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lunedì 4 gennaio 2021

Eschilo. "Le Eumenidi", X parte

Argo
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Argomenti

L’assoluzione dell’argivo Oreste da parte degli Ateniesi avrà conseguenze geopolitiche: Argo diventerà e rimarrà sempre alleata di Atene.

Un excursus: dalle tombe degli eroi emanano influssi benefici o malefici: la loro impareggiabile vitalità continua a influire sulla storia. Oreste (Eschilo, Erodoto) , Alcesti (Euripide), Edipo (Sofocle)

 

 

 Dopo l'assoluzione, Oreste manifesta gratitudine a Pallade, al Lossia, e per terzo a Zeus salvatore che tutto compie (vv. 758 - 760). Inoltre giura che mai un Argivo condurrà un esercito contro Atene: egli stesso, una volta morto, lancerebbe dalla tomba terribili maledizioni contro chi lo facesse.

Una promessa del genere, come vedremo, verrà fatta pure da Edipo nell’ultima tragedia di Sofocle.

 

Le lodi di Argo nelle Eumenidi trovano una spiegazione nell’alleanza tra Argivi e Ateniesi e nell’inimicizia con Sparta, una situazione creatasi dopo il 461.

 

 Invece Oreste sarà sempre benevolo e benefico per i suoi concittadini, se manterranno l'alleanza con Atene. Questi versi (765 - 774) contengono un riferimento a un fatto storico recente da un lato, dall'altro al culto antichissimo degli eroi che erano stati uomini di vitalità impareggiabile e anche da morti potevano mandare influssi benefici o malefici sul territorio che li ospitava: "Le anime degli eroi si aggiravano più vicine ai viventi, nella felicità e nell'infelicità si sentiva la loro potenza"[1].

 

 Excursus

“Diventare un eroe, come accade a Edipo, è in sostanza il più alto grado di immortalità cui un greco dell’età classica poteva aspirare. L’Edipo a Colono parla dell’ingresso nel soprannaturale di un essere segnato dal destino, ed è significativo che i due ultimi capolavori del teatro tragico, quasi contemporanei tra loro (l’ Edipo a Colono e le Baccanti di Euripide, composti intorno al 406 a. C.), mettano entrambi sulla scena un soggetto religioso, seppure in modi radicalmente diversi: lo scettico Euripide descrive le forme esotiche e violente di un culto estatico, il conservatore Sofocle parla di un fenomeno religioso fortemente radicato nella civiltà tradizionale”[2].

 

 Edipo dunque, giunto a Colono, promette di riversare collera postuma sui Tebani per il trattamento ricevuto dai propri figli: "il mio freddo cadavere, anche dormendo sepolto sotto terra, un giorno berrà il loro sangue caldo" (Sofocle, Edipo a Colono , vv. 621 - 622), mentre la sua ombra sarà sempre propizia (v.1707) alla terra ateniese che gli ha dato l'ultimo asilo.

 

“Il corpo irrigidito di Edipo si risveglia per bere il sangue dei nemici di Atene, e dietro quest’immagine quasi vampiresca sta la credenza, già omerica, che i fantasmi dei defunti, quelle parvenze fragili che si aggirano nell’Ade e rappresentano un “doppio” larvale del vivente, si rianimino e prendano vita solo quando possono gustare il sangue vivo che sprizza dalle vene delle vittime (…) Del resto, i divini poteri del tebano Edipo sepolto a Colono erano stati messi alla prova solo pochissimi anni prima della rappresentazione sofoclea. Nel 407 a. C., durante l’ultima fase della guerra del Peloponneso, il re spartano Agide aveva tentato un colpo di mano contro Atene, ma proprio a Colono la cavalleria tebana era stata duramente sconfitta da quella ateniese (Diodoro Siculo, XIII 72, 3 - 4) e fonti tarde parlano persino di una miracolosa apparizione di Edipo sul campo di battaglia a fianco degli Ateniesi[3]”.[4].

 

“Molti eroi, come Edipo, finiscono misteriosamente sparendo alla vista e il loro corpo non viene trovato. Lo spazio in cui questo avviene è considerato sacro… e non di rado in esso ha sede un oracolo del morto… A Rodi si diceva che Altemene, eroe fondatore, non era morto ma era stato inghiottito in una voragine della terra (Apollodoro, III, 2, 2); Anfiarao era sparito in un crepaccio insieme al suo cavallo (Pindaro, Ol. 6, 14, Nem. 10. 8)”[5].

 

Da Alcesti morta dovrebbe effondersi il bene: il coro nel terzo stasimo formula questa preghiera che verrà ripetuta dai passanti, sull’obliquo sentiero accanto alla tomba: “Au[ta pote; prouvqan j ajndrov~ - nu'n dj e[sti mavkaira daivmwn - cai'r j w\ povtni j eu\ de doivh~ - toi'aiv nin prosrou'si fh'mai” ( Euripide, Alcesti, vv.1002 - 1005), questa una volta morì per il marito, ora è una divintà beata: salve, signora, dacci del bene. Tali parole le diranno. 

 

 

Del cadavere di Oreste invece fa menzione Erodoto (I, 67 - 68) il quale ricorda che la Pizia, sacerdotessa di Apollo, profetizzò agli Spartani che avrebbero sconfitto i Tegeati quando avessero riportato in patria le ossa di Oreste figlio di Agamennone. Così infatti andò. Quindi Oreste divenne eroe spartano, e, come tale, personaggio negativo nell’Andromaca di Euripide composta dopo l’inizio della guerra del Peloponneso (427 ca).

 

giovanni ghiselli



[1] Rohde, Psiche, p.196

[2] Giulio Guidorizzi (a cura di), Sofocle Edipo a Colono, p. XIII

[3] Ved. Euripide, Phoen. 1703 - 7.

[4] G. Guidorizzi, Op. cit., p. XVI e p. XVII

[5] Avezzù - Guidorizzi, Edipo a Colono, p. 378.

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