giovedì 27 agosto 2020

Debrecen 1979. 33. La cena del 4 agosto con "Brina"

La cena del 4 agosto con "Brina"

Il menadismo nero senza ditirambi di gioia

Non avevo smaltito le impressioni ricevute dal menadismo nero e dallo spettro di Ifigenia che si aggirava lungo quella valle. Per farlo avrei dovuto tambureggiare ditiranbi di gioia in un’orgia santa con Bacco e con la grande madre Cibele, insomma con il vino e con una bella donna, piena di significato, invece mi trovai seduto a cena vicino a una finnica esangue, quasi diafana  e fredda come una mansarda esposta a nord.
 Si presentò dicendo che si chiamava Kirsi che significa “brina” ma precisò che il suo nome era un presagio rovesciato. “Brina bollente” le dissi per assecondarla. “Esatto – fece - tu mi capisci al volo”.
Sì – replicai - ti vedo volare eterea e candida come se fossi nata da un incontro tra un uccello dalle piume d’argento e una divinità iperborea fecondata sul tappeto muschioso dei vostri boschi. Le tue  origini  devono avere la sorgente nel mito e possedere una dignità divinamente ornitologica.”  
Colei sorrideva probabilmente compiaciuta, ma io, mentre dicevo tali insulsaggini,  avevo l’anima ancora invasa dall’ ei[dwlon  cupo di Ifigenia.
Intanto sentivo piovere sul tetto del ristorante “Casamatta”, un locale tra il bunker a la cantina. Quando ne uscimmo però le pozzanghere riflettevano le stelle del cielo rasserenato. Durante il ritorno, in corriera le finniche esangui cantavano canzoncine dolci e malinconiche con voci di miele. La loro lingua piena di vocali raddoppiate sembra primitiva e infantile. “Bambine con poca coscienza e scarsa innocenza” pensai, malignamente e ingrata mente.
Ero inacidito e incupito dal comportamento poco chiaro di Ifigenia.
Mi ero isolato per rimuginare pensieri cattivi su una donna assente che mi infliggeva angoscia, invece di mescolarmi a quelle creature che in un tempo meno malsano mi avevano reso del tutto felice.

Il telegramma – pensavo - non è ambiguo nelle parole amorose, però non è frutto dell’applicazione seria cui spinge l’amore, come una lettera dove colei avrebbe potuto descrivere i suoi sentimenti e raccontarmi le azioni, gli eventi pubblici e privati. Dice che l’epistola arriverà. Vedremo. Intanto il messaggio pervenuto non vale granché: l’ha composto in pochi minuti e l’ha spedito non da Rimini dove poteva distrarsi sulla spiaggia affollata di avventurieri erotici, ma da Bologna che in agosto è deserta e offre scarse possibilità di tresche amorose”.

Poi mi dicevo: “Sai bene che una donna scrive quando e se ama, e colei in due settimane di lontananza dal carnaio di Rimini nemmeno una cartolina illustrata ti ha scritto. Chi ama si comporta con chiarezza che toglie ogni dubbio. D’inverno ti cercava a tutte le ore, anche troppo. Quando, annoiata o tormentata dal marito scendeva in garage o si chiudeva in bagno per telefonarmi e quell’energumeno bussava alla porta con mani frenetiche. Ora che quello è lontano, lei  non ha più bisogno di te come consolatore.
Ora anche tu sei lontano. Ora ti manda un telegramma pieno di enfasi erotica perché non si sa mai, però i suoi pensieri buoni o cattivi non te li fa conoscere e tanto meno le sue azioni probabilmente non proprio virtuose. Ifigenia ha le menbra diritte, perfette, ma la sua mente è obliqua e contorta”.    

Pesaro 27 agosto 2020, ore 11, 50
giovanni ghiselli
p. s.
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