legionari in marcia |
Introduzione
a Lucano. XXVIII parte del poema "Pharsalia". Libro V (da v.
239 a v. 372)
Argomento
Il
potere del duce per un momento vacilla.
I
soldati stanchi provano a contestare Cesare ma vengono trattati con
disprezzo e chinano la testa.
Cesare
ha domato la Spagna e si volge in Oriente cum prope fatorum
tantos per prospera cursus - avertēre dei 239 - 240, quando
gli dèi quasi mutarono i grandi passi di corsa del suo destino
attraverso i successi.
I
suoi soldati sono stanchi e non vogliono più seguire la sua causa.
In questo frangente pericoloso più che in ogni altro pericolo non
e stabili tremulo sed culmine cuncta despiceret staretque super
titubantia fultus Cesare non osservava tutte
le cose da una cima stabile ma tremolante e stava in piedi puntellato
sopra elementi vacillanti (250 - 251)
Cfr. Nelle Troiane di
Seneca, Agamennone al culmine della sua carriera di a[nax mostra
di avere coscienza di questa legge della rovinosa caduta probabile
per chi è salito in alto: "Violenta
nemo imperia continuit diu,/moderata durant; quoque Fortuna
altius/evexit ac levavit humanas opes,/hoc se magis supprimere
felicem decet/variosque casus tremere metuentem deos/nimium faventes.
Magna momento obrui/ vincendo didici. Troia
nos tumidos facit/nimium ac feroces? Stamus
hoc Danai loco,/unde illa cecidit "
(vv. 258 - 266), nessuno ha conservato a lungo il potere con la
violenza, quello moderato dura; e quanto più la Fortuna ha levato in
alto la potenza umana, tanto più il fortunato fa bene a trattenersi
e paventare le varie cadute temendo gli dèi che lo favoriscono
troppo. Vincendo ho imparato che i grandi regni vengono sepolti in un
attimo. Troia ci rende troppo superbi e spietati? Noi Danai stiamo in
piedi nel luogo dal quale quella è caduta.
Troviamo
un locus analogo nel primo coro dell'Agamennone di
Seneca quando le donne di Micene notano che la Fortuna/
fallax (vv. 57 - 58) inganna con grandi beni collocandoli
troppo alti in praecipiti dubioque (v. 58), in luogo
scosceso e insicuro. Infatti le cime sono maggiormente
esposte alle intemperie, ai colpi della Fortuna, e predisposte alle
cadute rispetto alle posizioni medie:"quidquid in altum
Fortuna tulit,/ruitura levat./Modicis rebus longius aevum est;/felix
mediae quisquis turbae/sorte quietus…" (Agamennone,
vv. 101 - 104), tutto ciò che la Fortuna ha portato in alto, per
atterrarlo lo solleva. E' più lunga la vita per le creature modeste:
fortunato chiunque sia della folla mediana contento della sua sorte.
Alcune
legioni di Cesare dunque si sono ammutinate e Cesare impara che le
spade impugnate non sono del duce ma del soldato - scit non esse
ducis strictos sed militis enses (254).
Nell’Andromaca di
Euripide, Peleo si scaglia contro Menelao : lo chiama infame
assassino di Achille (v. 615). E aggiunge che non vale nulla (v.
641), che non ha avuto nessun merito nella presa di Troia. In Grecia
c’è l’usanza sbagliata di riconoscere solo ai capi il vanto
delle imprese, e il comandante, non
facendo niente più di uno solo, ottiene una fama maggiore
Bertolt
Brecht fa eco a questa critica: “Il giovane Alessandro
conquistò l’India./Da solo?/Cesare sconfisse i Galli./Non aveva
con sé nemmeno un cuoco?”[2].
Lucano
non precisa il luogo del fatto ma lo universalizza
La
turba audax si rivolge a Cesare in modo offensivo e quasi minaccioso:
“liceat discedere, Caesar, - a rabie scelerum (261 -
262), sia consentito Cesare allontanarsi dalla furia dei delitti. Le
spade cercate da Cesare trapassano anche le gole dei soldati romani
che sono caduti in Gallia, in Spagna, in Italia. Trattati come animae
viles. Mentre tu vinci il tuo esercito giace morto per tutto il
mondo - totoque exercitus orbe - te vincente perit (264 -
265).
