sabato 15 agosto 2020

Debrecen 1979. 18. I ricordi belli costituiscono l'educazione migliore

Tibisco

I ricordi belli costituiscono l'educazione migliore

Intermezzo con un ricordo di Fulvio, Bruna e Alfredo
La felicità con Helena e con gli amici

Il 13 dicembre 1981, il giorno di Santa Lucia, il pomeriggio più buio dell’anno, di ogni anno, Fulvio, sua moglie, la loro bambina e io eravamo seduti in una pizzeria di Parma. Abbiamo ricordato la “nostra” estate, quella del 1971, quella di Helena per me e della conoscenza di Bruna e Fulvio, premessa alla venuta al mondo di Maria Luisa. Senza quel mese passato insieme nell’Università estiva di Debrecen, le nostre vite sarebbero state un’altra cosa, e non credo migliore. La bambina non sarebbe nemmeno nata.
 Abbiamo ricordato gli amici di allora, alcuni rimasti nel nostro cuore per sempre. Abbiamo rievocato le gite a Hortobágy, a Eger, sul Tibisco, sul Danubio.
In quel tempo Fulvio era così innamorato di Bruna che non osava invitarla personalmente a venire in giro per l’Ungheria con noi, e chiese a me di farlo.
“Eh, la va dura con le ragazze italiane!” diceva, “non sono come le finlandesi che tratti tu!”.
“Infatti - rispondevo - perciò sono incline a loro”.
“Piuttosto inclinato” fece l’amico.
“Non tanto perché siano più facilmente abbordabili - aggiungevo - quanto per il fatto che sono meno smancerose e commedianti”.
Quel giorno Helena e io avevamo in programma una gita a Zahóny, sul Tibisco dove il fiume divide l’Ungheria dall’Unione Sovietica. Andai a invitare Bruna dicendole che era molto gradita da Fulvio, e che avrebbe fatto piacere pure a Helena e a me, se fosse venuta. La ragazza, una triestina studentessa di Lettere, spalancò gli occhi neri e mi domandò perché non era venuto Fulvio stesso a invitarla.
“Perché si va con la mia automobile” risposi.
“Va bene, verrò” fece lei “mi interessa frequentare Fulvio, mi piace ascoltalo parlare. Non so se lui lo abbia capito”
“Le donne sanno prima dei maschi quello che vogliono, e in genere decidono loro. Tu, se hai deciso che ti interessa, faglielo capire in maniera inequivocabile”, la consigliai. Helena ne fu un poco gelosa. Disse che l’avevo invitata per me. Ma ero innocente come un agnello e la mia amante lo capì presto. Nel fiume percorso da motoscafi armati feci una nuotata con Ezio e Alfredo che ci avevano raggiunti. Ci eravamo proposti la traversata rischiosa. “Vediamo se i Russi ci sparano” dissi per impressionare Helena. Ma lei replicò: “Macché: il Tibisco non è mica l’Ussuri!”. Ci tuffammo dalla spinosa riva magiara. Quando fummo in mezzo alle rauche correnti però, il viavai dei motoscafi che perlustravano le acque armati di mitra ci sbigottì e tornammo indietro. Tanto la mezza bravata s’era già fatta e le donne ci applaudirono. Helena era stanca e tornò indietro in anticipo con Ezio e Alfredo. Noi tre mangiammo e bevemmo in una bettola di Zahóny. Volli dare a Fulvio il tempo di parlare e a Bruna di ascoltarlo come desiderava. In effetti l’eloquio dell’amico era speciale: ricco di idèe, bello di parole. Imparavo da lui.
Tornammo la sera dopo le dieci. Nell’automobile scoperta, piacevolmente  ventilata dall’aria calda della bella notte d’estate, sentivo la mancanza e il desiderio della mia finlandese. Cantavo Kalli olle kukkulalle rakennan mina maiani dentro di me, pregustando la gioia di rivederla appena arrivato al collegio. Ma non la trovai in camera sua né nella mia. Mentre salivo e scendevo a salti frenetici le scale dei due collegi cercandola e rischiando di azzopparmi,  soffrivo la mancanza di lei, temevo la sua dipartita prima del tempo. Andai a fare la doccia, di corsa. Poi avrei seguitato cercandola  per tutta Debrecen: dall’ospedale, all’Arany Bika alla stazione. Ma venne a cercarmi lei. Bussò alla porta mentre mi vestivo. Era sorridente, riposata, contenta. Ero felice di vederla, di averla ritrovata, anzi ancora meglio: che fosse stata lei a venire in cerca di me, a trovarmi. Le chiesi pochi minuti per farmi bello. Quella donna mi nobilitava. Quella giornata e la notte seguente furono tra le più gioiose della mia vita mortale. Quando non ne posso più di stare solo o di annoiarmi in compagnia, ripenso a tali eventi. Credo che se non avessi nell’anima certi ricordi di amore, di amicizia, di benevolenza, sarei morto da un pezzo. Oppure sarei diventato pazzo, completamente. I ricordi belli costituiscono l’educazione migliore, la salute mentale più sicura


Pesaro 15 agosto 2020, ore 18, 5. giovanni ghiselli

p. s
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