NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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lunedì 31 agosto 2020

Massimo Cacciari VIII, "Il lavoro dello spirito"

Søren Kierkegaard

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Argomento
Politica e “motivi di ordine propriamente religioso”.

“E in questi nessi non potranno non fare ritorno anche motivi di ordine propriamente religioso. La ragione di ciò apparve già chiara a Kierkegaard negli anni decisivi 1847 - 1848 , in pagine giustamente poste da Lövith a conclusione della sua antologia epochemachend , La sinistra hegeliana (1960), tratte da L’unica cosa che è necessaria[1] (…) Il sistema è comunque tirannia in quanto esclude la autentica eccezione, che il Singolo solo può esprimere”.

Tirannia del singolo individuo come Creonte nell’Antigone di Sofocle, o tirannia del popolo come quello Ateniese dopo la battaglia delle Arginuse in Senofonte già citato sopra, in Cacciari V.
Cito di nuovo per comodità di chi mi legge: "to; de; plh'qo" ejbova deino;n ei\nai, eij mhv ti" ejavsei to;n dh'mon pravttein o{ a]n bouvlhtai", Senofonte, Elleniche I, 7, 12), il popolo gridava che era grave se qualcuno non permetteva al popolo di fare quanto voleva.

“Si rianima in Kierkegaard al grado più alto la guerra senza quartiere del cristianesimo delle origini contro ogni religio civilis.
Tuttavia egli coglie la necessità contenuta nel motto feuerbachiano: il Politico non potrà risolversi nell’Economico, ma proprio per ‘salvarsi’ sarà costretto ad assumersi un timbro religioso."

Allora vediamo il timbro religioso in tre profeti della Giustizia presenti nella letteratura greca.

Esiodo per primo dà voce a questa esigenza. Egli nel poema più recente (Opere e giornivv. 202 e sgg.) ne fa l'apologia raccontando la favola dello sparviero e dell'usignolo. La legge del più forte che annienta il più debole vale per gli animali, non per gli uomini. Viene raccomandata la giustizia che trionfa sulla prepotenza. Dove manca dike imperversano peste, fame e sterilità.
C'è un invito a evitare i giudizi contorti poiché procura il male a se stesso chi lo prepara per un altro, e il progetto malvagio è pessimo per chi l'ha progettato (Opere, vv.265 - 266).
La giustizia esiodea è una forza solo in parte umana, per molti aspetti sovrannaturale, ma essa già contiene una premessa di isonomìa (uguaglianza davanti alla legge) e moralità.

Con Solone l'idea di giustizia progredisce e si politicizza, ossia entra nella costituzione della polis. Così, pur rimanendo alcunché di trascendente nella Giustizia del legislatore ateniese, essa si storicizza e perde qualche cosa del suo carattere mitico.
Partiamo dai primi versi dall'Elegia così detta alle Muse (fr. 1D, vv. 1 - 16)
Ne do la mia traduzione
"Splendide figlie della Memoria e di Zeus Olimpio,
Muse Pieridi, ascoltate la mia preghiera:
concedetemi il benessere (o[lbon) da parte degli dei beati, e di avere una buona/
 reputazione (dovxan e[cein ajgaqhvn) da parte di tutti gli uomini sempre;
in modo che così possa essere dolce per gli amici e amaro per i nemici, 5
rispettato da gli uni, temibile a vedersi per gli altri.
Ricchezze desidero averne, ma possederle ingiustamente non voglio:
in ogni caso più tardi è solita arrivare Giustizia (pavntw~ u{steron h\lqe divkh).
La ricchezza che danno gli dèi, è solida
per l'uomo dall'ultimo fondo alla cima;10
 quella cui vanno dietro gli uomini spinti dalla prepotenza (uJy j u{brio~), non arriva/
 con ordine (kata; kovsmon), ma siccome obbedisce alle azioni ingiuste,
segue di malavoglia, e presto vi si mescola l'acciecamento (ajnamivsgetai a[th).
L'inizio nasce da piccola cosa, come il principio di un incendio,
e dapprima è insignificante, ma l'esito è penoso15;
infatti non durano a lungo le opere della prepotenza - u{brio~ e[rga - per i mortali.

L’elegia di Solone forse più nota, e di contenuto in gran parte politico, è quella così detta del Buon Governo (fr. 3 D). In questi versi che traduco cresce la responsabilità dell'uomo relativamente al proprio destino.
"La nostra città non andrà mai in rovina per destino
di Zeus e volontà dei beati dèi immortali:
 infatti tale custode magnanima, figlia di padre potente
Pallade Atena le tiene sopra le mani.
 Ma i cittadini stessi con la loro follia vogliono distruggere la grande città sedotti dalle ricchezze,
 e ingiusta è la mente dei capi del popolo, cui è destinato
soffrire molti dolori in seguito alla gran prepotenza:
infatti non sanno trattenere l'avidità né godere
con ordine le gioie presenti nella serenità del convito.10
Ma si arricchiscono fidando in opere ingiuste
 e non risparmiando le proprietà sacre nè in alcun modo le ricchezze
pubbliche: rubano arraffando chi da una parte chi dall'altra
né osservano i venerandi fondamenti di Giustizia,
che, pur mentre tace, conosce il passato e il presente15,
e con il tempo in ogni caso giunge a fare pagare.

Passo a Eschilo
Nell'Agamennone troviamo l'idea che dalla ricchezza rifugge la Giustizia la quale "brilla nelle case dal povero fumo e onora la vita onesta" (Divka de, lavmpei me;n ejn - duskavpnoiς dwvmasin, - tovn t j ejnavsimon tivei – bivon, secondo stasimo, vv.773 - 775).
Il terzo stasimo poi suggerisce di gettare dallo scafo, con misurato lancio (sfendovna~ ajp j eujmevtrou , v. 1010), addirittura parte della proprietà acquistata, per salvare la nave, e la casa, dall’affondamento. La dismisura dunque, e non solo quella dei mali, provoca l’inabissamento.
 Pochi versi più avanti il coro indica uno degli effetti della dismisura: una volta caduto a terra, nero/sangue mortale di quello che prima era un uomo chi/potrebbe farlo tornare indietro cantando?"(vv. 1019 - 1021).
 Nelle Eumenidi , la terza tragedia della trilogia del 458 (la seconda è le Coefore ), le stesse Erinni, nemiche dell'ordine statale e patriarcale, divinizzano la Giustizia ammonendo:"Rispetta l'altare di Dike e non prenderlo a calci con piede ateo, poiché dopo incombe la pena"(vv. 539 - 541).

Torniamo a Il lavoro dello spirito di Cacciari: “Di che cosa infatti il Politico dovrà saper convincere quella nuova, emergente moltitudine, che Hegel chiamava Pöbel (rimuovendo però in toto il senso romano di plebe!)? Del fatto che il sistema dominante persegue l’idea di uguaglianza, che questa costituisce un fine immanente alla logica del sistema. Ciò che è logicamente impossibile, afferma Kierkegaard, poiché con mezzi umani si possono creare soltanto differenze e disuguaglianze. L’idea di uguaglianza assume un proprio senso soltanto in un ordine meta - politico, religioso. E così secondo Kierkegaard (che qui appare vicinissimo a Tocqueville) accade anche per l’idea di libertà” (p. 27)

Pesaro 31 agosto 2020, ore 11, 5.
 giovanni ghiselli







[1] La sinistra hegeliana. Testi scelti da Karl Löwith, trad. it. , Bari, 1960, pp. 469 - 478

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