martedì 18 agosto 2020

Introduzione a Lucano. XX parte del poema "Pharsalia". Terzo libro. vv. 197-297

Pompeo
PER VISUALIZZARE IL GRECO SCARICA IL FONT HELLENIKA QUI GREEK QUI


Introduzione a Lucano. Ventesima parte del poema Pharsalia. Terzo libro. vv. 197-297

Continua il catalogo degli alleati di Pompeo

Poi i Traci dell’ Emo (massiccio montuoso della Tracia settentrionale.
Cfr. Alexandros di Pascoli: “O venuti dall’Haemo e dal Carmelo/ecco, la terra sfuma e si profonda/dentro la notte fulgida del cielo” (7 - 10).

Quindi viene lasciato dagli abitanti anche Foloe, massiccio dell’Arcadia “Tum linquitur Haemus-Thracius et populum Pholoe mentita biformem” 197-198), Foloe si è inventata la storia della razza biforme dei Centauri.

Deseritur Strimon tepido committere Nilo-bistonias consuetus aves (199-200) viene abbandonato lo Strimone, fiume della Tracia, che è solito affidare al tiepido Nilo gli uccelli bistoni (traci, le gru cfr. Teognide).

Teognide fa parte di quei proprietari che rimpiangono le proprie terre perdute (vv.1197-1202). Il grido della gru gli fa venire in mente la stagione dell’aratura e gli stringe il cuore.

"Ho udito, o Cirno, il verso dal grido acuto dell'uccello
 che viene ad annunziare la stagione dell'aratura
ai mortali: e mi ha colpito il cuore in pena,
poiché i miei campi fertili li possiedono altri.
Né per me i muli trascinano l'aratro curvo
a causa dell'esilio molto odioso in giro per il mare"

Cfr. anche Esiodo Opere 448-451, Il verso annuale delle gru segnala la stagione dell’aratura e morde il cuore di chi non ha buoi.

Orfeo pianse sette mesi tutti interi sotto un'alta rupe presso l'onda dello Strimone deserto-rupe sub aëria deserti ad Strymŏnis undam-, da solo, e rievocò i fatti sotto le gelide stelle ammansendo le tigri e trascinando con il canto le querce, "qualis populea maerens philomela sub umbra/amissos queritur fetus, quos durus arator/observans nido implumis detraxit; at illa/flet noctem, ramoque sedens miserabile carmen/integrat, et maestis late loca questibus implet  " ( Virgilio, Georgica IV -29 a. C.-  vv. 511-515), quale l'usignolo, addolorato sotto l'ombra del pioppo, lamenta le creature perdute, che il crudele aratore spiando trasse giù implumi dal nido; ma quello piange nella notte e, posato sul ramo, rinnova il compassionevole canto e per largo tratto riempie i luoghi di tristi lamenti.

A Pompeo vengono genti anche dalla foce del Danubio dove c’è l’isola di Peuce, poi i Sarmati, stanziati più a nord, altri dalla Misia bagnata dal fiume Caico, dall’Idalia sotto il monte Ida, da Arisbe nella Troade, poi da Celene (in Frigia) dove Marsia trovò il flauto gettato via da Atena e sfidò Apollo che  trasse il rivale “dalla vagina delle membra sue” (Paradiso, I, 21)
Il fiume Marsia sfocia nel Meandro errante.
Altri alleati vengono dalle terre attraversate dal Pattolo e dall’Ermo (fiumi della Lidia)  ricchi di sabbie aurifere. Arrivano pure da Ilio nec fabula Troiae- continuit phrigiique ferens se Caesar Iuli  (212-213)  né le trattenne la leggenda di Troia, Cesare che si spaccia per discendente di Iulo frigio.
Questo contro la menzogna della propaganda augustea e virgiliana.

Arrivano da Ninive-Assiria-, dall’Oronte dunque dalla Siria, dalla ventosa Damasco, da Gaza, dalla Fenicia: Itume Tiro e Sidon pretiosa murice 8217) preziosa per le conchiglie marine. I Fenici guidavano la flotta. Furono i primi a usare una scrittura alfabetica pur non definita, solo consonantica, ammaestrando comunque i Greci.
Phoenices primi famae si creditur, ausi
mansuram rudibus vocem signare figuris (220-221) i primi che osarono rappresentare con lettere rozze la voce per farla restare.

