NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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venerdì 2 ottobre 2020

Le figure femminili nei poemi epici greci e latini. I. Incipit: La grande madre mediterranea

Dea Madre, IV millennio a.C.
Museo Archeologico Nazionale, Cagliari

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Le donne nell'epica greca e in quella latina (link all'evento)

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Di questa Signora suprema che risale al tempo della civiltà minoica, pregreca, si trova una traccia in Iliade XXI, 470 dove Artemide è chiamata povtnia qhrw'n, signora delle belve.

Il termine povtnia (presente anche nell’ Odissea in I, 14 per esempio, a proposito della nuvmfh Calipso) contiene un'idea di potenza: doveva essere un appellativo della Magna Mater mediterranea signora del mondo.

 

Contrasto tra Artemide e Afrodite

Nell’Ippolito di Euripide (428) Artemide è in contrapposizione rispetto ad Afrodite e il protagonista che non venera ls dea dell’amore ma solo quella della caccia e delle selve diviene vittima della madre di Eros senza che la dea vergine difenda il suo devoto.

 

Difficile è la datazione[1] delle Supplici di Eschilo che attualizza il mito delle Danaidi adattandolo alla democrazia ateniese

In questa tragedia le cinquanta figlie di Danao per aujtogenei' fuxanoriva/ (v.8 feuvgw, ajnhvr), per connaturata avversione all'uomo, fuggono accompagnate dal padre, volendo evitare le aborrite nozze con i cinquanta cugini figli di Egitto i quali le inseguono. Nella parte conclusiva del dramma le Danaidi pregano la casta Artemide di guardarle con compassione salvandole dalle nozze.

 Ma il coro viene sdoppiato e le loro ancelle consigliano di non trascurare Cipride. Anche Afrodite è una dea venerata per le sue opere. Del suo corteggio fanno parte Desiderio, Persuasione seducente, e Armonia. Il pensiero di Zeus è imperscrutabile e il matrimonio potrebbe essere la realizzazione delle figlie di Danao come di molte donne prima di loro (Supplici, vv. 1049 - 1052).

La tragedia si conclude con le minacce dell'arrogante araldo egiziano contro gli Argivi difensori delle Danaidi le quali oppongono resistenza a ogni tentativo di aggiogarle a uomini aborriti. Esse pregano Zeus "di liberarle da nozze rovinose con sposi malvagi" (v. 1064) e che "conceda la vittoria alle donne" (kai; kravto" nevmoi gunaixivn, v. 1069).

 Eschilo tende ai compromessi e nelle sue tragedie non c'è mai un vincitore assoluto. Quarantanove Danaidi costrette alle nozze, la prima notte uccideranno gli odiati sposi ma una di loro Ipermestra, risparmiando il marito Linceo, renderà omaggio alla dea dell'amore.

Lo ricaviamo dal Prometeo Incatenato [2] :"una delle fanciulle il desiderio dei figli sedurrà a non ammazzare lo sposo, e le si smusserà il proposito: tra i due mali preferirà avere fama di debole che di assassina" (vv. 865 - 868).

 

Il termine povtnia (presente anche nell’Odissea in I, 14 per esempio, a proposito della nuvmfh Calipso) contiene un'idea di potenza: doveva essere un appellativo della Magna Mater mediterranea signora del mondo.

 

I molti nomi della dea matriarca primordiale

La matriarca primordiale aveva molti nomi. Il protagonista del Prometeo incatenato la madre invoca come "Qevmi" - kai gai'a, pollw'n ojnomavtwn morfh; miva", Temide e Gea, una sola forma di molti nomi (vv. 209 - 210).

Tale dea, la Grande Madre chiamata in vari modi, doveva essere in origine anche Giocasta la moglie - madre di Edipo che Omero menziona quale "kalh;n jEpikavsthn, la bella Epicasta (Odissea, XI, 271).

 Con questa incestuosa regina di Tebe siamo a due soli nomi che nell'Antigone vengono funzionalizzati: "e[peita mhvthr kai; gunhv diplou'n e[po"" (v.53), madre e moglie, doppio nome.

Nelle Baccanti di Euripide la "povtna qew'n" (v. 370) è diventata "JOsiva", la Pietà dionisiaca, di un culto seguito dalle donne, le menadi seguaci di Bacco, un dio e una religione cui Penteo dichiara guerra, e la perde con la propria vita.

 Nelle Metamorfosi di Apuleio, Iside, la divinità egizia ai cui riti viene iniziato Lucio dopo varie peripezie, tornando da asino uomo, fa l'elenco dei nomi con i quali viene chiamata e venerata presso i vari popoli: “primigenii Phryges Pessinuntiam deum matrem, hinc autocthones Attici Cecropeiam Minervam, illinc fluctuantes Cyprii Paphiam Venerem, Cretes sagittiferi Dictynnam Dianam, Siculi trilingues Stygiam Proserpinam, Eleusinii vetustam deam Cererem, Iunonem alii, Bellonam alii, Hecatam isti, Rhamnusiam illi, et qui nascentis dei Solis inchoantibus inlustrantur radiis Aethiopes utrique priscaque doctrina pollentes Aegyptii caerimoniis me propriis percolentes appellant vero nomine reginam Isidem" (XI, 5), i Frigii primigeni mi chiamano madre degli dèi di Pessinunte[3], qui gli autoctoni Attici Cecropia Minerva, di là i Ciprioti marittimi Venere Pafia, i Cretesi sagittari Diana Dictinna, i Siculi trilingui Stigia Proserpina, gli Eleusini antica dea Cerere, altri Giunone, altri Bellona, questi Ecate, quelli Ramnusia; e quelli che vengono rischiarati dai primi raggi del sole nascente, e gli uni e gli altri Etiopi, e gli Egizi ricchi di antica sapienza, onorandomi con le cerimonie che mi sono proprie, mi chiamano con il vero nome "regina Iside". Che la figura femminile sia stata predominante in una fase della storia "non è inconcepibile se si pensa alla corrispondenza tra il greco gunhv 'donna' e l'inglese queen 'regina'[4].

Il romanzo di Apuleio insegna che una vita senza Iside è una vita da asino.

 



[1] Si può pensare a una collocazione tra il 463 e il 461.

[2] Di data incerta. Non è sicura nemmeno la paternità eschilea, per la quale comunque io propendo.

[3]Si tratta di Cibele.

[4]E. Benveniste, op. cit., p. 15.

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