lunedì 24 agosto 2020

Debrecen 1979. 31. Il 4 agosto

uva leánika

Dioniso il toro e le baccanti. La bambina di Eger e i suoi disegni

Sabato 4 agosto andammo a Eger, famosa per avere respinto un assalto dei Turchi e per i suoi vini: l’ Egri bikavér , il sangue di toro di Eger, già noto a chi mi legge e l’ Egri leánika, e la fanciulla di Eger, una baccante probabilmente, splendidi doni di Bacco alla Pannonia. Dioniso e il toro, Dioniso e le menadi. Non mi limitai a bere però; dialogai con Silvia, la tedesca dell’est già menzionata sopra, la giovane bionda e un poco opulenta che sapeva parlare e pure ascoltare. Quel giorno, facendo attenzione a tutto quanto udivo e vedevo, compresi che la maturità mentale consiste, tra l’altro, nel ridiventare com’eravamo da bambini, prima delle diverse crisi di identità dell’adolescenza o dei vent’anni iniziali.
L’età tragica della mia vita e di tanti altri umani.
Mentre osservavo e ascoltavo, mi accorsi che da qualche tempo l’intelligenza, le esperienze e un demone buono mi stavano riconducendo alla mia antica natura infantile qual era prima di venire contraffatta e adulterata dai luoghi comuni dell’epoca. Ci venne vicino una giovane donna con una bambina di quattro o cinque anni che disegnò il disco solare con i raggi e disse: “questa è la testa del fuoco, è la faccia di Dio”. Mi tornò in mente Platone, il mito della caverna e il sole che è nel visibile quello che è l’idea del Bene, il massimo oggetto di scienza nell’intellegibile[1]. Poi ricordai Leopardi quando scrive che la filosofia ci ha insegnato “quello che da fanciulli ci era connaturale” [2], e che poi avevamo dimenticato e perduto. 
La bambina aveva disegnato il mare con un pesce enorme, una rete, tanti pesci piccoli, e disse: “Questa è la balena che cattura i pesciolini con una ragnatela”.
“Il diritto del più forte - pensai - uccellacci e uccellini. I bambini intelligenti capiscono molte cose. Intuiscono la parentela di tutto con tutto, dell’intera natura con se stessa, siccome hanno dentro qualche cosa di sacro, e lo manifestano fino a quando non temono i giudizi mortificanti deglli adulti mortificati ”.
Voglio dire che arrivato vicino ai 35 anni, dopo tante esperienze e letture, mi sentivo simile a quella creatura nel senso che avevo recuperato il coraggio infantile di dire quanto pensavo e sentivo: non temevo più i giudizi della gente meccanica, formata sui luoghi comuni, mimetica della pubblicità, una imitazione del diavolo che andrebbe proibita. Elogiai la piccola alla madre, una bella signora bruna, con gli zigomi alti e gli occhi chiari, dal taglio magiaro vicino al chirghiso. Mi disse il suo nome e mi chiese chi fossi. Mi presentai e dissi che ero un uomo contento e che mi piaceva l’ umanità: facevo un lavoro che mi soddisfaceva, amavo una donna contraccambiato, godevo di una buona salute mentale e fisica e volevo rendermi utile al prossimo mio, a partire dagli adolescenti che educavo a diventare ciascuno quello che era davvero, possibilmente bello e buono.
A Silvia, quando mi chiese dei chiarimenti su quanto aveva sentito, aggiunsi che stavo riprendendo coscienza dell’ottimismo mio, connaturato eppure smarrito durante la crisi postliceale, siccome in quel tempo sciaguratissimo avevo creduto nei bruti servi dell’assuefazione più che in me stesso. Dopo un biennio di quasi disperazione, senza bicicletta né corsa, con studio fatto male e controvoglia, nessun amore, nessuna amicizia, niente tranne ingrassare e lamentarmi, avevo cominciato a ritrovare quello che ero e ce l’avevo fatta aiutato anche dal Sessantotto e dai collegi universitari di Bologna e di Debrecen grazie ai quali ero uscito dall’isolamento.
I colpi di grazia, generosi latori di vita bella, non certo di morte come si usa dire, erano stati i miei primi allievi, l’amicizia di Fulvio, l’Elena di Praga e le tre finniche benedette da Dio Helena, Kaisa, Päivi e alla fine dei conti Ifigenia la bella che mi aspettava, speravo, in Italia sul lido Adriano senza peccare e, invece, osservando gli innumerevoli sorrisi della distesa marina e pensando a me come io la pensavo.

Pesaro 24 agosto 2020, ore 21, 10. giovanni ghiselli


p. s.
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[1] Platone, Repubblica, 505a: "hJ tou' ajgaqou' ijdeva mevgiston mavqhma".
[2] Cfr. Zibaldone, 305.

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