Tibisco |
I ricordi belli costituiscono
l'educazione migliore
Intermezzo con un ricordo di Fulvio, Bruna e Alfredo
La felicità
con Helena e con gli amici
Il 13
dicembre 1981, il giorno di Santa Lucia, il pomeriggio più buio dell’anno, di
ogni anno, Fulvio, sua moglie, la loro bambina e io eravamo seduti in una
pizzeria di Parma. Abbiamo ricordato la “nostra” estate, quella del 1971,
quella di Helena per me e della conoscenza di Bruna e Fulvio, premessa alla
venuta al mondo di Maria Luisa. Senza quel mese passato insieme nell’Università
estiva di Debrecen, le nostre vite sarebbero state un’altra cosa, e non credo
migliore. La bambina non sarebbe nemmeno nata.
Abbiamo
ricordato gli amici di allora, alcuni rimasti nel nostro cuore per sempre.
Abbiamo rievocato le gite a Hortobágy, a Eger, sul Tibisco, sul Danubio.
In quel
tempo Fulvio era così innamorato di Bruna che non osava invitarla personalmente
a venire in giro per l’Ungheria con noi, e chiese a me di farlo.
“Eh, la va
dura con le ragazze italiane!” diceva, “non sono come le finlandesi che tratti
tu!”.
“Infatti - rispondevo - perciò
sono incline a loro”.
“Piuttosto
inclinato” fece l’amico.
“Non tanto
perché siano più facilmente abbordabili - aggiungevo - quanto per il fatto che
sono meno smancerose e commedianti”.
Quel giorno
Helena e io avevamo in programma una gita a Zahóny, sul Tibisco dove il fiume
divide l’Ungheria dall’Unione Sovietica. Andai a invitare Bruna dicendole che
era molto gradita da Fulvio, e che avrebbe fatto piacere pure a Helena e a me,
se fosse venuta. La ragazza, una triestina studentessa di Lettere, spalancò gli
occhi neri e mi domandò perché non era venuto Fulvio stesso a invitarla.
“Perché si
va con la mia automobile” risposi.
“Va bene,
verrò” fece lei “mi interessa frequentare Fulvio, mi piace ascoltalo parlare.
Non so se lui lo abbia capito”
“Le donne
sanno prima dei maschi quello che vogliono, e in genere decidono loro. Tu, se
hai deciso che ti interessa, faglielo capire in maniera inequivocabile”, la
consigliai. Helena ne fu un poco gelosa. Disse che l’avevo invitata per me. Ma
ero innocente come un agnello e la mia amante lo capì presto. Nel fiume
percorso da motoscafi armati feci una nuotata con Ezio e Alfredo che ci avevano
raggiunti. Ci eravamo proposti la traversata rischiosa. “Vediamo se i Russi ci
sparano” dissi per impressionare Helena. Ma lei replicò: “Macché: il Tibisco
non è mica l’Ussuri!”. Ci tuffammo dalla spinosa riva magiara. Quando fummo in
mezzo alle rauche correnti però, il viavai dei motoscafi che perlustravano le
acque armati di mitra ci sbigottì e tornammo indietro. Tanto la mezza bravata
s’era già fatta e le donne ci applaudirono. Helena era stanca e tornò indietro
in anticipo con Ezio e Alfredo. Noi tre mangiammo e bevemmo in una bettola di
Zahóny. Volli dare a Fulvio il tempo di parlare e a Bruna di ascoltarlo come
desiderava. In effetti l’eloquio dell’amico era speciale: ricco di idèe, bello
di parole. Imparavo da lui.
Tornammo la
sera dopo le dieci. Nell’automobile scoperta,
piacevolmente ventilata dall’aria calda della bella notte d’estate,
sentivo la mancanza e il desiderio della mia finlandese. Cantavo Kalli olle kukkulalle rakennan mina maiani
dentro di me, pregustando la gioia di rivederla appena arrivato al collegio. Ma
non la trovai in camera sua né nella mia. Mentre salivo e scendevo a salti
frenetici le scale dei due collegi cercandola e rischiando di
azzopparmi, soffrivo la mancanza di lei, temevo la sua dipartita
prima del tempo. Andai a fare la doccia, di corsa. Poi avrei seguitato
cercandola per tutta Debrecen: dall’ospedale, all’Arany Bika alla
stazione. Ma venne a cercarmi lei. Bussò alla porta mentre mi vestivo. Era
sorridente, riposata, contenta. Ero felice di vederla, di averla ritrovata,
anzi ancora meglio: che fosse stata lei a venire in cerca di me, a trovarmi. Le
chiesi pochi minuti per farmi bello. Quella donna mi nobilitava. Quella
giornata e la notte seguente furono tra le più gioiose della mia vita mortale.
Quando non ne posso più di stare solo o di annoiarmi in compagnia, ripenso a
tali eventi. Credo che se non avessi nell’anima certi ricordi di amore, di
amicizia, di benevolenza, sarei morto da un pezzo. Oppure sarei diventato pazzo,
completamente. I ricordi belli costituiscono l’educazione migliore, la salute
mentale più sicura
Pesaro 15
agosto 2020, ore 18, 5. giovanni ghiselli
p. s
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