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Introduzione generale sintetica
Il mito di Prometeo è "uno dei
miti antropologici (...) che rendono ragione della condizione umana - condizione
ambigua, piena di contrasti, in cui gli elementi positivi sono inscindibili da
quelli negativi e ogni luce ha la sua ombra, giacché la felicità implica
l'infelicità, l'abbondanza il duro lavoro, la nascita la morte, l'uomo la
donna, e l'intelligenza e il sapere si uniscono, nei mortali, alla stupidità e
all'imprevidenza. Questo tipo di discorso mitico sembra obbedire a una logica
che si potrebbe definire, in contrasto con la logica dell'identità, come la
logica dell'ambiguità, dell'opposizione complementare, dell'oscillazione tra
poli contrastanti"(J. P. Vernant, Tra mito e politica,pp. 30
- 31).
E’ la logica aperta al contrasto già
indicata nelle tagedia Coefore 461: " [Arh" [Arei
xumbalei', Divka/ Divka", poi
nelle Eumenidi: Giustizia si scontrerà con Giustizia: ci possono
essere due Dikai, due Giustizie nel caso dell'Oresteia , quella
"matriarcale" di Clitennestra contro quella "patrilinea" di
Oreste e di Apollo.
Partiamo dal Prometeo rappresentato
nei poemi di Esiodo.
Nella Teogonia il
poeta racconta che Prometeo aveva ingannato due volte Zeus il quale punì
l’umanità infliggendole un male in cambio del fuoco donato dal Titano. Ma si
vedrà che il fuoco stesso non è necessariamente un bene, è per lo meno un bene
ambiguo quanto il suo donatore. Il male mandato da Zeus agli uomini, ai maschi,
è la donna, un male del resto non assoluto, un “bel malanno”: una creatura
attraente e ingannevole. Nelle Opere e i Giorni Esiodo torna
sul tema di Prometeo e di Pandora, la donna bella e dannosa, mandata agli
uomini per contrappesare il fuoco.
Veniamo al Prometeo
incatenato di Eschilo: questa tragedia di data ignota, considerata
autentica da molti ma non da tutti, il Titano rivendica l’invenzione delle
tecniche: “ tutte le tecniche ai mortali derivano da
Prometeo” (v. 507).
Le tecniche però tendono a uno scopo pratico e non allargano la conoscenza
del mondo: la tecnica “funziona” ma non svela la verità, nota Galimberti[1].
Aggiungo che talora funziona male o addirittura in maniera distruttiva.
Lo stesso Prometeo di Eschilo denuncia il limite teoretico delle tecniche:
ammette di avere tolto agli uomini la capacità di prevedere il destino (v. 248)
e riconosce di avere infuso in loro cieche speranze (v. 250).
Bruno Snell sostiene che Prometeo considerava questi dare e togliere
vantaggiosi per l’umanità[2].
Aggiungo: Prometeo che toglie all’uomo la visione d’insieme del destino e
dona loro le technai, ossia il pane e il companatico terrestre,
agisce e pensa come il grande Inquisitore della leggenda di Ivan Karamazov il
quale crede che l’umanità non ha bisogno di libertà e verità, ma di beni
materiali.
Vediamo dunque i doni di Prometeo, ciascuno presupposto dal fuoco che è il
padre di tutte le tecniche (Prometeo incatenato, v. 7).
Intanto il fuoco era “fiore di Efesto” (v. 7), e il Titano, donandolo ai
mortali, ha cercato di negare il principium individuationis che
distingue gli uomini dagli dèi.
Una negazione simile a quella tentata da Serse, quando unì le due sponde
dell’Ellesponto e attaccò la Grecia per confondere insieme Europa e Asia.
Prometeo ha cercato di confondere l’umano con il divino.
Il Titano si vanta di avere dato all’uomo il numero, la combinazione delle
lettere, memoria di tutto (v. 461), di avergli insegnato ad aggiogare aggiogato
gli animali selvatici, di avere inventato le navi, veicoli dalle ali di lino
(v. 462), prefigurando addirittura il volo. Inoltre ha trovato i farmaci, ha
scoperto i metalli: il bronzo, il ferro, l’argento e l’oro. Tutte queste
scoperte vengono maledette più volte nel corso della letteratura europea.
Una esecrazione riassuntiva si trova nella Tebaide di Stazio:quando
Eteocle e Polinice stanno per ammazzarsi a vicenda, la Pietas esecra le
orribili tecniche di Prometeo: “o furor, o homines diraeque Prometheos artes!” (XI, 468).
giovanni ghiselli
[1] U. Galimberti, L’ospite
inquietante. Il nichilismo e i giovani, p. 21. Si veda a questo proposito
U. Galimberti, Psiche e techne. L’uomo nell’età della tecnica,
Feltrinelli, Milano, 1999.
[2] B. Snell, Eschilo e l’azione
drammatica p. 122
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