sabato 22 agosto 2020

Massimo Cacciari IV , "Il lavoro dello spirito". 4


Sul contratto
“Il contratto cessa di valere come regolazione di rapporti tra interessi privati, anzi: cessa di valere come strumento di regolazione, per affermarsi come fondamento dell’unico Ordine possibile nell’epoca della incessante trasformazione (…) La rete della lex mercatoria si distende sugli stessi rapporti politici internazionali, oltre a sussumere in sé la regolazione della società civile all’interno dei diversi paesi”.
Questo contratto dovrebbe contenere “le stesse finalità ‘umane’ di solidarietà, assistenza, aiuto del più debole, ecc (…) Anche la com - passione, per valere oggi effettivamente, richiede di essere ‘contrattualizzata’ ”. (p. 18)
In questo contratto sovranazionale io metterei degli esempi tratti dagli antichi.
A proposito della com - passione provo a esemplificarla con alcuni versi dell’ Edipo a Colono di Sofocle.
Quando il vecchio re di Tebe, diventato farmakov" e cacciato dalla città sulla quale regnava, giunge a Colono cieco e sostenuto dalla figlia Antigone, Teseo il re di Atene lo accoglie.
Il mendico incestuoso e parricida gli domanda il perché della generosa ospitalità concessa a un uomo tanto povero e malfamato.
L’ospite gli risponde:  "e[xoid  j ajnh;r w[n" (v.567), so bene di essere un uomo. E' la coscienza della propria umanità senza la quale ogni atto violento è possibile. Il sapere di essere uomo che cosa comporta? Significa incontrare una creatura ridotta a un rudere  come è Edipo vecchio, provarne pietà, incoraggiarla ponendo domande e ascoltandolo: "kaiv s j oijktivsa" - qevlw jperevsqai, duvsmor j Oijdivpou, tivna - povlew" ejpevsth" prostroph;n ejmou' t j e[cwn", vv. 556 - 558, e sentendo compassione, voglio domandarti, infelice Edipo, con quale preghiera per la città e per me ti sei fermato qui.
 Questo comprendere che siamo tutti effimeri, sottoposti al dolore e destinati alla morte induce ad aiutare chi è nel bisogno.
"Anche io - aggiunge il re di Atene  - sono stato allevato xevno" esule come te" (vv.562 - 563)."Dunque so di essere uomo e che del domani nulla appartiene più a me che a te" (vv. 567 - 568).
E' una dichiarazione di quella filanqrwpiva che si diffonderà in età
ellenistica e partorirà l'humanitas  latina.  

Una simile dichiarazione di umanesimo, quale interesse per l'uomo e disponibilità ad ascoltarlo, leggiamo nel  più famoso verso di Terenzio: "Homo sum: humani nil a me alienum puto"[1].

Enea viene salvato dalla compassione, quella di Didone che pure non è in alcun modo ricompensata dall’esule troiano.
La regina che ha fondato Cartagine prima di decadere a donna abbandonata esprime con queste parole il suo tw/' pavqei mavqo"non ignara mali miseris succurrere discoEneide, I, 630, non ignara del male imparo a soccorrere gli sventurati.

Torno a Cacciari: “Il peccato non consiste tanto nel fare il male, quanto nel subordinare radicalmente il bene all’interesse privato, contrattualmente stabilito (…) Lo Stato di diritto è lo Stato che considera sopra di sé la pura forma del contratto; l’idea stessa di Giustizia si riduce a tale forma. Giusto è chi la rispetta, chi ‘sta ai patti’. ‘Giustificato’ è il regime politico che tutela il contratto e vede in esso il fondamento di ogni benessere o eudaimonia pubblica ” (p. 19).

Torno all’antico, alla costituzione politica che il Pericle di Tucidide definisce esemplare e, appunto, giustifica mettendo in rilievo alcuni punti del contratto contenuto in questa politeia.
In effetti ci avvaliamo di una costituzione che non cerca di emulare le leggi dei vicini, ma siamo noi di esempio - paravdeigma - a qualcuno piuttosto che imitare gli altri. Di nome, per il fatto di essere amministrata non per pochi ma per la maggioranza, essa è chiamata democrazia; del resto secondo le leggi, riguardo alle controversie private, c’è una condizione di uguaglianza per tutti, mentre secondo la reputazione, per come ciascuno  viene stimato in qualche campo, non per il partito di provenienza più che per il suo valore, viene preferito alle cariche pubbliche, né, d’altra parte secondo il criterio della povertà, se uno può fare qualche cosa di buono per la città, ne è mai stato impedito per l’oscurità della sua posizione sociale (Tucidide, Storie, II, 37, 1).

