Sul contratto
“Il contratto cessa di valere come regolazione di rapporti tra interessi privati,
anzi: cessa di valere come strumento di regolazione, per affermarsi come
fondamento dell’unico Ordine possibile nell’epoca della incessante
trasformazione (…) La rete della lex mercatoria si distende
sugli stessi rapporti politici internazionali, oltre a sussumere in sé la
regolazione della società civile all’interno dei diversi paesi”.
Questo contratto dovrebbe contenere “le stesse finalità ‘umane’ di
solidarietà, assistenza, aiuto del più debole, ecc (…) Anche la com - passione,
per valere oggi effettivamente, richiede di essere ‘contrattualizzata’ ”. (p.
18)
In questo contratto sovranazionale io metterei degli esempi tratti dagli
antichi.
A proposito della com - passione provo a esemplificarla con alcuni versi
dell’ Edipo a Colono di Sofocle.
Quando il vecchio re di Tebe, diventato farmakov" e cacciato dalla
città sulla quale regnava, giunge a Colono cieco e sostenuto dalla figlia
Antigone, Teseo il re di Atene lo accoglie.
Il mendico incestuoso e parricida gli domanda il perché della generosa
ospitalità concessa a un uomo tanto povero e malfamato.
L’ospite gli risponde: "e[xoid j
ajnh;r w[n" (v.567), so bene di essere un uomo.
E' la coscienza della propria umanità senza la quale ogni atto violento è
possibile. Il sapere di essere uomo che cosa comporta? Significa incontrare una
creatura ridotta a un rudere come è Edipo vecchio, provarne pietà, incoraggiarla
ponendo domande e ascoltandolo: "kaiv s j oijktivsa"
- qevlw jperevsqai, duvsmor j Oijdivpou, tivna - povlew" ejpevsth"
prostroph;n ejmou' t j e[cwn", vv. 556 - 558, e sentendo compassione, voglio
domandarti, infelice Edipo, con quale preghiera per la città e per me ti sei
fermato qui.
Questo comprendere che siamo tutti effimeri, sottoposti al dolore e
destinati alla morte induce ad aiutare chi è nel bisogno.
"Anche io - aggiunge il re di Atene - sono stato allevato xevno" esule come
te" (vv.562 - 563)."Dunque so di essere uomo e che del domani nulla
appartiene più a me che a te" (vv. 567 - 568).
E' una dichiarazione di quella filanqrwpiva che si diffonderà
in età
ellenistica e partorirà l'humanitas latina.
Una simile dichiarazione di umanesimo, quale interesse per l'uomo e
disponibilità ad ascoltarlo, leggiamo
nel più famoso verso di Terenzio: "Homo
sum: humani nil a me alienum puto"[1].
Enea viene salvato dalla compassione, quella di Didone che pure non è in
alcun modo ricompensata dall’esule troiano.
La regina che ha fondato Cartagine prima di decadere a donna abbandonata
esprime con queste parole il suo tw/' pavqei mavqo": non
ignara mali miseris succurrere disco, Eneide, I,
630, non ignara del male imparo a soccorrere gli sventurati.
Torno a Cacciari: “Il peccato non consiste tanto nel fare il male, quanto
nel subordinare radicalmente il bene all’interesse privato, contrattualmente
stabilito (…) Lo Stato di diritto è lo Stato che considera sopra di
sé la pura forma del contratto; l’idea stessa di Giustizia si riduce a tale
forma. Giusto è chi la rispetta, chi ‘sta ai patti’. ‘Giustificato’ è il regime
politico che tutela il contratto e vede in esso il fondamento di ogni benessere
o eudaimonia pubblica ” (p. 19).
Torno all’antico, alla costituzione politica che il Pericle di Tucidide
definisce esemplare e, appunto, giustifica mettendo in rilievo alcuni punti del
contratto contenuto in questa politeia.
“In effetti ci avvaliamo di una costituzione che non
cerca di emulare le leggi dei vicini, ma siamo noi di esempio - paravdeigma - a qualcuno
piuttosto che imitare gli altri. Di nome, per il fatto di essere amministrata
non per pochi ma per la maggioranza, essa è chiamata democrazia; del resto
secondo le leggi, riguardo alle controversie private, c’è una condizione di
uguaglianza per tutti, mentre secondo la reputazione, per come
ciascuno viene stimato in qualche campo, non per il partito di provenienza
più che per il suo valore, viene preferito alle cariche pubbliche, né, d’altra
parte secondo il criterio della povertà, se uno può fare qualche cosa di buono
per la città, ne è mai stato impedito per l’oscurità della sua posizione
sociale (Tucidide, Storie, II, 37, 1).
I nostri padri costituenti dovevano avere in mente queste parole del logos epitafios tucididèo quando
scrissero questi due articoli della Costituzione della Repubblica
Articolo 1: L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro. La
sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della
Costituzione”.
