Berlinde De Bruyckere, Honte |
Introduzione a Lucano. "Pharsalia". Libro VI (versi 1-103)
Libro VI
Sommario:
Battaglia di
Durazzo. Successi parziali di Pompeo
I due
eserciti marciano verso la Tessaglia, terra di streghe maghe
La più
potente è Eritto cui Sesto Pompeo chiede il futuro
Eritto evoca
un morto che fa previsioni catastrofiche per Roma
Vediamo
ora i primi cento versi
Argomenti
Cesare e
Pompeo quale coppia di gladiatori.
Descrizione
di una peste, dei contagi, delle morti
Cesare e
Pompeo si dispongono alla battaglia finale come una coppia - par - (v.
3) di gladiatori.
Gli
spettacoli circensi - mera homicidia - secondo la testimonianza di
Seneca sono diventati esemplari per la guerra civile.
Seneca, tornato dal
Circo dove ha assistito a mera homicidia omicidi veri e propri,
commenta:" avarior redeo, ambitiosior, luxuriosior? immo vero
crudelior et inhumanior, quia inter homines fui ", torno a casa
più avido, ambizioso, amante del lusso? anzi più crudele e più disumano proprio
perché sono stato in mezzo agli uomini (Ep. 7, 3). Il consiglio allora
è: "recede in te ipse
quantum potes ", rientra in te stesso quanto puoi (7, 8).
Cesare vuole
rischiare: placet alea fati (8) gli piace il dado del fato il
gioco d’azzardo, alterutrum mersura caput che avrebbe sommerso
una o l’altra testa. Non riesce a provocare il genero, allora si precipita a
Durazzo.
Però Pompeo
lo previene andando a difendere la colonia corinzia del resto già ben difesa
dalle sue torri e dalla posizione naturale: dal mare, scopulisque
vomentibus aequor e da scogliere che vomitano acqua (24).
Rocce
terrificanti per le navi sorreggono le mura - Terribiles ratibus sustent
moenia cautes (26) e lo Ionio furente quando è sollevato dall’Austro
rabbioso sparge schiuma fin nelle loro cime spumatque in culmina pontus (28).
Il mare
spesso arrabbiato funge da correlativo oggettivo degli stati d’animo dei
personaggi.
Una spes
improba afferrò la mente di Cesare avida di guerra (29)
Egli
circonda dalla terra l’esercito di Pompeo con un terrapieno. Tuttavia agli
assediati rimane un ampio spazio di manovra e il mare per rifornirsi. Le mura
di Ilio costruite dagli dèi e quelle di Babilonia che i Parti avvezzi a
fuggire refŭgi Parthi possono pure ammirare, non furono
un opus grande come questo di Cesare. Però tanti
periere labores 54 - andarono perduti. Eppure “tot potuere manus
aut iungere Seston Abydo” schiacciando sotto i massi lo stretto di Frisso,
ossia l’Ellesponto, o aprire un canale a Corinto, e condonare alle navi la
curva imposta ai naviganti dalla lunga Malea. Il dito più più orientale e
meridionale del Peloponneso
Nell’ Odissea
III, 287 il capo Malea è indicato come luogo difficile, scosceso (aijpuv")
La
Medea di Seneca dice:
“Ridurrò il
palazzo a un alto mucchio di cenere;
vedrà il
fosco vortice portato dalle fiamme
il capo
Malea che impone alle navi fuorviate lunghi ritardi (Medea, vv. 147 - 149).
Mi dispiace di non essere più preciso ma non ho questi due testi a Pesaro con
me. Rimedierò a Bologna
Plinio
il Giovane in una lettera a Traiano ricorda la difficoltà incontrata nel
doppiare questo pomontorio: "nuntio tibi me Ephesum cum omnibus meis uJpe;r Malevan navigasse,
quamvis contrariis ventis retentum" (X, 15), ti comunico che ho
navigato fino a Efeso con tutti i miei dopo avere doppiato capo Malea, sebbene
ostacolato dai venti contrari.
Comincia qui
la guerra civile. Pompeo non capisce il significato dell’opera veluti
mediae qui tutus in arvis - Sicaniae rabidum nescit latrare Pelorum (65
- 66), come chi si trova sicuro nei campi della Sicilia di mezzo, non sa che
Peloro latra rabbioso. Capo Peloro è la punta nord orientale della Sicilia.
Così
quando il mare soggetto alle marèe - vaga cum Tethys e le coste di Rutupie Rutupĭnaque
litora (attuale Kent) ribollono, l’unda turbata rimane
sconosciuta ai Britanni di Caledonia - unda Caledonios fallit turbata
Britannos (68). Lo spazio recintato dal vallo è dunque molto ampio e i
due eserciti indugiano a combattere. A Pompeo manca l’erba per i cavalli dopo
che è stata calpestata dal loro galoppo. Molti di questi muoiono e le carcasse
putrefatte ammorbano l’aria. In modo simile l’isola di Nisida (vicina a
Pozzuoli) emette un’aria da Stige dalle scogliere nebbiose - emittit Stygium
nebulosis aera saxis (90) e le caverne esalano la rabbia di Tifone
latore di morte.
Inde labant
populi, quindi
vacillano le genti. L’acqua è più predisposta dell’aria a subire ogni contagio
- caeloque paratior unda - omne pati virus - perciò duravit viscera
caeno ha indurito le viscere con il fango (93 - 94).
La pelle si
raggrinzisce, fa scoppiare gli occhi, una peste di fuoco si diffonde sulla
faccia, la testa stanca rifiuta di sostenersi - caput se ferre recūsat (97)
Il destino
scosceso porta tutto con sé sempre più in basso “Iam magis atque magis
praeceps agit omnia fatum” - (98). Muoiono molti tra i pompeiani e i
cadaveri contagiano i vivi.
Non c’è una
via di mezzo che separi la vita dalla morte - nec medii dirimunt morbi
vitamque necemque, - ma la malattia arriva con la morte –sed languor
cum morte venit; turbaque cadentum - aucta lues - e la peste è
accresciuta dalla caterva di quelli che cadono, dum mixta iacent
incondita vivis - corpora mentre i cadaveri insepolti si
trovano mescolati con i vivi; nam miseros ultra tentoria cives - spargere
funus erat (vv. 99 - 103) infatti il funerale si limitava a
sparpagliare i poveri cittadini morti al di là delle tende.
Mi sono
soffermato su questo argomento del contagio per il fatto che è del tutto
attuale. L’improvvida apertura delle discoteche ha messo a repentaglio quella
delle scuole.
Pesaro 31
agosto 2020, ore 20 e tre minuti.
giovanni
ghiselli
p. s
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