domenica 16 agosto 2020

Massimo Cacciari II, "Il lavoro dello spirito". 2


Massimo Cacciari Il lavoro dello spirito. Adelphi, Milano, 2020

La iunctura lavoratore - servo è, o dovrebbe essere, ossimorica: “nella nuova Età questa condizione è insostenibile, essa determina una contraddizione destinata a esplodere. Potremmo allora dire che il solo lavoro ‘logicamente’ possibile nel mondo contemporaneo - e cioè coerente con la missione dello Scientifico, quella di aprire a illimitate potenzialità - è il lavoro spirituale, geistige Arbeit. Spirito, Geist, è il Dio che anima dal suo interno l’operari umano, Natura naturans spinoziana fattasi storia e destino, creazione infinita, causa di sé. Alla sua immagine dovrà corrispondere la forma del lavoro umano” (p. 13).

Il primo autore europeo a mettere in rilievo il valore del lavoro è Esiodo (fine VIII - inizi VII secolo). Nel suo secondo poema, Opere e giorni, il poeta di Ascra nobilita la fatica del lavoratore che mette tutto il proprio impegno per strappare a una terra ingenerosa ogni possibile, ultimo prodotto. Questa lotta ha qualche cosa di eroico.
L'autore distingue due tipi di [eri" : quella cattiva che fa crescere la guerra malvagia e (Opere e giorni v. 14), e l'altra buona, produttiva: una contesa che, generata prima della sorella dalla Notte, Zeus pose alle radici della terra (v. 19), cioè alla base del progresso umano.

 Questa suole svegliare al lavoro anche l'ozioso. Buona è tale competizione per i mortali (ajgaqh; d j [Eri" hJvde brotoi'sin). Allora il vasaio gareggia con il vasaio, l'artigiano con l'artigiano, il mendico con il mendico e l'aedo con l'aedo (vv. 24 - 26).

Più avanti Esiodo afferma che davanti al valore gli dei hanno posto il sudore: "th'" d j ajreth'" iJdrw'ta qeoi; propavroiqen e[qhkan"(Opere , 289). La virtù del lavoro non è certo inferiore a quella della guerra. Un topos che si ritroverà in diversi altri autori.

Erodoto (V secolo a. C.) racconta che Serse chiese al greco Demarato se i Greci fossero capaci di resistere al suo assalto. Egli rispose che alla Grecia era sempre stata familiare la povertà: " JEllavdi penivh aijei; suvntrofo" ", mentre la virtù è un acquisto successivo operato grazie alla saggezza e a leggi severe. Avvalendosi di questa, la Grecia si difende dalla miseria e dalla tirannide (VII, 2).

Torniamo a Cacciari: “ il lavoro filosofico, compiutosi nella scienza moderna, non tollera giudici sopra di sé; e perciò esso diviene il paradigma dello spirito dell’epoca. Dunque, la sua forma impone il cammino rivoluzionario verso la liberazione del lavoro tout court. Le forze che re - agiscono a questo destino finiranno necessariamente divorate dal fuoco che si sprigiona dalla bocca, dal logos, del Geist.
Anzi, fuoco divoratore è il Lavoro stesso, per Hegel come per Marx.
Era questa la rosa che avrebbe dovuto sbocciare dalla croce del presente.

Cacciari nella nota 2 spiega: “ E’ la ragione, nella Prefazione alla Filosofia del diritto, la rosa che sboccia dalla croce del presente, poiché la ragione è riconciliazione con la realtà, e dunque mantenimento della libertà soggettiva in ciò che è sostanziale. ”

A me che conosco Hegel ben poco, anzi solo l’Estetica per lettura diretta, il resto per delega, by deputy se preferite, torna in mente una immagine forte simile a questa forte simile a questa per averla notata leggendo La nascita della tragedia di Nietzsche: “Il Greco conobbe e sentì i terrori e le atrocità dell’esistenza: per poter comunque vivere, egli dové porre davanti a tutto ciò la splendida nascita sognata degli dèi olimpici. L’enorme diffidenza verso le forze titaniche della natura, la Moira spietatamente troneggiante su tutte le conoscenze, l’avvoltoio del grande amico degli uomini Prometeo, il destino orrendo del saggio Edipo, la maledizione della stirpe degli Atridi, che costringe Oreste al matricidio, insomma la filosofia del dio silvestre con i suoi esempi mitici, per la quale perirono i malinconici Etruschi –fu dai Greci ogni volta superata, o comunque nascosta e sottratta alla vista, mediante quel mondo artistico intermedio degli dèi olimpici. Fu per poter vivere che i Greci dovettero, per profondissima necessità, creare questi dèi: questo evento noi dobbiamo senz’altro immaginarlo così, che dall’originario ordinamento titanico del terrore fu sviluppato attraverso quell’impulso apollineo della bellezza, in lenti passaggi, l’ordinamento divino olimpico della gioia, allo stesso modo che le rose spuntano da spinosi cespugli"[1].

“Dal crogiuolo sanguinoso della Rivoluzione il procedere creativo della geistige Arbeit; dal Sistema della scienza quello della Libertà. L’epoca ‘grande borghese’ è dominata da questa idea” (Il lavoro dello spirito, p. 14)

Pesaro 16 agosto, ore 9, 50. giovanni ghiselli
Continua

p. s
Visualizzazioni di pagine: oggi
81

Visualizzazioni di pagine: ieri
350

Visualizzazioni di pagine: ultimo mese
11.585

Visualizzazioni di pagine: tutta la cronologia
1.018.269





[1] F. Nietzsche, La nascita della tragedia, Capitolo III.

Nessun commento:

Posta un commento

Ifigenia CLX. L’ospedale di Debrecen. Il delicato corteggiamento del vecchio dentista.

  Nei giorni seguenti, intorno al ferragosto,   vissi alcune ore di buona speranza: una serie intermittente di minuti nei quali immagi...