I nostri padri costituenti dovevano avere in mente queste parole del logos epitafios tucididèo quando scrissero questi due articoli della Costituzione della Repubblica
Articolo 1: L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. 
Articolo 3 : “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di religione, di condizioni personali e sociali
Comma B. E’ compito della repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori alla organizzazione politica, economica e sociale del paese.

Quanto all’esemplarità di una politeiva, Senofonte nella sua Costituzione degli Spartani (I), che pure era di tutt’altro tipo, afferma di ammirare Licurgo il quale ha reso la patria eccellente nei successi “ouj mimhsavmenoς ta;ς a[llaς povleiς, ajlla; kai; ejnantiva gnou;ς taĩς pleivstaiς”, non imitando le altre città, ma anzi scegliendo l’opposto rispetto alla maggior parte di esse.

Concludo questa parte lasciando la parola a Cacciari che indica la subordinazione della potenza dello Stato al benessere
 “e vale nella misura in cui garantisce il processo di contrattualizzazione di ogni relazione sociale e politica. Qui trova compimento e fine la filosofia del Diritto; nessun passaggio logico può sussistere infatti tra la forma giuridica del contratto, regolante i rapporti nella società civile o nello ‘Stato commerciale’, e la costituzione della relazione politica, della cittadinanza. Qui la fine, pertanto, della missione del lavoro filosofico, che interpretava lo scientiam facere proprio nella prospettiva di tale passaggio.  
Qui, in conclusione, quella sussunzione nell’Economico del Politico, della cultura politica, che decreta la fine dell’età borghese” (p. 20).

“Di geistige Arbeit è necessario ancora discutere. Il lavoro scientifico, mentre funziona ormai esclusivamente nella rete del sistema tecnico - economico, tuttavia, a un tempo, può mostrare la propria produttività o creatività soltanto se ne viene garantita l’autonomia, autonomia che può sempre spingersi fino al limite della autorefenzialità. Il processo stesso di specializzazione è segno anche di questa sua necessaria astrazione dal fine esclusivamente economico perseguito dal sistema sociale di produzione. Per certi versi il lavoro scientifico continua, coscientemente o no, poco importa, a liberare lavoro dipendente o comandato”.
 (p. 21)
Credo che il lavoro scientifico debba essere fiancheggiato dalla letteratura e dalla filosofia. Commento le parole di Cacciari con quelle di altri due auctores accrescitori.    
Il Galileo di Brecht nell'ultima scena del dramma[2] afferma il dovere morale di rendere il sapere funzionale al bene dell'umanità: "Che scopo si prefigge il nostro lavoro? Non credo che la scienza possa proporsi altro scopo che quello di alleviare le fatiche dell'esistenza umana. Se gli uomini di scienza non reagiscono all'intimidazione dei potenti egoisti e si limitano ad accumulare sapere per sapere, la scienza può rimanere fiaccata per sempre, ed ogni nuova macchina non sarà fonte che di nuovi triboli per l'uomo".

 L'egoismo degli affaristi invece vuole una scienza e una scuola che portino al profitto monetario. Secondo questa gente "l'educazione sarebbe definita come l'esatta cognizione per cui si diventa completamente attuali, nei bisogni e nella loro soddisfazione, per cui però, in pari tempo, si dispone, nel modo migliore, di tutti i mezzi e le vie per guadagnare il più facilmente possibile del denaro. Formare il maggior numero possibile di uomini correnti -  a quel modo per cui si dice corrente di una moneta -  questo dunque sarebbe il fine; e un popolo, secondo questa concezione, sarà tanto più felice quanti più uomini correnti del genere possederà (…) Qui si odia ogni educazione che renda isolati, che ponga dei fini al di là del denaro e del guadagno (…) Secondo la moralità che qui è valida, si apprezza (…) una istruzione rapida per diventare presto un essere che guadagna denaro e una istruzione approfondita quanto basta per diventare un essere che guadagna moltissimo denaro"[3].
Torno a Cacciari : “E qui, allora, si colloca la seconda dimensione irrinunciabile della geistige Arbeit: quella politica. Il Politico può, certo, anche esprimersi come contestazione del primato dell’Economico (…) esiste, tuttavia, la necessità di un Politico immanente al sistema. Una necessità ancora più cogente che in ogni altra epoca, e che deriva dalla forma che il lavoro assume nella presente. Il lavoro comunque libero che si è fatto mondo potrà anche esser costretto a subordinarsi alla forma del contratto, ma non potrà più accettare un’Auctoritas superiore a sé ‘per natura’. Potrà accettare una sottomissione economica, non spirituale”. (p. 22)

Pesaro 24 agosto 2020, ore 18, 25 giovanni ghiselli

p. s.
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[1]Heautontimorumenos, 77.
[2] Vita di Galileo, del 1957. Cito dalla traduzione di Emilio Castellani.
[3] F. Nietzsche, Considerazioni inattuali III, Schopenhauer come educatore,  p. 211.

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