NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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lunedì 17 agosto 2020

Introduzione a Lucano. XIX parte del poema "Pharsalia". Terzo libro. Dall’inizio al v. 197


Terzo libro. Dall’inizio al v. 197

Argomenti
Il sogno di Pompeo. Cesare a Roma. La plebe viene sfamata poiché da affamata non ha più paura di niente e si ribella. Cesare preferisce essere temuto che amato. Ogni potere nuovo deve essere duro (Eschilo, Virgilio e Machiavelli). Il mare provocato fa pagare il fio (Lucano e Seneca)

Pompeo salpa per la Grecia tenendo gli occhi fissi alla terra d’Esperia dum cernit vanescere finché vede svanire - patrios portus, dum litora numquam ad visus reditura suos e la sommità del monte coperto dalle nuvole .
Il sogno di Pompeo
Durante il viaggio verso la Grecia Pompeo sogna la moglie morta Giulia, figlia di Cesare.
Gli appare un’immagine piena di orrore plena horroris himago
Giulia usciva con aspetto triste per hiantes terras, attraverso spaccature della terra, e stava in piedi come una furia sul rogo acceso. Si attribuisce la colpa della guerra civile dovuta alla sua morte avvenuta nel 54. Dunque è stata trascinata nel tartaro.
Cornelia, la seconda moglie di Pompeo che si è precipitata a sposarlo tepido busto, a rogo ancora caldo è definita paelex, concubina di Pompeo.
Giulia tornerà a tenerlo agitato di notte alternandosi con suo padre: “sed teneat Caesarque dies et Iulia noctes” (27)
La figlia di Cesare lo chiama coniunx e gli dice che le dimenticanze della riva Letea non le ha fatto scordare il marito.
Gli predice la morte: bellum te faciet civile - meum (34 - 35), sarà la guerra civile a farti mio. Quindi sparì.

Intanto Titan iam pronus in undas - ibat (40 - 41), il sole già si tuffava a testa in giù in mezzo alle onde.
Quindi Pompeo sbarcò in Grecia, la terra ospitale che offrì alle poppe facili approdi - obtulit hospita tellus - puppibus accessus faciles (44 - 45)
Cesare non si allieta di avere cacciato Pompeo siccome non ha navi per inseguirlo.
Allora marcia su Roma e saccheggia il tesoro di Stato.

Cesare a Roma
Neque enim iam sufficit ulla - praecipiti fortuna viro (50 - 51) a quell’uomo impetuoso non basta più nessuna buona fortuna.
Cesare pensa a dominare Roma di cui è rimasto padrone. Sa che le cause delle ire e le fasi culminanti del favore vengono attirati dai prezzi del mercato - gnarus irarum causas et summă favoris - annonā momentă trahi - 56 - 57.
Di fatto solo la fame rende libere le città, e la paura viene comprata, quando i potenti nutrono il volgo ozioso: la plebe digiuna non conosce la paura.
Namque assĕrit urbis - sola fames, emiturqe metus, com segne potentes - vulgus alunt : nescit plebes ieiuna timere” (III, 56 - 58).

Curione viene mandato in Sicila - vis illic ingens pelagi, semperque laborant –aequora ne rupti repetant confinia montes, là è grande la forza del mare e le acque faticano sempre perché i monti spezzati non riprendano la vicinanza. Anche in Sardegna vengono mandate delle truppe. Le due isole sono terre fertili e sono state i primi granai di Roma. Solo la Libia le sorpassa quando riceve grande quantità di pioggia. Cesare invece muove verso Roma agmina victor non armata trahens sed pacis habentia vultum tirandosi dietro con aspetto pacifico aspetto pacifico III - 71 - 72. 
Il duce si accorge di non essere amato poiché non ha trionfato sui nemici ma è temuto e ne è contento: “gaudet tamen esse timori - tam magno populis et se non mallet amari” non preferirebbe essere amato 83 - 84.

 Nel Principe (XVII), Machiavelli menziona la “disputa: s’elli è meglio essere amato che temuto”
Ebbene: “rispondesi, che si vorrebbe essere l’uno e l’altro; ma perché elli è difficile accozzarli insieme, è molto più sicuro essere temuto che amato, quando si abbia a mancare dell’uno de’ dua”
E, poco più avanti: “Debbe, non di manco, el principe, farsi temere in modo, che, se non acquista lo amore, che fugga l’odio; il che farà sempre, quando si astenga dalla roba de’ sua cittadini e de’ sua sudditi e dalle donne loro…ma, sopra a tutto, astenersi dalla roba d’altri; perché li uomini dimenticano più presto la morte del padre che la perdita del patrimonio”.
Soprattutto il principe nuovo deve esercitare il potere con durezza
Nel Prometeo incatenato di Eschilo, Efesto, pur riluttante per compassione, deve incatenare il ribelle nella deserta solitudine della Scizia: infatti è Zeus che lo vuole e la sua mente è inesorabile: "a{pa" de; tracu;" o{sti" a}n nevon krath'/" (v. 35), chiunque comandi da poco tempo è duro.
Di questo verso si ricorderà Virgilio quando la sua Didone si giustifica con Enea: "res dura et regni novitas me talia cogunt /moliri et late fines custode tueri " (Eneide , I, 563 - 564): la dura condizione e la novità del regno mi costringono a tali precauzioni e a fare vigilare per lungo tratto i confini dalle guardie.
Didone e Zeus sono duri per difendere i loro regni nuovi dalle tante insidie che li minacciano.
Machiavelli cita questi versi di Virgilio per avallare e autorizzare questa sua affermazione:"Et infra tutti e' principi, al principe nuovo è impossibile fuggire el nome di crudele, per essere li stati nuovi pieni di pericoli"[1]. Insomma è un arcanum imperii che, svelato, diventa lex.

