NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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sabato 3 ottobre 2020

Debrecen 1979. 50. La bambina bruna e la mamma. Il tappeto di porpora

antica scrittura ungherese

Andai a sedermi al tavolo dove ero stato  con le  tre  finniche: Helena, Kaisa, Päivi in tre anni già allora parecchio lontani, anche l’ultimo. Ricordarle mi spingeva a scrivere. Erano state loro le prime a scoprire il mio valore e a farlo riconoscere a me: ogni cosa buona che ho fatto la devo a loro. Con l’aiuto che mi veniva dal ricordo del bene ricevuto da quelle tre finlandesi fatidiche trovavo la forza di rifiutare chiunque volesse svalutarmi e avvilirmi.

Dunque scrissi: “Dopo non avere degnato di una risposta le mie suppliche ed essere venuta meno a una promessa inviata rapidamente con un telegramma e già troppo a lungo non mantenuta, Ifigenia nihil iam putabit esse nefas nei miei confronti: crederà di poter infliggermi qualunque torto, menzogna e umiliazione”. Cercavo le parole forti e atte a deprecare tale sciagura quando una bambina bruna bruna di sette-otto anni che si trovava seduta su una panca contigua mi domandò perché non scrivessi in ungherese.

“Perché non lo so fare - risposi - conosco poche parole nella tua lingua”

“Per esempio?”

“Queste che sto dicendo a te.”

“E poi?”

“Sei molto bellina. Come ti chiami?”

“Sarolta[1]. E tu?”

“gianni, Jáno".”

La mamma seduta di fianco alla figlia intervenne: “Sarolta, ringrazia il signore e lascialo scrivere”

Allora la bambina disse, riempiendomi il cuore di gioia: “sei carino anche tu”.

“Grazie creatura”. Poi aggiunsi: “complimenti signora per questa bella bambina. Non c’è dubbio che sia sua figlia. Talis mater”. Quindi le lasciai in pace.

“Ecco - pensavo - la mia compagna ideale dovrebbe essere ingenua e diretta come questa cittina. Le finniche un po’ primitive, pure se colte, si avvicinavano a questo modello. Con loro avevo potuto parlare senza infingimenti. Dopo altri cinque anni di gioco di scacchi o di carte, insomma di bluff, con le amanti, le colleghe, i colleghi, i presidi e così via, non ne posso più di finzioni.

Perché quella non scrive? Come puoi avere ancora dei dubbi? Perché non ti ama. Allora se non sei un budello, se sei un uomo umano con te stesso devi disprezzarla e rigettarla. Già senti la nausea. Mettiti un dito in gola, l’indice, e vomitala tutta”.

Uscìi dalla csárda. Il sole si era avvicinato tanto alla strada di Eger da trasformarla in un tappeto di porpora. Una guida verso l’eternità dell’arte o la via dolorosa verso una morte straziante? Mi sovvenne il sire Agamennone[2].


Bologna 3 ottobre 2020 ore 12, 15

giovanni ghiselli


p. s. Ora basta leggere e scrivere, satis. Via in bicicletta su e giù per i colli. Altrimenti mangiare sarebbe u{bri". Per giunta nessuno potrebbe più trovarmi carino. Nemmeno decente. Io poi troverei immondo me stesso.

 



[1] Carlotta

[2] Cfr. Eschilo, Agamennone, 910: “porfurovstrwto" povro"

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