Articolo 3 : “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali
davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di religione, di
condizioni personali e sociali
Comma B. E’ compito della repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei
cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori alla organizzazione politica, economica e
sociale del paese.
Quanto all’esemplarità di una politeiva, Senofonte nella sua Costituzione degli Spartani (I),
che pure era di tutt’altro tipo, afferma di ammirare Licurgo il quale ha reso
la patria eccellente nei successi “ouj mimhsavmenoς ta;ς a[llaς povleiς,
ajlla; kai; ejnantiva gnou;ς taĩς pleivstaiς”, non imitando le altre
città, ma anzi scegliendo l’opposto rispetto alla maggior parte di esse.
Concludo questa parte lasciando la parola a Cacciari che indica la
subordinazione della potenza dello Stato al benessere
“e vale nella misura in cui garantisce il processo di
contrattualizzazione di ogni relazione sociale e politica. Qui trova compimento
e fine la filosofia del Diritto; nessun passaggio logico può
sussistere infatti tra la forma giuridica del contratto, regolante i rapporti
nella società civile o nello ‘Stato commerciale’, e la costituzione della
relazione politica, della cittadinanza. Qui la fine, pertanto, della missione del
lavoro filosofico, che interpretava lo scientiam facere proprio
nella prospettiva di tale passaggio.
Qui, in conclusione, quella sussunzione nell’Economico del Politico,
della cultura politica, che decreta la fine dell’età borghese”
(p. 20).
“Di geistige Arbeit è necessario ancora discutere. Il
lavoro scientifico, mentre funziona ormai esclusivamente nella rete del sistema
tecnico - economico, tuttavia, a un tempo, può mostrare la propria produttività
o creatività soltanto se ne viene garantita l’autonomia, autonomia che può
sempre spingersi fino al limite della autorefenzialità. Il processo stesso di
specializzazione è segno anche di questa sua necessaria astrazione dal
fine esclusivamente economico perseguito dal sistema sociale di produzione. Per
certi versi il lavoro scientifico continua, coscientemente o no, poco importa,
a liberare lavoro dipendente o comandato”.
(p. 21)
Credo che il lavoro scientifico debba essere fiancheggiato dalla
letteratura e dalla filosofia. Commento le parole di Cacciari con quelle di altri
due auctores accrescitori.
Il Galileo di Brecht nell'ultima
scena del dramma[2] afferma il dovere
morale di rendere il sapere funzionale al bene dell'umanità: "Che scopo si
prefigge il nostro lavoro? Non
credo che la scienza possa proporsi altro scopo che quello di alleviare le
fatiche dell'esistenza umana. Se gli uomini di scienza non
reagiscono all'intimidazione dei potenti egoisti e si limitano ad accumulare
sapere per sapere, la scienza può rimanere fiaccata per sempre, ed ogni nuova
macchina non sarà fonte che di nuovi triboli per l'uomo".
L'egoismo degli affaristi invece vuole una scienza e una scuola che
portino al profitto monetario. Secondo questa gente "l'educazione sarebbe
definita come l'esatta cognizione per cui si diventa completamente attuali, nei
bisogni e nella loro soddisfazione, per cui però, in pari tempo, si dispone,
nel modo migliore, di tutti i mezzi e le vie per guadagnare il più facilmente
possibile del denaro. Formare il maggior numero possibile di uomini correnti - a quel modo per cui si dice corrente di una
moneta - questo dunque sarebbe il fine;
e un popolo, secondo questa concezione, sarà tanto più felice quanti più uomini
correnti del genere possederà (…) Qui si odia ogni educazione che renda
isolati, che ponga dei fini al di là del denaro e del guadagno (…) Secondo la moralità
che qui è valida, si apprezza (…) una istruzione rapida per diventare presto un
essere che guadagna denaro e una istruzione approfondita quanto basta per
diventare un essere che guadagna moltissimo denaro"[3].
Torno a Cacciari : “E qui, allora, si colloca la seconda dimensione
irrinunciabile della geistige Arbeit: quella politica. Il
Politico può, certo, anche esprimersi come contestazione del primato dell’Economico
(…) esiste, tuttavia, la necessità di un Politico immanente al
sistema. Una necessità ancora più cogente che in ogni altra epoca, e che deriva
dalla forma che il lavoro assume nella presente. Il lavoro comunque
libero che si è fatto mondo potrà anche esser costretto a subordinarsi
alla forma del contratto, ma non potrà più accettare un’Auctoritas superiore a
sé ‘per natura’. Potrà accettare una sottomissione economica, non spirituale”.
(p. 22)
Pesaro 24 agosto 2020, ore 18, 25 giovanni ghiselli
p. s.
|
[2] Vita di Galileo, del 1957.
Cito dalla traduzione di Emilio Castellani.
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