Già docente di latino e greco nei Licei Rambaldi di Imola, Minghetti e Galvani di Bologna, docente a contratto nelle università di Bologna, Bolzano-Bressanone e Urbino. Collaboratore di vari quotidiani tra cui "la Repubblica" e "il Fatto quotidiano", autore di traduzioni e commenti di classici (Edipo re, Antigone di Sofocle; Medea, Baccanti di Euripide; Omero, Storiografi greci, Satyricon) per diversi editori (Loffredo, Cappelli, Canova)
NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica
Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica
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giovedì 2 settembre 2021
Aristofane, le Vespe 9.
Scoppia un parapiglia tra i due schieramenti mentre Filocleone cerca di scappare.
Il coro lamenta i molti terribili mali insiti nella vecchiaia- poll’ e[nesti deina; kaka; tw`/ ghra/ (441): il vecchio viene trattato dal figlio e dai suoi servi senza alcuna gratitudine.
Il rimprovero per l’ingratitudine lo abbiamo già visto nelle Nuvole sempre rivolto al figlio che non ricorda i benefici avuti dal padre.
Excursus sul disvalore dell’ingratitudine
Nella Ciropedia di Senofonte leggiamo che un motivo serio di punizione e disonore presso i Persiani è l'ingratitudine (ajcaristiva):"kai; o}n a]n gnw'si dunavmenon me;n cavrin ajpodidovnai, mh; ajpodidovnta dev, kolavzousi kai; tou'ton ijscurw'". Oi[ontai ga;r tou;" ajcarivstou" kai; peri; qeou;" a]n mavlista ajmelw'" e[cein kai; peri; goneva" kai; patrivda kai; fivlou""(I, 2, 7), e quello di cui sanno che potendo contraccambiare un favore, non lo contraccambia, lo puniscono severamente. Credono infatti che gli ingrati trascurino completamente gli dei, i genitori, la patria e gli amici.
" Esiste per i giovani una specie di tribunale, analogo a quello dei Greci per gli adulti, innanzi al quale essi possono portare reclami e accuse di furto, rapina, violenza, frode e oltaggio. I colpevoli vengono puniti conforme alla legge; allo stesso modo è anche punito l’accusatore dell’innocente. Come cosa caratteristica dei Persiani Senofonte rileva che l'ingratitudine è severamente punita in questo tribunale, in quanto essa appare come origine dell'impudenza e pertanto di ogni malvagità" .
Ammiano Marcellino descrive i costumi dei Persiani e dice che da loro le leggi sono rispettate e che sono particolarmente severe quelle “contra ingratos et desertores” (26, 6, 81).
Nei Memorabili , Socrate fa notare al figlio Lamprocle che particolarmente grave è considerata ad Atene l'ingratitudine verso i genitori, e per questa mancanza di riconoscenza sono previste delle pene: uno non può essere arconte in caso di ingratitudine poiché ejn tai'~ tw'n ajrcovntwn dokimasivai~ , nell’esame per accedere alle cariche pubbliche la città indaga anche su questo: se uno non tiene in ordine le tombe dei genitori (II, 2, 13).
L'ingratitudine è biasimata come vizio capitale già da Penelope saggia ( "perivfrwn") quando rimprovera gli Itacesi dicendo all'araldo:"ajll& oJ me;n uJmevtero" qumo;" kai; ajeikeva e[rga-faivnetai, oudev tiv" ejsti cavri" metovpisq j eujergevwn"( Odissea , IV, 694-695), l’ animo vostro e le azioni sconce sono evidenti, e non c'è più gratitudine alcuna in seguito ai benefici.
L'ingratitudine è il marchio della persona volgare: Nietzsche nel 1864 (a vent'anni) scrisse una Dissertazione su Teognide di Megara simpatizzando con le teorie del lirico antico. Lo colpì fortemente il biasimo espresso per l'ingratitudine dell'animo plebeo:"Teognide ritiene che non c'è niente di più vano e di più inutile che fare bene ad un plebeo, dal momento che di solito non ringrazia mai” .
Quindi cita alcuni versi della Silloge (105-112) che riporto in traduzione mia :
"E' un favore del tutto vano fare del bene ai vili:/è come seminare la superficie del mare canuto./Infatti seminando il mare, non mieti folta messe,/né facendo del bene ai malvagi puoi riceverne bene in cambio:/ché i malvagi hanno mente insaziabile: se tu sbagli,/l'affetto per tutti i favori di prima si versa per terra./I buoni invece gustano al massimo quanto ricevono ("oiJ d&ajgaqoi; to; mevgiston ejpaurivskousi paqovnte"", v. 111),/e serbano memoria dei beni e gratitudine in seguito".