Cesare del resto non intende infierire contro i Romani. Entra nella città comunque attonita dal terrore - urbem attonitam terrore subit”.
Quelli che lo temono lo sopravvalutano: “fuit haec mensura timoris:/ velle putant quodcumque potest” 100 - 101, pensano che voglia tutto quello che può.
 La Curia, il senato è testis privatae vocis, uditore testimone al servizio di un cittadino privato. Molti sedili del Senato sono vuoti
Il tribuno Metello si oppone invano alla rapina dell’erario perpetrata da Cesare che non si degna nemmeno di ucciderlo.
Cesare si impadronisce di tutti i tesori, il patrimonio del popolo romano - Romani census populi - 157: “tristi spoliantur templa rapina, - pauperiorque fuit tum primum Caesare Roma”” 167 - 168, allora per la prima volta Roma fu più povera di Cesare. Viene saccheggiato il tesoro di Stato nel tempio di Saturno.

Intanto la Grecia manda truppe a Pompeo.

Catalogo degli alleati di Pompeo.

Vengono elencati i popoli  e le città destinate a cadere con lui. C’è tutta la Grecia proxima vicino bello vicina alla guerra imminente. Mandano truppe Anfissa e Cirra focesi, il Parnaso iugo desertus utroque (Pharsalia, III, 173) che rimase abbandonato nelle due cime: Cirra sacra ad Apollo e Nisa sacra alle Muse.
Cfr. Dante: “Infino a qui l’un giogo di Parnaso-assai mi fu; ma or con  amendue-m’è uopo intrar nell’aringo rimaso” (Paradiso, I, 16-18)
La Beozia attraversata dal Cefiso, la Tebe di Cadmo, le truppe di Pisa e dell’Alfeo, populisque per aequora mittens -Sicaniis Alphĕos aquas  (176-177) il fiume che manda le acque alla gente di Sicilia passando attraverso le distese marine
Gli Arcadi hanno lasciato le montagne del Menalo; i soldati di Trachis il monte Eta, quello di Ercole “tum Maenala liquit-Arcas et herculeam miles Trachinius Oeten” (178).

 I Selli antichi hanno lasciato le querce di Dodona rimaste silenziose sul vertice caonio (180).

Dei Selloiv Achille pregando Zeus in favore di Patroclo dice che vivono intorno a Dodona  sono profeti del dio, sono ajniptovpode" non si lavano (nivptw) i piedi  e dormono per terra (camaieu'nai-camaiv-eujnhv) –Iliade, XVI, 234-235).
Eracle nelle Trachinie dice che entrato nel bosco dei Selli udì le loro voci dalla quercia di Zeus: gli dissero che sarebbe stato liberato da tutte le tribolazioni, ma poi ha visto che questa luvsi"  sarebbe stata la morte.
Ebbene anche Sofocle qualifica i Selli come montani che dormono per terra (Trachinie, 1166).

Solo poche sono le navi ateniesi “tresque petunt veram credi Salamina carinae” 183, solo tre chiedono che Salamina (la battaglia del 180) sia creduta vera. Nel catalogo delle navi dell’Iliade, “il popolo” di atene ne aveva mandate 50-
Creta antica di cento popoli viene  con Gortina e Cnosso

cfr. Omero, Odissea XIX, 172 ss.  là si trovano ejnnhvkonta povlhe" novanta città con una lingua mista l’una alle altre a[llh  d’ a[llwn glw'ssa memigmevnh (175): Achei, Eteocretesi, Cidòni e Dori divisi in tre stirpe, e i gloriosi Pelasgi. La città più importante era Cnosso e là regnava Minosse per nove anni.

Poi vari Epiroti tra cui gli Encheli et nomine prisco- encheliae versi testantes funera Cadmi (189-190)  con il loro nome antico attestano la morte e la metamorfosi di Cadmo e[gcelu", anguilla.
 

 Vengono menzionate diverse località, molte della Tessaglia tra cui Iolco da dove si mossero gli Argonauti
Il mare sfidato la fa pagare ai provocatori:"Inde lacessitum primo mare, cum rudis Argo/miscuit ignotas temerato litore gentes/primaque cum ventis pelagique furentibus undis/composuit mortale genus, fatisque per illam/accessit mors una ratem" (III, 193 - 197), di lì[2] il mare per la prima volta venne provocato, quando l'inesperta Argo mescolò genti che non si conoscevano sulla costa profanata, e per prima mise la razza umana alle prese con i venti e con le onde furiose del mare, e una morte attraverso quella nave si aggiunse ai destini dei mortali.
Viene condannata la confusione conseguente alla negazione del principium individuationis. Ancora l' u{bri" di Serse.
Cfr. Seneca: "Quisquis audacis tetigit carinae/nobiles remos, nemorisque sacri/Pelion densa spoliavit umbra; quisquis intravit scopulos vagantes,/et tot emensus pelagi labores,/barbara funem religavit ora,/raptor externi rediturus auri:/exitu diro temerata ponti/iura piavit./Exigit poenas mare provocatum " ( Seneca, Medea, vv. 608 - 616), tutti quelli che toccarono i remi famosi della nave audace, e spogliarono il Pelio dell'ombra densa della foresta sacra; chiunque passò tra gli scogli vaganti[3] e, attraversati tanti travagli del mare, gettò l'ancora su una barbara spiaggia, per tornare impossessatosi dell'oro straniero: con morte orribile espiò le violate leggi del mare. Fa pagare il fio il mare provocato.

Pesaro, 17 agosto, 2020, ore 11, 45. giovanni ghiselli

p. s.

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[1] Il Principe, XVII
[2] Da Iolco, patria di Giasone.
[3] Le Simplegadi

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