giovedì 20 agosto 2020

Introduzione a Lucano. XXII parte del poema "Pharsalia". Conclusione del III libro

Cesare si muove verso la Spagna e i cesariani assediano Marsiglia con tutti gli strumenti a disposizioni (vinea, galleria mobile. aries ariete, testudo formazione a testuggine). Talora gli assediati escono al contrattacco. C'è una battaglia navale: i Greci richiamano dai cantieri anche emeritas alnos - III, 520 - navi (fatte di ontani) fuori servizio, in disarmo. Le navi dei Greci sono habiles, maneggevoli (553), quelle romane di stazza maggiore danno la possibilità di combattere come sulla terra ferma. Bruto (Decimo Giunio) dalla sua praetoria puppis (535) nave ammiraglia ordina che si combatta con un corpo a corpo dopo avere abbordato le piccole navi nemiche. Segue una strage con il mare arrossato dal sangue.

Quella giornata offrì al mare molte immagini mirabili di morti diverse “multaque ponto-praebuit ille dies varii miracula fati” (633-634).
Quando tutti i giavellotti furono lanciati invĕnit arma furor, è il furore a trovare le armi (671) come remi o banchi divelti o l’aplustre, ornamento di poppa. Poi torce infuocate. Oppure un nemico crudele avvinghia il nemico e lo trascina in mare con sé: “saevus complectitur hostem-hostis, et implicitis gaudent subsidĕre membris-mergentesque mori” (694-696) e godono di sprofondare con le membra avvinghiate e di morire affogando.

Viene in mente il coito descritto da Lucrezio:
Sic in amore Venus simulacris ludit amantis/nec satiare queunt spectando corpora coram/nec manibus quicquam teneris abradere membris/possunt errantes incerti corpore toto./Denique cum membris collatis flore fruuntur/aetatis, iam cum praesagit gaudia corpus/atque in eost Venus ut muliebria conserat arva,/adfigunt avide corpus iunguntque salivas/oris et inspirant pressantes dentibus ora,/nequiquam, quoniam nil inde abradere possunt/nec penetrare et abire in corpus corpore toto;/nam facere interdum velle et certare videntur:/usque adeo cupide in Veneris compagibus haerent,/ membra voluptatis dum vi labefacta liquescunt "
(De rerum natura, IV, vv. 1101-1114),  così nell'amore Venere con i simulacri beffa gli amanti, né possono saziarsi rimirando i corpi presenti, né con le mani possono raschiare via nulla alle tenere membra, mentre errano incerti per tutto il corpo. Infine, come, congiunte le membra, godono del fiore della giovinezza, quando già il corpo pregusta il piacere e Venere è sul punto di seminare i campi della femmina, inchiodano avidamente il corpo e mescolano le salive della bocca, e ansimano premendo coi denti le labbra, invano poiché di lì non possono raschiare via niente, né penetrare e sparire nel corpo con tutto il corpo, infatti sembrano talvolta volere farlo lottando: a tal punto sono avidamente attaccati nei lacci di Venere, mentre le membra sdilinquite dalla violenza del piacere si struggono.

Alla fine del libro inclinant iam fata ducum, nec iam amplius anceps-belli casus est. Graiae pars maxima classis - mergitur (752-754) non sono più in equilibrio i destini dei due comandanti, non è più incerto da che parte piega la battaglia, la più gran parte della flotta greca  è affondata

Pianti dei genitori, cadaveri sfigurati per cui una sposa greca abbraccia il cadavere di un romano credendolo il proprio marito, padri infelici si disputano il corpo di un decapitato. Decimo Giunio Bruto aggiunse questa gloria alle armi di Cesare (762 fine del III libro)


giovanni ghiselli

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