mercoledì 12 agosto 2020

Introduzione a Lucano. XVI parte del poema "Pharsalia". L'affettazione I

Parini
Il bello stile della neglegentia II parte. La volgarità dell'affettazione I parte


Parini impiega questo topos a proposito dell'acconciatura del Giovin Signore suo pupillo: "Ma il crin, Signore,/Forma non abbia ancor da la man dotta/Dell'artefice suo (…) Non senz'arte però vada negletto/su gli omeri a cader (…) Poi che in tal guisa te medesmo ornato/Con artificio negligente avrai;/Esci pedestre a respirar talvolta/I mattutini fiati(Il mattino[1], vv. 1005 e sgg.).

Questo stile della semplicità ricercata è adottato anche dal seduttore di Madame Bovary :"si scusò di essere anche lui così trascurato. Nel suo modo di vestirsi era quel miscuglio di trasandataggine e di ricercatezza in cui la gente, di solito, crede di intravedere la rivelazione di un'esistenza eccentrica, le sfrenatezze del sentimento, le tirannie dell'arte, il perpetuo disprezzo delle convenienze, insomma quanto può sedurre o esasperare" (p. 113).

Il dandismo non è, come molte persone poco riflessive vogliono credere, un diletto eccessivo della toeletta e dell'eleganza materiale. Queste cose non sono per il perfetto dandy che un simbolo della superiorità aristocratica del suo spirito. Così, ai suoi occhi, desiderosi sopra tutto di distinzione , la perfezione della toeletta consiste nella massima semplicità, che è, in realtà, il miglior modo di distinguersi"[2].

Condanne dell’affettazione che è l’opposto della semplicità  
Può essere interessante notare che di adfectatio addirittura scolastica viene tacciato Ovidio da Quintiliano che del resto lo scusa, vista la necessità del poeta delle Metamorfosi di arrivare a sintesi tra cose diversissime:"Illa vero frigida et puerilis est in scholis adfectatio, ut ipse transitus efficiat aliquam utǐque sententiam et huius velut praestigiae plausum petat, ut Ovidius lascivire in Metamorphosesin solet, quem tamen excusare necessitas potest res diversissimas in speciem unius corporis colligentem " (Institutio oratoria, 4, 1, 77), c'è invero nelle scuole quella fredda e puerile affettazione, in modo che il passaggio[3] stesso forma in ogni modo qualche battuta d'effetto e cerchi l'applauso di questa specie di illusione, come è solito giocare nelle Metamorfosi  Ovidio che tuttavia può scusare la necessità in quanto egli raccoglie cose diversissime nella parvenza di un unico corpo.

L'elogio della neglegentia procede parallelamente alla condanna dell'affettazione  nella civiltà europea. Ne do qualche esempio.
Baldassarre Castiglione in Il cortegiano[4]  prescrive al gentiluomo di fuggire sopra tutto "la ostentazione e lo impudente laudar se stesso, per lo quale l'uomo sempre si còncita odio e stomaco da chi ode" (I, 17). Egli deve schivare "quanto più si pò, e come un asperissimo e pericoloso scoglio, la affettazione; e, per dir forse una nova parola, usar in ogni cosa una certa sprezzatura", ossia una studiata disinvoltura, "che nasconda l'arte e dimostri ciò che si fa e dice venir fatto senza fatica e quasi senza pensarvi. Da questo  credo io che derivi assai la grazia… " (I, 26). Parimenti la perfetta gentildonna "Non mostri inettamente di sapere quello che non sa, ma con modestia cerchi d'onorarsi di quello che sa, fuggendo, come s'è detto, l'affettazione in ogni cosa". Infatti "somma disgrazia a tutte le cose dà sempre la pestifera affettazione e per contrario grazia estrema la simplicità e la sprezzatura" Quindi la gentildonna non deve mostrare l'artificio :"questi vostri difetti di che io parlo vi levano la grazia, perché d'altro non nascono che da affettazione, per la qual fate conoscere ad ognuno scopertamente il troppo desiderio d'esser belle" (I, 40).

Leopardi trova grande saggezza e verità in queste parole: “Grazia del contrasto. Conte Baldessar Castiglione, il libro del Cortegiano[5]…Ma avendo io già più volte pensato meco, onde nasca questa grazia, lasciando quegli che dalle stelle l’hanno, trovo una regola universalissima; la qual mi par valer circa questo in tutte le cose umane, che si facciano, o dicano, più che alcun altra; e ciò è fuggir quanto più si può, e come un asperissimo e pericoloso scoglio la affettazione; e, per dir forse una nuova parola, usar in ogni cosa una certa sprezzatura, che nasconda l’arte, e dimostri, ciò che si fa, e dice, venir fatto senza fatica, e quasi senza pensarvi. Da questo credo io che derivi assai la grazia” (Zibaldone, 2682).
A proposito dell’affettazione nello scrivere: “l’affettazione è la peste d’ogni bellezza e d’ogni bontà, perciò appunto che la prima e più necessaria dote sì dello scrivere, come di tutti gli atti della vita umana, è la naturalezza (28. Feb. 1821)[6].
Similmente Montaigne: "Ogni affettazione, specie se si considera la gaiezza e libertà francese, è sconvenevole all'uomo di corte. E, in una monarchia, ogni gentiluomo dev'essere educato alle maniere proprie di un uomo di corte. Per questa ragione facciamo bene a inclinare un po' alla spontaneità e alla noncuranza"[7].



[1] Pubblicato nel 1763.
[2] Curiosità estetiche del 1869. Trad. it. in Il Sistema Letterario , Ottocento , di Guglielmino/Grosser, Principato, Milano, 1992, p. 1150.
[3] Dal prooemium all' expositio .
[4] Il libro del cortegiano fu scritto tra il 1513 e il 1518 e venne pubblicato nel 1528.
[5] Il libro del cortegiano fu scritto tra il 1513 e il 1518 e venne pubblicato nel 1528 ndr
[6] Zibaldone 705.
[7] Saggi, p. 229.

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