Gli Egizi infatti erano fermi ai geroglifici, ancora non usavano il papiro: et saxis tantum volucres feraeque- sculptaque  servabant magicas animalia linguas (223-224) conservavano le parole magiche soltanto uccelli e belve e animali scolpiti nelle pietre.
Altri luoghi ancora vengono abbandonati: i boschi del Tauro (in Cilicia) e Tarso (Cilicia) fondata da Perseo, e l’antro di Corico su un fianco del Parnaso, Mallo e Aegae (Cilicia). I Cilici non vengono come pirati ma quali marinai.
Le truppe di Pompeo vennero da tutto l’Oriente, anche quello estremo dove il fiume Gange è abitato e osa sciogliere il contenuto delle sue bocche contro Febo che sorge. Qui si fermò Alessandro venuto da Pella, e si riconobbe vinto dal mondo che era grande davvero “constitit et  magno vinci se fassus ab orbe est” (III, 234).
Poi gli abitanti dei corsi dell’Idaspe e dell’Indo. Gente diversa che, venuta dall’Est, che si tinge i capelli et qui tinguentes crocēo medicamine crinem (Pharsalia III, 238) con un farmaco color zafferano e stringe le vesti con gemme, e ci sono anche quelli che si costruiscono i roghi poi vi salgono sopra. 
Oh che grande gloria è per quella gente avere gettato la mano sul fato e sazi della vita, donarne il resto agli dèi (“…Prō, quanta est gloria genti-iniecisse manum fatis vitaque repletos-quod superis donasse deis!..” (Pharsalia III, 241-243)
Poi feroces/ Cappadoces (243-244 del centro dell’Asia minore)) un popolo che non coltiva il monte Amano, quindi gli Armeni e i Coatri (palude Meotide) . Poi gli Arabi .
Insomma il furor romanus mise in moto quasi tutti i popoli dell’ecumene: Oresti (Epiro), i Carmani (Persia), gli Etiopi, gli abitanti della Mesopotamia. L’Eufrate che svolge la stessa funzione del Nilo, il Tigri che ha un andamento di tipo carsico. I Parti sembravano neutrali, accontentandosi di avere eliminato Crasso. Gli Sciti tinsero di veleno le frecce e pure gli Eniochi popolo sarmatico di origine spartana e i Sarmati, i Moschi e i popoli del fiume Fasi, e quelli del fiume Halys Croeso fatalis (273). Il re di Lidia lo superò attaccando ciro il Vecchio che lo sconfisse.

Creso era stato poco acuto nell'interpretare l'oracolo del Lossia quando gli prediceva che se avesse fatto una spedizione militare contro i Persiani, avrebbe distrutto un grande impero: "h]n strateuvhtai ejpi; Pevrsa", megavlhn ajrch;n aujto;n kataluvsein" (I, 53, 3); infatti il re avrebbe dovuto chiedere di quale impero si trattava: se di quello di Ciro o del proprio. Per giunta la Pizia lo aveva messo in guardia da un mulo (I, 55) e con quell'animale ibrido intendeva indicare Ciro, nato da padre e madre di razze diverse: la madre (Mandane) di lignaggio più alto, il padre (Cambise), di molto inferiore[1]: "h\n ga;r dh; oJ Ku'ro" ou|to" hJmivono": ejk ga;r duw'n oujk oJmoeqnevwn ejgegovnee, mhtro;" ajmeivnono", patro;" de; uJpodeestevrou"(I, 91, 5).
In seguito a questa spiegazione Creso giunse alla resipiscenza e si salvò: "oJ de; akouvsa" sunevgnw eJwutou' ei\nai th;n aJmartavda kai; ouj tou' qeou'", udito questo, comprese che suo era l'errore e non del dio (I, 91, 6,). Probabilmente ha ragione S. Mazzarino quando, dopo avere indicato "i caratteri del "razionalismo" greco nel "racconto erodotèo su Ciro", afferma che" Erodoto rinnovava l'incontro, che deve rimontare già a due o tre generazioni prima di lui, fra la cultura dell'aristocrazia greca e le tradizioni dell'aristocrazia "feudale"iranica"[2].
   
Poi gli abitanti delle rive del Tanais (Don) che divide l’Europa dall’Asia. Gli abitanti del Ponto Eusino, della palude Meotide (mar d’Azov), fretum torrens, un mare turbolento invero che toglie alle colonne d’Ercole la nomea di unico stretto dove un mare passa in un altro. Di là arrivano a Pompeo i Massageti che si nutrono succhiando da una vena il sangue dei cavalli sui quali fuggono, poi i Geloni veloci, entrambi popolo scitici.
Nè Agamennone né Ciro né Serse misero insieme tante navi mai si radunarono tam variae cultu gentes, tam dissŏna vulgi-ora (289-290) bocche tanto discordi del volgo.
Cfr. l’aggregato di lingue (Leopardi)
La fortuna raccolse tanti popoli e donò una processione degna del funerale di Magno.
A Cesare offrì il mondo intero da vincere a Farsalo- vincendum orbem 297. Guerra davvero mondiale dunque, la vera prima guerra mondiale.

giovanni ghiselli


[1] Questo accoppiamento incongruo fu deciso da Astiage, il re padre di Mandane che temeva il figlio della figlia. Nello stesso modo si comporta Riccardo III con la figlia del fratello Duca di Clarence già fatto assassinare: “His daughter meanly have I match’d in marriage” ( Riccardo III, IV, 3), sua figlia l’ho accoppiata  in matrimonio meschino.
[2]Il pensiero storico classico , I vol. p.172).

Nessun commento:

Posta un commento

Ifigenia CLX. L’ospedale di Debrecen. Il delicato corteggiamento del vecchio dentista.

  Nei giorni seguenti, intorno al ferragosto,   vissi alcune ore di buona speranza: una serie intermittente di minuti nei quali immagi...