Pompeo |
Introduzione a Lucano. Ventesima parte del poema Pharsalia. Terzo libro. vv. 197-297
Continua
il catalogo degli alleati di Pompeo
Poi
i Traci dell’ Emo (massiccio montuoso della Tracia settentrionale.
Cfr. Alexandros di
Pascoli: “O venuti dall’Haemo e dal Carmelo/ecco, la terra sfuma
e si profonda/dentro la notte fulgida del cielo” (7 - 10).
Quindi
viene lasciato dagli abitanti anche Foloe, massiccio dell’Arcadia
“Tum linquitur Haemus-Thracius et populum Pholoe
mentita biformem” 197-198), Foloe si è inventata la storia
della razza biforme dei Centauri.
Deseritur
Strimon tepido committere Nilo-bistonias consuetus aves (199-200)
viene abbandonato lo Strimone, fiume della Tracia, che è solito
affidare al tiepido Nilo gli uccelli bistoni (traci, le gru cfr.
Teognide).
Teognide
fa parte di quei proprietari che rimpiangono le proprie terre perdute
(vv.1197-1202). Il grido della gru gli fa venire in mente la stagione
dell’aratura e gli stringe il cuore.
"Ho
udito, o Cirno, il verso dal grido acuto dell'uccello
che
viene ad annunziare la stagione dell'aratura
ai
mortali: e mi ha colpito il cuore in pena,
poiché
i miei campi fertili li possiedono altri.
Né
per me i muli trascinano l'aratro curvo
a
causa dell'esilio molto odioso in giro per il mare"
Cfr.
anche Esiodo Opere 448-451, Il verso annuale delle
gru segnala la stagione dell’aratura e morde il cuore di chi non ha
buoi.
Orfeo
pianse sette mesi tutti interi sotto un'alta rupe presso l'onda dello
Strimone deserto-rupe
sub aëria deserti ad Strymŏnis undam-,
da solo, e rievocò i fatti sotto le gelide stelle ammansendo le
tigri e trascinando con il canto le querce, "qualis
populea maerens philomela sub umbra/amissos queritur fetus, quos
durus arator/observans nido implumis detraxit; at illa/flet noctem,
ramoque sedens miserabile carmen/integrat, et maestis late loca
questibus implet "
( Virgilio, Georgica
IV -29
a. C.- vv. 511-515), quale l'usignolo, addolorato sotto
l'ombra del pioppo, lamenta le creature perdute, che il crudele
aratore spiando trasse giù implumi dal nido; ma quello piange nella
notte e, posato sul ramo, rinnova il compassionevole canto e per
largo tratto riempie i luoghi di tristi lamenti.
A
Pompeo vengono genti anche dalla foce del Danubio dove c’è l’isola
di Peuce, poi i Sarmati, stanziati più a nord, altri dalla Misia
bagnata dal fiume Caico, dall’Idalia sotto il monte Ida, da Arisbe
nella Troade, poi da Celene (in Frigia) dove Marsia trovò il flauto
gettato via da Atena e sfidò Apollo che trasse il rivale
“dalla vagina delle membra sue” (Paradiso, I, 21)
Il
fiume Marsia sfocia nel Meandro errante.
Altri
alleati vengono dalle terre attraversate dal Pattolo e dall’Ermo
(fiumi della Lidia) ricchi di sabbie aurifere. Arrivano
pure da Ilio nec fabula Troiae- continuit
phrigiique ferens se Caesar Iuli (212-213) né
le trattenne la leggenda di Troia, Cesare che si spaccia per
discendente di Iulo frigio.
Questo
contro la menzogna della propaganda augustea e virgiliana.
Arrivano
da Ninive-Assiria-, dall’Oronte dunque dalla Siria,
dalla ventosa Damasco, da Gaza, dalla Fenicia: Itume
Tiro e Sidon pretiosa murice 8217)
preziosa per le conchiglie marine. I Fenici guidavano la flotta.
Furono i primi a usare una scrittura alfabetica pur non definita,
solo consonantica, ammaestrando comunque i Greci.
Phoenices
primi famae si creditur, ausi
mansuram
rudibus vocem signare figuris (220-221) i primi che osarono
rappresentare con lettere rozze la voce per farla restare.
Gli
Egizi infatti erano fermi ai geroglifici, ancora non usavano il
papiro: et saxis tantum volucres
feraeque- sculptaque servabant magicas animalia
linguas (223-224) conservavano le parole magiche soltanto
uccelli e belve e animali scolpiti nelle pietre.
Altri
luoghi ancora vengono abbandonati: i boschi del Tauro (in Cilicia) e
Tarso (Cilicia) fondata da Perseo, e l’antro di Corico su un fianco
del Parnaso, Mallo e Aegae (Cilicia). I Cilici non vengono come
pirati ma quali marinai.
