Epigrafe
“Paulo di Dono era assai trito
e parco;
ma lo comprava, se ci aveva un
grosso.
Ma non l’aveva”. Giovanni
Pascoli
“la Repubblica” di oggi, 14
agosto 2020. A
pagina 27 leggo: “Pulire bene il piatto non è più segno di povertà”. Un titolo
riferito a quanto avviene ora in Cina.
Il mio commento è che in
Italia non lo è mai stato, anzi: ordinare una quantità di cibo maggiore di
quella che si consumerà è segno non solo di imbecillità e disordine mentale ma anche di miseria che si
vuole tenere celata gettando via il bene di Dio.
Mia nonna materna in casa
della quale sono cresciuto aveva 70 ettari di terra fertile con stalle e con sette
famiglie di mezzadri che la coltivavano, ma se a me o a mia sorella cadeva un
chicco d’uva o un pezzo di qualunque cibo sotto il tavolo, ce lo faceva
raccogliere, lavare e mangiare.
Diceva che buttare via il
cibo è peccato mortale ed è caratteristico dei poveri.
In gita scolastica erano gli
allievi di famiglia meno abbiente a calunniare il desinare anche buono e a disprezzarlo .
Io sono il poverello di
Pesaro rimasto tale perché non ha voluto vendere a un costruttore edile i 18 ettari ereditati dalla
nonna Margherita, per rispetto a lei e a suo padre Guglielmo Scattolari.
Sicché vivo della mia pensioncina
da maestro di scuola.
Sono assai trito e parco come
Paulo di Dono e non ho mai un grosso in tasca, ma non sono un pezzente
mentale: non butto via mai neppure un acino di uva né una briciola di pane né
un grammo di companatico. Lo considero un peccato mortale, come mia nonna
Margherita, la santa.
Milioni di persone , o
miliardi, muoiono di fame
Chi spreca il cibo è la
canaglia dell’umanità
Pesaro, 14 agosto, 2020, ore
17, 40. giovanni ghiselli
p.s Questa è la mia ricchezza:
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