mercoledì 12 agosto 2020

Debrecen 1979. 15. Il farfallone amoroso

dal film Gelosia di P. Germi
Il demone  che nega[1] e tenta, non senza ragione.

Nell’intervallo andai a bere il caffè, non con Ifigenia purtroppo che villeggiava sul mare Adriatico, ma con Alfredo che sedeva vicino a me nel banco dei vecchi studenti, o studenti pensionati, come ci chiamavano i giovani del  ’79, non senza ragione. Mentre camminavamo nei corridoi lunghi in direzione del bar situato vicino all’ingresso, Alfredo propose: “amico mio, perché non ci diamo da fare con un paio di finniche delle quali tu hai, se non sbaglio, tante belle esperienze?
Lo guardai con aria di scherzosa riprovazione e canticchiai “Sempre andrai farfallone amoroso,/ notte e giorno d’intorno girando,/ delle belle turbando il riposo,/ narcisetto adoncino d’amor[2].

Poi, assunta una faccia quasi severa, risposi: “No, amico carissimo, scusami ma quest’anno non voglio: ho promesso la mia fedeltà a una donna splendida, quella collega giovane che hai conosciuto. Non hai visto com’è ben fatta ? A parte il discorso morale, non voglio rischiare di perdere una relazione seria con tale bellezza per un’avventura mensile. Non sarebbe utile oltre non essere onesto”.

“Ma va’ là” ribatte quel demone. “Non ricominciare a fare il fighetto. Ora  vuoi fare il fighetto morale. In un modo o in un altro tu vuoi distinguerti sempre: qui tutti tradiscono! Le donne prima e più volentieri degli uomini! E Ifigenia, cosa credi che faccia? Dov’è in questi giorni?”.

“A Rimini”, gli ricordai.

“Ah, già. Me l’hai detto. A Rimini ci sono più maschi puntatori che gocce d’acqua nel mare. La città di Fellini è un circo più popolato, incasinato e frenetico di Debrecen. A parte Rimini poi, una volta che venni a trovarti nel vostro liceo, ho visto la tua donna, una bellona senza dubbio, però abbracciata con un giovane uomo. Allora non te lo dissi perché pensavo che nemmeno tu le fossi fedele. Sei matto? Ti piacciono le svergognate? Quella era proprio avvinghiata al ganzo suo. “Son qui tra le tue braccia ancor,  avvinta come l’edera”, cantava Nilla Pizzi, quando eravamo bambini. Ora non lo siamo più e tu non puoi vedere il tutto nel nulla”.

“Tu vedi il nulla nel tutto di Ifigenia”, replicai ricordando Leopardi[3].

Ma aveva ragione l’amico, ora purtroppo defunto da tempo e sempre rimpianto.

Quel giorno di primavera Ifigenia si era accorta di essere stata osservata e, immaginando che sarebbe stata denunciata, prevenne il delatore e mi raccontò quell’episodio, spiegandomi che l’uomo era un suo amico d’infanzia un po’ strambo, un conducente di autoambulanze. Avevo avuto il sospetto di essere stato ingannato, ma poi l’avevo rimosso. Non ricordo se l’avevo superato del tutto.

Comunque risposi: “Lo so, Alfredo caro, lo so: me l’ha detto lei stessa. Quello è un suo amico. Quanto al casino di Rimini, se Ifigenia mi ama, non mi tradisce, come io non la tradisco in questo casino. Debrecen anzi sarà un casino per te e le mie zie; per me è stato il luogo degli amori più belli dei miei, dei nostri vent’anni lontani. A Helena, Kaisa e Päivi[4] io devo buona parte della mia umanità e della mia felicità. A te, amico mio, ora devo un rifiuto”.
“Non te la prendere”, ribatté Alfredo. Poi  riprese l’attacco: “Però, scusami e toglimi una curiosità: come fai a dire che lei ti è fedele? Come puoi essere sicuro che ti ami o ti voglia bene? Quante lettere ti ha scritto da quando siamo arrivati a Debrecen? Ricordati che una nave ormeggiata con una sola ancora non è per niente sicura. Cercati un’amante anche qui: arricchisci la tua collezione, fanne una raccolta da museo!”
Il demone tentatore cercava di strangolare la mia fiducia in Ifigenia stringendo ogni cosa bella con il suo pugno infernale. Ero turbato, ma cercai di non darlo a vedere per non subire ghigni più o meno cattivi.
“Se incontrerà uno che le piacerà molto, me lo farà sapere subito con un telegramma. Altrettanto farò io. Siamo d’accordo così. In ogni caso io non infrango il patto. Ho promesso e non rompo la fede. E anche tu non rompere più”.
Dissi quest’ultima frase così bruscamente che si diede per vinto.
“Fa’ un po’ come ti pare”, brontolò e si allontanò, per cercare, forse, un altro compare di caccia amorosa, o almeno di burle e bevute.
Improbus”, pensai nella mia ingenuità annosa. Non avevo capito che quel compagno di colazioni e lezioni non aveva torto. Stavo commettendo un errore mentale, amoroso e pure politico poiché le angosce  inflitte da  quella donna avrebbero sottratto energie al mio lavoro dedito al bene comune, alla scuola, e, dopo tutto, alla polis.
 Sentivo già che qualche cosa non andava, che si profilava un autunno lugubre.
Ma non volevo ammetterlo.
Quindi, per liberarmi da pensieri e dubbi penosi, andai a correre i 5000 metri nel caldo sicuro e luminoso del mezzogiorno. Corsi bene: le membra divinamente compatte dal vincolo dell’armonia e della salute migliorarono l’ultimo tempo di sette secondi.

Pesaro 12 agosto 2020 ore 17, 25 giovanni ghiselli

p. s.

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[1] Cfr. Goethe, Faust , Prima parte,  Studio: “Ahi, ahi, con il tuo pugno potente, hai distrutto un mondo ridente!”
[2] Mozart-Da Ponte, Le nozze di Figaro, II, 9, aria.
[3] "I fanciulli trovano il tutto nel nulla, gli uomini il nulla nel tutto" Zibaldone , p. 527.
Un concetto ribadito, nei Detti memorabili di Filippo Ottonieri :" Diceva che i diletti più veri della nostra vita sono quelli che nascono dalle immaginazioni false; e che i fanciulli trovano il tutto anche nel niente, gli uonini il niente nel tutto".
[4] Sono tre storie d’amore presenti in questo blog.


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