La gratitudine fa parte della morale della reciprocità: “giovare agli amici e danneggiare i nemici sono le due facce della morale della reciprocità, che discende dalla cultura arcaica (a partire da Esiodo, Op. 353-4 to;n filevonta filei`n kai; tw`/ prosiovnti prosei`nai-kai; dovmen o{~ ken dw`/ kai; mh; dovmen o{~ ken mh; dw`/, “ amare chi ti ama e stare con chi ti cerca, e dare a chi dà e non dare a chi non dà”) ed è ancora perfettamente operante nella mentalità tradiziona ateniese (p. es. Senofonte, Mem. II 6, 35)” .
Cicerone nel De officiis scrive: “nullum enim officium referenda gratia magis necessarium est” (I, 47), nessun dovere è più necessario della gratitudine. Quindi: “non reddere viro bono non licet” (I, 48), all’uomo onesto non è consentito non ricambiare.
Catullo lamenta l’ingratitudine generale: “omnia sunt ingrata. Nihil fecisse benigne./immo etiam taedet, taedet obestque magis” (73, 3-4), tutto è ingratitudine. Avere fatto del bene è uguale a nulla. Anzi dà fastidio, dà fastidio e fa più male che bene.
Nella commedia pastorale As you like it (1599) di Shakespeare il nobile musico Amiens rifugiatosi con il suo duca spodestato nella foresta di Arden, canta: “Blow, blow, thou winter wind,-Thou art not so unkind-As man’s ingratitude.-Thy tooth is not so keen,-Because thou art not seen-Although thy breath be rude-…Freeze, freeze, thou bitter sky-That dost not bit so nigh-As benefits forgot” (II, 7), soffia, soffia, tu vento d’inverno, tu non sei tanto scortese, quanto l’ingratitudine umana. Il tuo dente non è tanto aguzzo perché non ti si vede, anche se il tuo fiato è aspro…Gela, gela, tu amaro cielo, che non mordi così dentro quanto i benefici scordati.
Ancora Shakespeare nel Timone d’Atene: “O see the monstrousness of man/when he looks out in an ungrateful shape” (III, 2), guarda la mostruosità dell’uomo, quando si mostra ingrato.
Fine excursus
Filocleone cerca di spaventare i servi ricordando le punizioni che inflisse quando rubavano: ne sorprese uno klevptonta tou;" bovtru" 449 che rubava i grappoli e trascinatoli fino all’olivo lo scorticò bene e virilmente-ejxevdeir j eu\ kajndrikw`" (450) al punto da renderlo invidiabile. Sembra alludere a qualche tortura di tipo sessuale magari dolce- amara, cioè mista di dolore e piacere. Infatti gli dà dell’ajcavristo" (451), ingrato.
Anche i coreuti minacciano i carcerieri avvertendo che il loro carattere è quello di uomini inflessibili e giusti con uno sguardo feroce trovpo" oxuquvmwn kai; dikaivwn kai; blevponta kavrdama (455) . Dopo tutto sono dei giudici-kavrdamon è il nasturzio o crescione una pianta erbacea dalle foglie di sapore piccante
Schifacleone esorta il servo Xantia a investire le vespe con molto fumo- su; tu`fe pollw`/ tw`/ kapnw`/ (458). Per fare il fumo può bruciare un tale: Eschine detto Fumo. Uno dei tanti farmakoiv nominati da Aristofane per compiacere il pubblico che probabilmente li trovava buffi e li canzonava come facevamo qui a Pesaro noi “squizzi”, ragazzini degli anni Cinquanta con lo scemo del paese.
Anche con un poco di affetto: per Grugìn o Ciclòn ad esempio. I vecchi pesaresi li ricordano di sicuro.
Il Coro propone il pericolo della tirannide incarnato da Aminia canaglia e zazzeruto già nominato al v. 74. Era un nemico della democrazia.
Bdelicleone propone un dialogo a[neu mavch" kai; th`" katoxeiva" boh`" (471) senza rissa e senza strilli acuti. Mi vengono in mente personaggi aggressivi e volgari come Sgarbi e Giordano, l’iper e l’ipovirile
Pesaro 2 settembre 2021 ore 11, 07
giovanni ghiselli
p. s
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