Le
truppe di Pompeo vennero da tutto l’Oriente, anche quello estremo
dove il fiume Gange è abitato e osa sciogliere il contenuto delle
sue bocche contro Febo che sorge. Qui si fermò Alessandro venuto da
Pella, e si riconobbe vinto dal mondo che era grande davvero
“constitit et magno vinci se fassus ab orbe est”
(III, 234).
Poi
gli abitanti dei corsi dell’Idaspe e dell’Indo. Gente diversa
che, venuta dall’Est, che si tinge i capelli et qui
tinguentes crocēo medicamine crinem (Pharsalia III,
238) con un farmaco color zafferano e stringe le vesti con gemme, e
ci sono anche quelli che si costruiscono i roghi poi vi salgono
sopra.
Oh
che grande gloria è per quella gente avere gettato la mano sul fato
e sazi della vita, donarne il resto agli dèi (“…Prō, quanta
est gloria genti-iniecisse manum fatis vitaque repletos-quod superis
donasse deis!..” (Pharsalia III, 241-243)
Poi feroces/
Cappadoces (243-244 del centro dell’Asia minore)) un
popolo che non coltiva il monte Amano, quindi gli Armeni e i Coatri
(palude Meotide) . Poi gli Arabi .
Insomma
il furor romanus mise in moto quasi tutti i popoli
dell’ecumene: Oresti (Epiro), i Carmani (Persia), gli Etiopi, gli
abitanti della Mesopotamia. L’Eufrate che svolge la stessa funzione
del Nilo, il Tigri che ha un andamento di tipo carsico. I Parti
sembravano neutrali, accontentandosi di avere eliminato Crasso. Gli
Sciti tinsero di veleno le frecce e pure gli Eniochi popolo sarmatico
di origine spartana e i Sarmati, i Moschi e i popoli del fiume Fasi,
e quelli del fiume Halys Croeso fatalis (273). Il re
di Lidia lo superò attaccando ciro il Vecchio che lo sconfisse.
Creso
era stato poco acuto nell'interpretare l'oracolo del Lossia quando
gli prediceva che se avesse fatto una spedizione militare contro i
Persiani, avrebbe distrutto un grande impero: "h]n
strateuvhtai ejpi; Pevrsa", megavlhn ajrch;n aujto;n
kataluvsein"
(I, 53, 3); infatti il re avrebbe dovuto chiedere di quale impero si
trattava: se di quello di Ciro o del proprio. Per giunta la Pizia lo
aveva messo in guardia da un mulo (I, 55) e con quell'animale ibrido
intendeva indicare Ciro, nato da padre e madre di razze diverse: la
madre (Mandane) di lignaggio più alto, il padre (Cambise), di molto
inferiore[1]:
"h\n
ga;r dh; oJ Ku'ro" ou|to" hJmivono": ejk ga;r duw'n
oujk oJmoeqnevwn ejgegovnee, mhtro;" ajmeivnono", patro;"
de; uJpodeestevrou"(I,
91, 5).
In
seguito a questa spiegazione Creso giunse alla resipiscenza e si
salvò: "oJ
de; akouvsa" sunevgnw eJwutou' ei\nai th;n aJmartavda kai; ouj
tou' qeou'",
udito questo, comprese che suo era l'errore e non del dio (I, 91,
6,). Probabilmente ha ragione S. Mazzarino quando, dopo avere
indicato "i caratteri del "razionalismo" greco nel
"racconto erodotèo su Ciro", afferma che" Erodoto
rinnovava l'incontro, che deve rimontare già a due o tre generazioni
prima di lui, fra la cultura dell'aristocrazia greca e le tradizioni
dell'aristocrazia "feudale"iranica"[2].
Poi
gli abitanti delle rive del Tanais (Don) che divide l’Europa
dall’Asia. Gli abitanti del Ponto Eusino, della palude Meotide (mar
d’Azov), fretum torrens, un mare turbolento
invero che toglie alle colonne d’Ercole la nomea di unico stretto
dove un mare passa in un altro. Di là arrivano a Pompeo i Massageti
che si nutrono succhiando da una vena il sangue dei cavalli sui quali
fuggono, poi i Geloni veloci, entrambi popolo scitici.
Nè
Agamennone né Ciro né Serse misero insieme tante navi mai si
radunarono tam variae cultu gentes, tam dissŏna
vulgi-ora (289-290) bocche tanto discordi del volgo.
Cfr.
l’aggregato di lingue (Leopardi)
La
fortuna raccolse tanti popoli e donò una processione degna del
funerale di Magno.
A
Cesare offrì il mondo intero da vincere a Farsalo- vincendum
orbem 297. Guerra davvero mondiale dunque, la vera prima
guerra mondiale.
giovanni
ghiselli
[1] Questo
accoppiamento incongruo fu deciso da Astiage, il re padre di Mandane
che temeva il figlio della figlia. Nello stesso modo si comporta
Riccardo III con la figlia del fratello Duca di Clarence già fatto
assassinare: “His
daughter meanly have I match’d in marriage”
( Riccardo
III,
IV, 3), sua figlia l’ho accoppiata in matrimonio
meschino.
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