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giovedì 13 agosto 2020

I nobili di Proust


I nobili di Proust

La semplicità, la naturalezza e la negligenza fanno parte dello stile nobile.

Nei Guermantes di Proust, che costituiscono quasi il codice dell'aristocrazia redatto da un borghese, si legge che "i nobili fraternizzano più volentieri coi loro contadini che coi borghesi"[1]Il raffinato Saint-Loup appariva di un'eleganza " libera e trascurata"[2] che si adattava perfettamente a "quel corpo, non opaco e oscuro (…) ma limpido e significativo". Un corpo attraverso il quale " le qualità tutte essenziali dell'aristocrazia (…) trasparivano, come si manifesta in un'opera d'arte la industre ed efficace potenza che l'ha creata, e rendevano i movimenti di quella corsa leggera (…) intellegibili e pieni di grazia come quelli di un cavaliere su un fregio architettonico"[3].

Si può avvicinare a questa descrizione quella che Plinio il Giovane dà di Aciliano che propone come sposo per la figlia di un amico: "Est illi facies liberalis, multo sanguine, multo rubore suffusa; est ingenua totius corporis pulchritudo" (I, 14), ha una faccia nobile, inondata di molta vita e molto colore; è schietta la bellezza di tutto il corpo. 

 Addirittura i tratti del volto di questi aristocratici suggeriscono una parentela antica con la natura :"il naso a becco di falco e gli occhi penetranti" sono "caratteristici (...) di quella razza rimasta così speciale in mezzo a un mondo in cui non si è confusa e resta isolata, nella sua gloria divinamente ornitologica: perché essa sembra nata, in un'età favolosa, dall'unione d'una dea con un uccello"[4].

Il paragone tra la donna e l'uccello è già presente nel Perceval di Chrétien de Troyes quando il protagonista, novello cavaliere , entra nel castello di Biancofiore e gli "si avvicina la donzella più graziosa, più elegante e più viva di sparviero e pappagallo"[5].

La connessione con Ovidio sta nel mito di Leda raffigurato da Aracne:"fecit olorinis Ledam recubare sub alis " (Metamorfosi , VI, 109), la rappresentò stesa sotto ali di cigno.
Questo trovare l'unità e la "parentela di tutto ciò che esiste al mondo, cose ed esseri viventi corrisponde alla sola certa filosofia delle Metamorfosi ()Col racconto cosmogonico del libro I e la professione di fede di Pitagora dell'ultimo, Ovidio ha voluto dare una sistemazione teorica a questa filosofia naturale, forse in concorrenza col lontanissimo Lucrezio"[6]. Ovidio nel XV libro delle Metamorfosi dà voce a Pitagora il quale proibisce di mangiare gli animali: nella fortunata età dell'oro le bocche umane non erano contaminate dal sangue (v. 98). Inoltre il filosofo di Samo vieta di sacrificare creature viventi agli dèi, e insegna che l'anima non muore ma trasmigra in altri corpi e altre regioni:"Cuncta fluunt, omnisque vagans formatur imago" (v. 178), tutto scorre e ogni immagine si forma fluttuando.

Ma torniamo a Proust che descrive gli atti di questi nobili per mostrare quanto essi fossero nello stesso tempo naturali e "graziosi come il volo d'una rondine o l'inclinazione della rosa sul suo stelo" ( I Guermantes, p. 475).
Il Guermantes nel dare la mano "che si dirigeva verso di voi all'estremità di un braccio teso per tutta la sua lunghezza, aveva l'aria di presentarvi un fioretto per una singolar tenzone; e quella mano era insomma a una tal distanza da quel Guermantes in quel momento che, quand'egli inchinava poi la testa, era difficile distinguere se salutasse voi o la propria mano (p. 481). Manifestazione di intelligenza era la parola salata, "giacché lo spirito dei Guermantes giudicava i discorsi prolungati e pretenziosi[7], sia nel genere serio sia nel burlesco, come un segno della più insopportabile stupidità" (p. 498). Più avanti ( p. 534) Proust nota " l'abitudine (…) dei nobili che fraternizzano più volentieri coi loro contadini che coi borghesi".
E ancora: "quel famoso lusso (…) non era soltanto materiale… ma anche un lusso di parole cortesi, di atti gentili, tutta un'eleganza verbale alimentata da un'autentica ricchezza interiore" (p. 590).
 I gran signori, insomma, "sono quasi le sole persone dalle quali si può imparare come dai contadini: la loro conversazione si adorna di tutto ciò che riguarda la terra, le abitazioni come erano abitate una volta, le antiche usanze, tutto ciò che il mondo del denaro ignora profondamente"(p.595).

 Ecco dunque un apprezzamento della rusticitas.
Saint-Loup aveva innanzitutto il pregio della naturalezza che si vedeva fino negli abiti "di un'eleganza disinvoltasenza nulla di 'pretenzioso' né di 'compassato', senza rigidità e senza appretto."
Quel giovane ricco era apprezzabile" per il modo negligente e libero che aveva di viver nel lusso, senza 'puzzare di soldi', senza darsi arie di importanza"; il fascino della naturalezza si trovava "perfino nell'incapacità che Saint-Loup aveva conservata (...) d' impedire al proprio viso di riflettere un'emozione"(p. 334). Si vedeva in lui "l'agilità ereditaria dei grandi cacciatori (...) il loro disprezzo per la ricchezza" la quale serviva solo per festeggiare gli amici. Ma, continua l'autore: "Vi sentivo soprattutto la certezza o l'illusione che avevano avuto quei grandi signori di essere 'più degli altri' e grazie alla quale non avevano potuto lasciare in legato a Saint-Loup quel desiderio di mostrare che si vale 'quanto gli altri', quella paura di sembrare troppo premurosi che rende così rigida e goffa la più sincera amabilità plebea" (I Guermantes, p.337).

 Saint Loup aveva "un modo di concepire le cose per il quale non si fa più conto di sé e moltissimo del 'popolo'; insomma tutto l'opposto dell'orgoglio plebeo (p. 351). Suo zio Palamède "in ogni circostanza, faceva quel che gli riusciva più gradevole, più comodo, ma immediatamente gli snob lo imitavano" (p. 351).
Questo dunque è il nobile proustiano, dotato, per natura si direbbe, di stile e fascino; più avanti però l'autore riduce la portata della sua ammirazione e smonta tanta naturalezza, almeno in parte apparente o esibita, affermando che" Di fronte a quella d' un grande artista, l'amabilità di un gran signore, per quanto affascinante essa sia, ha l'aria di una mimica d' attore, di una simulazione. Saint Loup cercava di piacere, Elstir amava dare, darsi"(p. 431).

giovanni ghiselli


[1] I Guermantes, (1920). Trad. it. , Torino, 1978, p. 534.
[2] M. Proust, I Guermantes, p. 96.
[3] M. Proust, I Guermantes, p. 448.
[4] I Guermantes , p. 82.
[5] Perceval ou li conte dou Graal , ultima opera del poeta francese Chrétien de Troyes (seconda metà sec. 12º), iniziata tra il 1182 e il 1190 e rimasta incompiuta, dedicata al conte di Fiandra Filippo d'Alsazia. cap. IV.
[6] I. Calvino, Perché leggere i classici, p. 39.
[7] In All'ombra delle fanciulle in fiore Proust scrive che la signora di Villeparisis giudicava severamente alcuni pur grandi scrittori come Balzac e Victor Hugo "proprio perché avevano mancato di quella modestia, di quel ritegno, di quell'arte sobria...di quelle qualità di moderazione nel giudizio e di semplicità, in cui le avevano insegnato che risiede il valore vero"(p. 308).

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