NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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martedì 5 gennaio 2021

Eschilo. "Prometeo incatenato", I

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Introduzione generale sintetica

 

Il mito di Prometeo è "uno dei miti antropologici (...) che rendono ragione della condizione umana - condizione ambigua, piena di contrasti, in cui gli elementi positivi sono inscindibili da quelli negativi e ogni luce ha la sua ombra, giacché la felicità implica l'infelicità, l'abbondanza il duro lavoro, la nascita la morte, l'uomo la donna, e l'intelligenza e il sapere si uniscono, nei mortali, alla stupidità e all'imprevidenza. Questo tipo di discorso mitico sembra obbedire a una logica che si potrebbe definire, in contrasto con la logica dell'identità, come la logica dell'ambiguità, dell'opposizione complementare, dell'oscillazione tra poli contrastanti"(J. P. Vernant, Tra mito e politica,pp. 30 - 31).

E’ la logica aperta al contrasto già indicata nelle tagedia Coefore 461: " [Arh" [Arei xumbalei', Divka/ Divka", poi nelle Eumenidi: Giustizia si scontrerà con Giustizia: ci possono essere due Dikai, due Giustizie nel caso dell'Oresteia , quella "matriarcale" di Clitennestra contro quella "patrilinea" di Oreste e di Apollo.

 

Partiamo dal Prometeo rappresentato nei poemi di Esiodo.

Nella Teogonia il poeta racconta che Prometeo aveva ingannato due volte Zeus il quale punì l’umanità infliggendole un male in cambio del fuoco donato dal Titano. Ma si vedrà che il fuoco stesso non è necessariamente un bene, è per lo meno un bene ambiguo quanto il suo donatore. Il male mandato da Zeus agli uomini, ai maschi, è la donna, un male del resto non assoluto, un “bel malanno”: una creatura attraente e ingannevole. Nelle Opere e i Giorni Esiodo torna sul tema di Prometeo e di Pandora, la donna bella e dannosa, mandata agli uomini per contrappesare il fuoco.

 

Veniamo al Prometeo incatenato di Eschilo: questa tragedia di data ignota, considerata autentica da molti ma non da tutti, il Titano rivendica l’invenzione delle tecniche: “ tutte le tecniche ai mortali derivano da Prometeo” (v. 507).

 

Le tecniche però tendono a uno scopo pratico e non allargano la conoscenza del mondo: la tecnica “funziona” ma non svela la verità, nota Galimberti[1]. Aggiungo che talora funziona male o addirittura in maniera distruttiva.

 

Lo stesso Prometeo di Eschilo denuncia il limite teoretico delle tecniche: ammette di avere tolto agli uomini la capacità di prevedere il destino (v. 248) e riconosce di avere infuso in loro cieche speranze (v. 250).

Bruno Snell sostiene che Prometeo considerava questi dare e togliere vantaggiosi per l’umanità[2].

 

Aggiungo: Prometeo che toglie all’uomo la visione d’insieme del destino e dona loro le technai, ossia il pane e il companatico terrestre, agisce e pensa come il grande Inquisitore della leggenda di Ivan Karamazov il quale crede che l’umanità non ha bisogno di libertà e verità, ma di beni materiali.

 

Vediamo dunque i doni di Prometeo, ciascuno presupposto dal fuoco che è il padre di tutte le tecniche (Prometeo incatenato, v. 7).

Intanto il fuoco era “fiore di Efesto” (v. 7), e il Titano, donandolo ai mortali, ha cercato di negare il principium individuationis che distingue gli uomini dagli dèi.

Una negazione simile a quella tentata da Serse, quando unì le due sponde dell’Ellesponto e attaccò la Grecia per confondere insieme Europa e Asia. Prometeo ha cercato di confondere l’umano con il divino.

 

Il Titano si vanta di avere dato all’uomo il numero, la combinazione delle lettere, memoria di tutto (v. 461), di avergli insegnato ad aggiogare aggiogato gli animali selvatici, di avere inventato le navi, veicoli dalle ali di lino (v. 462), prefigurando addirittura il volo. Inoltre ha trovato i farmaci, ha scoperto i metalli: il bronzo, il ferro, l’argento e l’oro. Tutte queste scoperte vengono maledette più volte nel corso della letteratura europea.

 

Una esecrazione riassuntiva si trova nella Tebaide di Stazio:quando Eteocle e Polinice stanno per ammazzarsi a vicenda, la Pietas esecra le orribili tecniche di Prometeo: “o furor, o homines diraeque Prometheos artes!” (XI, 468).

 

 giovanni ghiselli

 



[1] U. Galimberti, L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani, p. 21. Si veda a questo proposito U. Galimberti, Psiche e techne. L’uomo nell’età della tecnica, Feltrinelli, Milano, 1999.

[2] B. Snell, Eschilo e l’azione drammatica p. 122

 

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