A
che cosa ci serve avere versato sangue sulle terre Terris
fudisse cruorem - quid iuvat e avere
sottomesso Rodano e Reno? (269 - 270).
In
compenso di tante guerre ci hai dato la guerra civile.
Prova
a guardare i nostri capelli bianchi, le mani invalide e le braccia
vuote di carne. Usus abit vitae, bellis consumpsimus
aevum (276) se ne è andato l’impiego della vita, abbiamo
consumato il tempo della vita nelle guerre. Congeda i vecchi per la
morte - ad mortem dimitte senes (277). Chiedono che
sotto Cesare ci sia un altro tipo di morte esclusa quella di spada -
sit praeter gladios aliquod sub Caesare fatum (283).
Perché ci attiri con la speranza quid spe trahis, come
se non sapessimo a quali mostruosità siamo preparati?
Velut ignaros ad quae portenta paremur? 284 - 285
Cesare
sul Reno era il mio generale, ora è mio complice; il delitto rende
uguali quelli che inquina: “dux
erat, hic socius; facinus quos inquĭnat
aequat” (V, 290). Deve
sapere che noi siamo il suo destino.
Un
altro duce si sarebbe spaventato, ma Cesare è abituato a buttare giù
a precipizio i destini. Egli gode nel mettere alla prova la fortuna
in mezzo ai sommi pericoli e affretta i loro furori.
E’
pronto del resto a concedere stupri e saccheggi. Ha meno scrupoli
della soldataglia su questo. Quindi si erse su un terrapieno fatto di
zolle Stetit aggere (326) intrepidus vultu
meruitque timeri - non metuens (317 - 318), quindi ira
dictante profatur.
Li
aggredisce: “ Vos
despecta senes exhaustaque sanguine turba,
/cernetis nostros, iam plebs, triumphos “ 333
- 334) voi vecchia folla spregevoli già dissanguata , feccia oramai,
starete a guardare i nostri trionfi.
Il
destino non ha tempo di occuparsi della vostra morte e della vostra
vita: tutta la storia segue i movimenti degli uomini grandi -
procerum
motus haec cuncta secuntur (342),
il genere umano vive per pochi - humanum
paucis vivit genus (343).
Labieno che è passato a Pompeo transfuga,
ora gira per terre e per mari[3].
Cesare
dà degli ignavi ai soldati renitenti a combattere, afferma che
continuerà a combattere a proprio vantaggio mihi bella
geram (357) e punirà i caporioni.
I
soldati tremarono - unumque caput tam magna iuventus timet -
(369)
La
sottomissione superò la speranza del condottiero spietato - vicit
patientia saevi - spem ducis (369 - 370)
Nil
magis assuetas sceleri quam perdere mentis - atque perire tenet (371
- 372) niente si impadronisce di menti assuefatte al delito quanto
uccidere ed essere uccisi. In seguito all’esecuzione dei capi tornò
la calma.
Pesaro
26 agosto 2020 ore 18, 50 giovanni ghiselli
p.
s
|
|
[1] La
Medea di Euripide rinfaccia a Giasone l’aiuto che gli ha dato per
compiere l’impresa: “ il drago, che avvolgendo il vello tutto
d'oro/lo sorvegliava con le spire contorte senza dormire,/dopo
averlo ucciso, sollevai per te la luce della salvezza (Medea,
vv. 480 - 482).
[2] Domande
di un lettore operaio, vv.
16 - 19, da Poesie
di Svendborg,
1939, ,in Brecht, Poesie,
p. 157.
[3] Morirà
nel 45 nella battaglia di Munda, in Spagna.
WflexipXpy_ha-1985 Kelly White https://marketplace.visualstudio.com/items?itemName=4planexoppe.Descargar-CityWarHeroes-VR-gratuita-2022
RispondiEliminaknowmingbasligh
Yconskicast_gi David Reyes link
RispondiEliminadownload
click
click
nosychbacktes
0incenFdiato Liliana Howard CyberLink YouCam
RispondiEliminaHDD Regenerator
Movavi Video Editor
tecataly