NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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sabato 3 ottobre 2020

Le figure femminili nei poemi epici greci e latini. III. Elena


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Elena nell’Iliade con cenni a questa donna in tre tragedie di Euripide sulle quali ho pronti lunghi percorsi e la traduzione completa dell’Oreste

Se mi arriveranno richieste di raccontare questi miei lavori durante il corso o di inviarli, ovviamente le esaudirò.

Elena nel III canto dell’Iliade rappresenta al suo apparire la bellezza in sé (kalo;n autov).

La sua avvenenza colpisce i vecchi compagni di Priamo che per l’età avevano smesso la guerra ma erano ajgorhtai; - esqloiv (III, 150 - 151) oratori abili, simili alle cicale tettivgessin rjoikovte" che nel bosco stando su una pianta mandano voce di giglio (151 - 152).

Ebbene questi anziani, come la vedono, dicono che non è nevmesi~[1], (v. 156) non è motivo di sdegno che per una donna siffatta tanti uomini soffrano a lungo dolori: terribilmente somiglia alle dèe immortali a vederla.

 

Tuttavia il prezzo di quella visione è troppo alto, quindi i vecchi aggiungono; “ma anche così, vada via sulle navi: non rimanga a Troia quale ph`ma (sciagura, danno v. 160) per noi e per i nostri figli.

Però Priamo, più coraggioso[2] e più affascinato degli altri, la protegge: le chiede di sedersi vicino a lui, poiché non lei è colpevole ma gli dei sono colpevoli (qeoi; ai[tioi, v, 164): sono stati loro a muovere la funesta guerra dei Danai.

 

La guerra voluta dagli dèi in tre tragedie di Euripide

Nell'Elena [3](vv. 37 - 40) e nell'Oreste[4] (vv. 1640 - 1642) Euripide afferma che la guerra è un mezzo voluto dagli dèi per alleggerire il mondo oberato dalla massa troppo numerosa dei mortali.

Tale giudizio contro la guerra si trova anche alla fine dell’Elettra euripidea, quando Castore annuncia a Oreste che Elena sta arrivando, insieme con Menelao, dall'Egitto, dalla casa di Proteo, poiché a Troia non è mai andata, “Zeu;~ d j, wJ" e[ri" gevnoito kai; fovno" brotw'n, - ei[dwlon JElevnh~ ejxevpemy j ej~ [Ilion ” ( Elettra, vv. 1282 - 1283), ma Zeus mandò a Ilio un'immagine (ei[dwlon) di lei, affinché ci fosse guerra e strage dei mortali.

  

Nell’Iliade Elena del resto è per lo più una pentita: “fossì morta prima” (wJ~ pri;n w[fellon ojlevsqai , XXIV, 764) è il lamento che le sale dalle labbra durante il funerale di Ettore.

Con la morte dell’eroe troiano la guerra va male per la città assediata e la bella donna non perdona l’insuccesso: quello di Paride, ma anche il proprio.

La figlia di Leda accusa se stessa davanti a Ettore, soprattutto per la scelta sbagliata che ha fatto: io ho avuto sciagure ma almeno fossi stata in seguito la moglie di un uomo migliore (ajndro;~ e[peit j w[fellon ajmeivnono~ ei\nai a[koiti~ , VI, 350) che sentisse l’indignazione e le molte onte degli uomini.

Ma questo[5] non ha cuore saldo (frevne~ e[mpedoi, 352) né l’avrà in seguito[6]

Elena a tratti disprezza Paride, mentre stima Ettore e prova affetto per lui.

Nel compianto funebre dice che solo quel cognato e Priamo, il suocero, eJkurov~ furono buoni con lei, mentre gli altri cognati e le cognate e pure la suocera hJ eJkurhv, la rimbrottavano (XXIV, 770).

Più avanti vedremo quali aspetti assume la maliarda in altre opere. Elena, come una parola del vocabolario, e, al pari di altri personaggi del mito, assume significati diversi in diversi contesti.

 

Bologna 3 ottobre 2020 ore 11, 20.

giovanni ghiselli



[1] Il pittore Zeusi (V - IV sec.) dopo averla dipinta per il tempio di Giunone non aspettò il giudizio della critica, ma scrisse sulla tela ouj nevmesi~.

[2] Non solo la guerra ma anche la bellezza può fare paura.

Leopardi, quando tratta di bellezza nello Zibaldone (pp. 3443 - 3444), riporta questi della Canzone XIV di Petrarca ( Rime , CXXVI, 53 - 55):

"Quante volte diss'io allor pien di spavento

Costei per fermo nacque in paradiso!"

Quindi fa seguire un commento relativo alla paura suscitata dalla bellezza:" E' proprio dell'impressione che fa la bellezza...su quelli d'altro sesso che la veggono o l'ascoltano o l'avvicinano, lo spaventare, e questo si è quasi il principale e il più sensibile effetto ch'ella produce a prima giunta, o quello che più si distingue e si nota e risalta."

 [3] Del 412 a. C.

[4] Del 408 a. C.

[5] Paride.

[6] Nel III libro Afrodite aveva sottratto Paride alla furia di Menelao che stava per ucciderlo. Il perdente si era salvato dunque con una fuga vergognosa secondo la morale degli eroi i cui motti sono “non cedere” e “primeggiare sempre”.

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