martedì 18 agosto 2020

Debrecen 1979. 21. I pensieri lucidi del 30 luglio 1979

I pensieri lucidi del 30 luglio 1979

Questi pensieri provocavano nuove emozioni dalle quali nascevano pensieri nuovi. E così via per tutto quel pomeriggio remoto con il volgere delle ore.
Se Ifigenia era tanto pericolante, e io ero davvero convinto che un rapporto di fedeltà fosse una cosa buona, non potevo aiutarla? Non dovevo indurla a correggere i giri viziosi della sua testa  secondo le circolazioni del cielo ?
In fondo non si era rivolta a me perché dirozzassi la sua natura tellurica, fatta di terra vulcanica e sismica per giunta?
Ma come potevo aiutarla se mi faceva soffrire?
Se, inebetito dal dolore, mi fermavo a fissare il suo abisso, potevo caderci anche io. Lucido dovevo essere.
Mi venivano ancora in mente i dolori provati da bambino quando non mi sentivo amato dalla madre mia, non tanto quanto pensavo di meritarmi.

Eppure mia madre mi aveva fatto il più grande dei doni, pensavo anche, mi aveva dato la vita senza la quale non avrei sofferto molto ma nemmeno goduto e gioito tanto, e l’ anno prima in autunno quella giovane donna che tacciavo di infamia mi aveva ricaricato di vita in una fase difficile del mio lavoro, maltrattato com’ero da un preside fascista, ignorante e assecondato da colleghi servili.
Mi avevano aiutato gli allievi di una terza liceo persino con manifestazioni pubbliche, ma soprattutto mi aveva risollevato Ifigenia, la bella supplente che, appena arrivata, si schierò coraggiosamente con i pochi docenti che mi sostenevano sfidando l’ira del burocrate che non mi voleva bene. Anche lei, con l’offerta del suo amore, mi aveva arricchito di vita. Senza tali due donne benedette non ci sarebbe stato niente per me: né male, né bene, né dolore né piacere, perché non ci sarebbe stata la vita. Non potevo farne a meno.
Pensavo con simpatia alla vita in generale, a come si era manifestata in me, quanto l’avevano potenziata le mie donne, e sorridevo pensando alla vita della madre terra che nutre noi, gli animali, le piante, o a quella del mare il quale ci fa capire,  con il moto ondoso, che respira anche lui, aspirando ed espirando come gli uomini e gli animali. L’angoscia mi stava passando. Riuscivo a redimere i sentimenti cattivi scaturiti dalla telefonata, in amore per la vita e in gratitudine per chi me l’aveva donata e accresciuta via via. Molta riconoscenza dovevo alla madre mia,  e non poca alle mie amanti: dalle due Elene, a Kaisa, a Päivi, a Faina, a Jousiane, di cui ho già raccontato, e ultimamente a Ifigenia pur se mi stava tradendo. Camminavo nel bosco fitto di alberi antichi; li ascoltavo mentre  sussurravano  al vento con fronde vocali, e osservavo l’acqua del laghetto che sorrideva immillando i raggi del sole con le sue increspature. Non faccio metafore: le fronde sussurravano davvero e l’acqua mi sorrideva davvero.

Contraccambiavo sussurri e sorrisi  pensando alle donne, al solco del loro corpo che ci mette nella luce, in luminis oras, come gli arati solchi della terra fanno nascere grano, pensavo agli amici a partire da Fulvio,  ringraziavo l’artista creatore di questo mondo vivo,  bello e variopinto. Io volevo contribuire alla stabilità, se possibile all’accrescimento di tanta bellezza e non dovevo rabbuiarmi spandendo tenebra e malumore a causa della  sceneggiata che avevo immaginato nella casetta di Rimini. Dovevo prenderla appunto come una farsa messa in scena per divertirmi e farmi pensare, forse creare. Vedevo una relazione di simpatia tra tutte le parti del mondo e io non dovevo “nelle fata dar di cozzo”[1], andare contro l’ordine dell’universo , se non volevo innescare  l’esplosione che mi avrebbe fatto precipitare nell’inferno del caos. Capire dovevo, redimere il dolore, trasformarlo in comprensione e bellezza. Capire quello che ci voleva per la conservazione e l’accrescimento della vita. Io ero naturalmente connesso con il cosmo e non dovevo recidere questo legame, anzi.
continua


giovanni ghiselli . 7 agosto 2017. Il blog è arrivato a 557951 visite tutte gradite.


Riveduto e corretto il 18 agosto del 2020 con il senno di oggi      

giovanni ghiselli. Pesaro 16 agosto 2020, ore 10, 16

p.s.


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[1] Cfr, Dante, Inferno, IX, 97


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