Søren Kierkegaard |
Argomento
Politica
e “motivi di ordine propriamente religioso”.
“E in questi
nessi non potranno non fare ritorno anche motivi di ordine propriamente religioso.
La ragione di ciò apparve già chiara a Kierkegaard negli anni decisivi 1847 - 1848
, in pagine giustamente poste da Lövith a conclusione della sua antologia epochemachend , La
sinistra hegeliana (1960), tratte da L’unica cosa che è
necessaria[1] (…)
Il sistema è comunque tirannia in quanto esclude la
autentica eccezione, che il Singolo solo può esprimere”.
Tirannia del
singolo individuo come Creonte nell’Antigone di Sofocle, o tirannia
del popolo come quello Ateniese dopo la battaglia delle Arginuse in Senofonte
già citato sopra, in Cacciari V.
Cito di
nuovo per comodità di chi mi legge: "to; de;
plh'qo" ejbova deino;n ei\nai, eij mhv ti" ejavsei to;n dh'mon
pravttein o{ a]n bouvlhtai", Senofonte, Elleniche I,
7, 12), il popolo gridava che era grave se qualcuno non permetteva al popolo di
fare quanto voleva.
“Si rianima in Kierkegaard al grado più alto la guerra senza quartiere del
cristianesimo delle origini contro ogni religio civilis.
Tuttavia egli coglie la necessità contenuta nel motto feuerbachiano: il
Politico non potrà risolversi nell’Economico, ma proprio per ‘salvarsi’ sarà
costretto ad assumersi un timbro religioso."
Allora vediamo il timbro religioso in tre profeti della Giustizia presenti
nella letteratura greca.
Esiodo per
primo dà voce a questa esigenza. Egli nel
poema più recente (Opere e
giorni, vv. 202 e sgg.) ne fa l'apologia raccontando la favola dello
sparviero e dell'usignolo. La legge del più forte che annienta il più debole
vale per gli animali, non per gli uomini. Viene raccomandata la giustizia che trionfa sulla
prepotenza. Dove manca dike imperversano peste, fame e sterilità.
C'è un invito a evitare i giudizi contorti poiché procura il male a se
stesso chi lo prepara per un altro, e il progetto malvagio è pessimo per chi
l'ha progettato (Opere, vv.265 - 266).
La giustizia
esiodea è una forza solo in parte umana, per molti aspetti sovrannaturale, ma
essa già contiene una premessa di isonomìa (uguaglianza
davanti alla legge) e moralità.
Con Solone l'idea
di giustizia progredisce e si politicizza, ossia entra nella costituzione
della polis. Così, pur rimanendo alcunché di trascendente nella
Giustizia del legislatore ateniese, essa si storicizza e perde qualche cosa del
suo carattere mitico.
Partiamo dai
primi versi dall'Elegia così detta alle Muse (fr. 1D,
vv. 1 - 16)
Ne do la mia
traduzione
"Splendide
figlie della Memoria e di Zeus Olimpio,
Muse
Pieridi, ascoltate la mia preghiera:
concedetemi
il benessere (o[lbon) da parte degli dei beati, e di avere una buona/
reputazione
(dovxan e[cein ajgaqhvn) da parte di tutti gli uomini sempre;
in modo che
così possa essere dolce per gli amici e amaro per i nemici, 5
rispettato
da gli uni, temibile a vedersi per gli altri.
Ricchezze
desidero averne, ma possederle ingiustamente non voglio:
in ogni caso
più tardi è solita arrivare Giustizia (pavntw~ u{steron h\lqe divkh).
La ricchezza
che danno gli dèi, è solida
per l'uomo
dall'ultimo fondo alla cima;10
quella
cui vanno dietro gli uomini spinti dalla prepotenza (uJy j u{brio~), non arriva/
con
ordine (kata; kovsmon), ma
siccome obbedisce alle azioni ingiuste,
segue di
malavoglia, e presto vi si mescola l'acciecamento (ajnamivsgetai
a[th).
L'inizio
nasce da piccola cosa, come il principio di un incendio,
e dapprima è
insignificante, ma l'esito è penoso15;
infatti non
durano a lungo le opere della prepotenza - u{brio~ e[rga - per i mortali.
L’elegia di Solone forse più nota, e di contenuto in gran parte politico, è
quella così detta del Buon Governo (fr. 3 D). In questi versi
che traduco cresce la responsabilità dell'uomo relativamente al proprio
destino.
"La nostra città non andrà mai in rovina per destino
di Zeus e volontà dei beati dèi immortali:
infatti tale custode magnanima, figlia di padre potente
Pallade Atena le tiene sopra le mani.
Ma i cittadini stessi con la loro follia vogliono distruggere la
grande città sedotti dalle ricchezze,
e ingiusta è la mente dei capi del popolo, cui è destinato
soffrire molti dolori in seguito alla gran prepotenza:
infatti non sanno trattenere l'avidità né godere
con ordine le gioie presenti nella serenità del convito.10
Ma si arricchiscono fidando in opere ingiuste
e non risparmiando le proprietà sacre nè in alcun modo le ricchezze
pubbliche: rubano arraffando chi da una parte chi dall'altra
né osservano i venerandi fondamenti di Giustizia,
che, pur mentre tace, conosce il passato e il presente15,
e con il tempo in ogni caso giunge a fare pagare.
Passo a Eschilo
Nell'Agamennone troviamo
l'idea che dalla ricchezza rifugge la Giustizia la quale "brilla nelle
case dal povero fumo e onora la vita onesta" (Divka de, lavmpei me;n
ejn - duskavpnoiς dwvmasin,
- tovn t j ejnavsimon tivei – bivon, secondo stasimo, vv.773 - 775).
Il terzo stasimo poi suggerisce di gettare dallo scafo, con misurato lancio
(sfendovna~ ajp j eujmevtrou , v. 1010), addirittura parte
della proprietà acquistata, per salvare la nave, e la casa, dall’affondamento.
La dismisura dunque, e non solo quella dei mali, provoca l’inabissamento.
Pochi
versi più avanti il coro indica uno degli effetti della dismisura: una volta
caduto a terra, nero/sangue mortale di quello che prima
era un uomo chi/potrebbe farlo tornare indietro cantando?"(vv. 1019 - 1021).
Nelle Eumenidi ,
la terza tragedia della trilogia del 458 (la seconda è le Coefore ),
le stesse Erinni, nemiche dell'ordine statale e patriarcale, divinizzano la
Giustizia ammonendo:"Rispetta l'altare di Dike e non prenderlo a calci con
piede ateo, poiché dopo incombe la pena"(vv. 539 - 541).
Torniamo
a Il lavoro dello spirito di Cacciari: “Di che cosa infatti il
Politico dovrà saper convincere quella nuova, emergente moltitudine, che Hegel
chiamava Pöbel (rimuovendo però in toto il
senso romano di plebe!)? Del fatto che il sistema dominante
persegue l’idea di uguaglianza, che questa costituisce un fine
immanente alla logica del sistema. Ciò che è logicamente impossibile,
afferma Kierkegaard, poiché con mezzi umani si possono creare soltanto
differenze e disuguaglianze. L’idea di uguaglianza assume un proprio senso
soltanto in un ordine meta - politico, religioso. E così secondo Kierkegaard (che
qui appare vicinissimo a Tocqueville) accade anche per l’idea di libertà” (p.
27)
Pesaro 31
agosto 2020, ore 11, 5.
giovanni
ghiselli
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