come
Enea o Dante. In Virgilio invece Enea discende ordinatamente agli Inferi, e le
scale, Cerbero, Tantalo e tutto il resto acquistano l'aspetto di una casa ben
tenuta, come in un freddo manuale di mitologia"[18].
All'interno del nostro percorso incontreremo alcune
altre valutazioni negative della figura di Enea, insieme con diverse positive.
La critica però va letta dopo i testi[19] dei
quali presenterò un'ampia scelta.
giovanni ghiselli
[1] T. S. Eliot, Che cos'è un classico? , p. 973
[2] In una famosa recensione all'Ulisse di Joyce (Ulysse, Order and Myth , "The Dial", nov. 1923.) T. S. Eliot definiva il metodo mitico, in opposizione a quello narrativo, come il modo di controllare, di dare una forma e un significato all'immenso panorama di futilità e anarchia che è la storia contemporanea. "Instead of narrative method, we may now use the mythical method ", invece del metodo narrativo possiamo ora avvalerci del metodo mitico.
Alla
fine di The Waste Land La terra desolata, del 1922., Eliot afferma:"These fragments I have shored
against my ruins" (v. 430), con questi frammenti ho puntellato le mie
rovine
[3] Cfr. Georgica IV: "qualis
populeā maerens philomēla sub umbra/amissos queritur fetus… " ( vv.
511 - 512), quale l'usignolo addolorato, sotto l'ombra del pioppo, lamenta le
creature perdute.
[4]Robert Musil (1880 - 1942) attraverso il suo protagonista Ulrich, il
quale gioca sempre al ribasso, parla ironicamente di una "catena
di plagi" (L'uomo senza
qualità ,
p. 270.) che lega le grandi figure
del mondo artistico l'una all'altra.
[5] Huysmans, Controcorrente, p.
42 ss.
[6] The White
Goddess: A Historical Grammar of Poetic Myth, London 1948.
[7] M. Barchiesi, I moderni alla
ricerca di Enea, p. 15.
[8] "Il miglior fabbro", secondo T. S. Eliot.[9]The Spirit of Romance , Londra, 1910, p. 5.
[10] 1865 - 1939.
[11] M. Barchiesi, I moderni alla ricerca di Enea,p.18.[12] Infatti: omnem potentiam ad unum conferri pacis interfuit (Hist.I, 1), fu utile alla pace che tutto il potere venisse riunito in una sola persona. Ndr.
[13] A. La Penna, Fra
teatro, poesia e politica romana , p. 189.
[14] Scritta fra il 29 e il 19 a. C.
[15] Tanto perfido questo che, se fosse
dipeso da lui, Arianna avrebbe nutrito gli uccelli marini (Ars,
III, 35 - 36). La Fedra di Seneca entrando in scena, afferma che la fedeltà di
Teseo è quella di sempre: “stupra
et illicitos toros/Acheronte in imo quaerit Hippolyti pater” ( Fedra,
vv. 97 - 98), cerca adulterii e letti illegittimi il padre di Ippolito in fondo
all’Acheronte. Interessante è la versione dell’Odissea (11,
324 - 325) : Artemide uccise Arianna in Dia in seguito alle accuse di Dioniso
abbandonato per Teseo che comunque rimane il seduttore principe.
[16] Spada lasciata da Enea ( Eneide,
IV, 507) e impiegata quale dono funesto (non hos quaesitum munus in usus., Eneide,
IV, 647, dono richiesto non per questo uso.
[17]Voglio fare allo studente - lettore un
esempio di semplicità "verità e spontaneità" che ha sempre colpito i
miei studenti - uditori (del resto dopo l'Edipo
re sono andato a parlare in diversi licei e non pochi lettori mi hanno
ascoltato, con una regressione, si fa per dire, alla fase aurale). Nel V libro
dell' Odissea
dunque Ulisse, che convive con Calipso nell'isola di Ogigia, piange in
continuazione sospirando il ritorno. Immaginate le chiacchiere che ci farebbe
sopra un moderno, psicologo, romanziere o azzeccagarbugli di qualsiasi
parrocchia. Omero usa quattro parole per indicare la causa più plausibile e
vera in questo tristissimo caso, non infrequente, di frequentazione
obbligatoria:"ejpei;
oujkevti hJvndane nuvmfh" (v. 153),
piangeva poiché la ninfa non gli piaceva più. Punto e basta.
[18]G. W. F. Hegel, Estetica , pp. 1422 - 1423.[19] Volvendi enim sunt libri, (Cicerone, Brutus, 298) i libri dobbiamo leggerli veramente, per non finire travolti dall'onda qualunquistica del didattichese applicabile nello stesso modo a qualsiasi materia.