Parini |
Parini impiega
questo topos a proposito dell'acconciatura del Giovin Signore suo pupillo: "Ma
il crin, Signore,/Forma non abbia ancor da la man dotta/Dell'artefice suo (…)
Non senz'arte però vada negletto/su gli omeri a cader (…) Poi che in tal guisa te medesmo ornato/Con
artificio negligente avrai;/Esci
pedestre a respirar talvolta/I mattutini fiati(Il mattino[1],
vv. 1005 e sgg.).
Questo stile
della semplicità ricercata è adottato anche dal seduttore di Madame Bovary :"si scusò
di essere anche lui così trascurato. Nel suo modo di vestirsi era quel
miscuglio di trasandataggine e di ricercatezza in cui la gente, di solito,
crede di intravedere la rivelazione di un'esistenza eccentrica, le sfrenatezze
del sentimento, le tirannie dell'arte, il perpetuo disprezzo delle convenienze,
insomma quanto può sedurre o esasperare" (p. 113).
Il dandismo non è, come molte persone poco riflessive vogliono credere, un
diletto eccessivo della toeletta e dell'eleganza materiale. Queste cose non
sono per il perfetto dandy che un simbolo della superiorità aristocratica del
suo spirito. Così, ai suoi occhi, desiderosi sopra tutto di distinzione , la perfezione della toeletta consiste nella
massima semplicità, che è, in realtà, il miglior modo di distinguersi"[2].
Condanne dell’affettazione che
è l’opposto della semplicità
Può essere
interessante notare che di adfectatio addirittura scolastica
viene tacciato Ovidio da Quintiliano che del resto lo scusa, vista la necessità
del poeta delle Metamorfosi di arrivare a sintesi tra cose
diversissime:"Illa vero frigida et puerilis est in scholis adfectatio,
ut ipse transitus efficiat aliquam utǐque sententiam et huius velut praestigiae
plausum petat, ut Ovidius lascivire in Metamorphosesin solet, quem tamen
excusare necessitas potest res diversissimas in speciem unius corporis
colligentem " (Institutio oratoria, 4, 1, 77), c'è invero
nelle scuole quella fredda e puerile affettazione, in modo che il passaggio[3] stesso
forma in ogni modo qualche battuta d'effetto e cerchi l'applauso di questa
specie di illusione, come è solito giocare nelle Metamorfosi Ovidio
che tuttavia può scusare la necessità in quanto egli raccoglie cose
diversissime nella parvenza di un unico corpo.
L'elogio della neglegentia procede parallelamente alla
condanna dell'affettazione nella civiltà europea. Ne do qualche esempio.
Baldassarre Castiglione in Il
cortegiano[4] prescrive
al gentiluomo di fuggire sopra tutto "la ostentazione e lo impudente
laudar se stesso, per lo quale l'uomo sempre si còncita odio e stomaco da chi
ode" (I, 17). Egli deve
schivare "quanto più si pò, e come un asperissimo e pericoloso scoglio, la
affettazione; e, per dir forse una nova parola, usar in ogni cosa una certa sprezzatura",
ossia una studiata disinvoltura, "che nasconda l'arte e dimostri ciò che
si fa e dice venir fatto senza fatica e quasi senza pensarvi. Da
questo credo io che derivi assai la grazia… " (I, 26).
Parimenti la perfetta gentildonna "Non mostri inettamente di sapere quello
che non sa, ma con modestia cerchi d'onorarsi di quello che sa, fuggendo, come
s'è detto, l'affettazione in ogni cosa". Infatti "somma disgrazia a
tutte le cose dà sempre la pestifera affettazione e per contrario grazia
estrema la simplicità e la sprezzatura" Quindi la gentildonna non deve
mostrare l'artificio :"questi vostri difetti di che io parlo vi levano la
grazia, perché d'altro non nascono che da affettazione, per la qual fate
conoscere ad ognuno scopertamente il troppo desiderio d'esser belle" (I,
40).
Leopardi trova
grande saggezza e verità in queste parole: “Grazia del contrasto. Conte
Baldessar Castiglione, il libro del Cortegiano[5]…Ma
avendo io già più volte pensato meco, onde nasca questa grazia, lasciando
quegli che dalle stelle l’hanno, trovo una regola universalissima; la qual mi
par valer circa questo in tutte le cose umane, che si facciano, o dicano, più
che alcun altra; e ciò è fuggir quanto più si può, e come un asperissimo e
pericoloso scoglio la affettazione; e, per dir forse una nuova parola, usar in
ogni cosa una certa sprezzatura, che nasconda l’arte, e dimostri, ciò che si
fa, e dice, venir fatto senza fatica, e quasi senza pensarvi. Da questo credo io
che derivi assai la grazia” (Zibaldone, 2682).
A proposito
dell’affettazione nello scrivere: “l’affettazione è la peste d’ogni bellezza e
d’ogni bontà, perciò appunto che la prima e più necessaria dote sì dello
scrivere, come di tutti gli atti della vita umana, è la naturalezza (28. Feb.
1821)[6].
Similmente
Montaigne: "Ogni affettazione, specie se si considera la gaiezza e libertà
francese, è sconvenevole all'uomo di corte. E, in una monarchia, ogni
gentiluomo dev'essere educato alle maniere proprie di un uomo di corte. Per
questa ragione facciamo bene a inclinare un po' alla spontaneità e alla
noncuranza"[7].
[2] Curiosità estetiche del
1869. Trad. it. in Il Sistema Letterario , Ottocento ,
di Guglielmino/Grosser, Principato, Milano, 1992, p. 1150.
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