lunedì 31 agosto 2020

Lucano XXXII. Introduzione a Lucano. "Pharsalia". Libro VI (versi 1-103)

Berlinde De Bruyckere, Honte

Introduzione a Lucano. "Pharsalia". Libro VI (versi 1-103)

Libro VI
Sommario:
Battaglia di Durazzo. Successi parziali di Pompeo
I due eserciti marciano verso la Tessaglia, terra di streghe maghe
La più potente è Eritto cui Sesto Pompeo chiede il futuro
Eritto evoca un morto che fa previsioni catastrofiche per Roma

Vediamo ora i primi cento versi

Argomenti
Cesare e Pompeo quale coppia di gladiatori.
Descrizione di una peste, dei contagi, delle morti

Cesare e Pompeo si dispongono alla battaglia finale come una coppia - par - (v. 3) di gladiatori.

Gli spettacoli circensi - mera homicidia - secondo la testimonianza di Seneca sono diventati esemplari per la guerra civile.

Seneca, tornato dal Circo dove ha assistito a mera homicidia omicidi veri e propri, commenta:" avarior redeo, ambitiosior, luxuriosior? immo vero crudelior et inhumanior, quia inter homines fui ", torno a casa più avido, ambizioso, amante del lusso? anzi più crudele e più disumano proprio perché sono stato in mezzo agli uomini (Ep. 7, 3). Il consiglio allora è: "recede in te ipse quantum potes ", rientra in te stesso quanto puoi (7, 8).

Cesare vuole rischiare: placet alea fati (8) gli piace il dado del fato il gioco d’azzardo, alterutrum mersura caput che avrebbe sommerso una o l’altra testa. Non riesce a provocare il genero, allora si precipita a Durazzo.
Però Pompeo lo previene andando a difendere la colonia corinzia del resto già ben difesa dalle sue torri e dalla posizione naturale: dal mare, scopulisque vomentibus aequor e da scogliere che vomitano acqua (24).
Rocce terrificanti per le navi sorreggono le mura - Terribiles ratibus sustent moenia cautes (26) e lo Ionio furente quando è sollevato dall’Austro rabbioso sparge schiuma fin nelle loro cime spumatque in culmina pontus (28).
Il mare spesso arrabbiato funge da correlativo oggettivo degli stati d’animo dei personaggi.
Una spes improba afferrò la mente di Cesare avida di guerra (29)
Egli circonda dalla terra l’esercito di Pompeo con un terrapieno. Tuttavia agli assediati rimane un ampio spazio di manovra e il mare per rifornirsi. Le mura di Ilio costruite dagli dèi e quelle di Babilonia che i Parti avvezzi a fuggire refŭgi Parthi possono pure ammirare, non furono un opus grande come questo di Cesare. Però tanti periere labores 54 - andarono perduti. Eppure “tot potuere manus aut iungere Seston Abydo” schiacciando sotto i massi lo stretto di Frisso, ossia l’Ellesponto, o aprire un canale a Corinto, e condonare alle navi la curva imposta ai naviganti dalla lunga Malea. Il dito più più orientale e meridionale del Peloponneso

Nell’ Odissea III, 287 il capo Malea è indicato come luogo difficile, scosceso (aijpuv")
La Medea di Seneca dice:
“Ridurrò il palazzo a un alto mucchio di cenere;
vedrà il fosco vortice portato dalle fiamme
il capo Malea che impone alle navi fuorviate lunghi ritardi (Medea, vv. 147 - 149). Mi dispiace di non essere più preciso ma non ho questi due testi a Pesaro con me. Rimedierò a Bologna
 Plinio il Giovane in una lettera a Traiano ricorda la difficoltà incontrata nel doppiare questo pomontorio: "nuntio tibi me Ephesum cum omnibus meis uJpe;r Malevan navigasse, quamvis contrariis ventis retentum" (X, 15), ti comunico che ho navigato fino a Efeso con tutti i miei dopo avere doppiato capo Malea, sebbene ostacolato dai venti contrari.

Comincia qui la guerra civile. Pompeo non capisce il significato dell’opera veluti mediae qui tutus in arvis - Sicaniae rabidum nescit latrare Pelorum (65 - 66), come chi si trova sicuro nei campi della Sicilia di mezzo, non sa che Peloro latra rabbioso. Capo Peloro è la punta nord orientale della Sicilia.
 Così quando il mare soggetto alle marèe - vaga cum Tethys e le coste di Rutupie Rutupĭnaque litora (attuale Kent) ribollono, l’unda turbata rimane sconosciuta ai Britanni di Caledonia - unda Caledonios fallit turbata Britannos (68). Lo spazio recintato dal vallo è dunque molto ampio e i due eserciti indugiano a combattere. A Pompeo manca l’erba per i cavalli dopo che è stata calpestata dal loro galoppo. Molti di questi muoiono e le carcasse putrefatte ammorbano l’aria. In modo simile l’isola di Nisida (vicina a Pozzuoli) emette un’aria da Stige dalle scogliere nebbiose - emittit Stygium nebulosis aera saxis (90) e le caverne esalano la rabbia di Tifone latore di morte.
Inde labant populi, quindi vacillano le genti. L’acqua è più predisposta dell’aria a subire ogni contagio - caeloque paratior unda - omne pati virus - perciò duravit viscera caeno ha indurito le viscere con il fango (93 - 94).
La pelle si raggrinzisce, fa scoppiare gli occhi, una peste di fuoco si diffonde sulla faccia, la testa stanca rifiuta di sostenersi - caput se ferre recūsat (97)
Il destino scosceso porta tutto con sé sempre più in basso “Iam magis atque magis praeceps agit omnia fatum” - (98). Muoiono molti tra i pompeiani e i cadaveri contagiano i vivi.
Non c’è una via di mezzo che separi la vita dalla morte - nec medii dirimunt morbi vitamque necemque, - ma la malattia arriva con la morte –sed languor cum morte venitturbaque cadentum - aucta lues - e la peste è accresciuta dalla caterva di quelli che cadono, dum mixta iacent incondita vivis - corpora mentre i cadaveri insepolti si trovano mescolati con i vivi; nam miseros ultra tentoria cives - spargere funus erat (vv. 99 - 103) infatti il funerale si limitava a sparpagliare i poveri cittadini morti al di là delle tende.
Mi sono soffermato su questo argomento del contagio per il fatto che è del tutto attuale. L’improvvida apertura delle discoteche ha messo a repentaglio quella delle scuole.

Pesaro 31 agosto 2020, ore 20 e tre minuti.

giovanni ghiselli

p. s
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