Argo |
Argomenti
L’assoluzione dell’argivo Oreste da
parte degli Ateniesi avrà conseguenze geopolitiche: Argo diventerà e rimarrà
sempre alleata di Atene.
Un excursus: dalle tombe degli eroi
emanano influssi benefici o malefici: la loro impareggiabile vitalità continua
a influire sulla storia. Oreste (Eschilo, Erodoto) , Alcesti (Euripide), Edipo
(Sofocle)
Dopo l'assoluzione, Oreste
manifesta gratitudine a Pallade, al Lossia, e per terzo a Zeus salvatore che
tutto compie (vv. 758 - 760). Inoltre giura che mai un Argivo condurrà un
esercito contro Atene: egli stesso, una volta morto, lancerebbe dalla tomba
terribili maledizioni contro chi lo facesse.
Una promessa del genere, come
vedremo, verrà fatta pure da Edipo nell’ultima tragedia di Sofocle.
Le lodi di Argo nelle Eumenidi trovano
una spiegazione nell’alleanza tra Argivi e Ateniesi e nell’inimicizia con
Sparta, una situazione creatasi dopo il 461.
Invece Oreste sarà sempre
benevolo e benefico per i suoi concittadini, se manterranno l'alleanza con
Atene. Questi versi (765 - 774) contengono un riferimento a un fatto storico recente da un
lato, dall'altro al culto antichissimo degli eroi che erano stati uomini di
vitalità impareggiabile e anche da morti potevano mandare influssi benefici o
malefici sul territorio che li ospitava: "Le anime degli eroi si
aggiravano più vicine ai viventi, nella felicità e nell'infelicità si sentiva
la loro potenza"[1].
Excursus
“Diventare un eroe, come accade a
Edipo, è in sostanza il più alto grado di immortalità cui un greco dell’età
classica poteva aspirare. L’Edipo a Colono parla dell’ingresso nel
soprannaturale di un essere segnato dal destino, ed è significativo che i due
ultimi capolavori del teatro tragico, quasi contemporanei tra loro (l’ Edipo
a Colono e le Baccanti di Euripide, composti intorno
al 406 a. C.), mettano entrambi sulla scena un soggetto religioso, seppure in
modi radicalmente diversi: lo scettico Euripide descrive le forme esotiche e
violente di un culto estatico, il conservatore Sofocle parla di un fenomeno
religioso fortemente radicato nella civiltà tradizionale”[2].
Edipo dunque, giunto a Colono,
promette di riversare collera postuma sui Tebani per il trattamento ricevuto
dai propri figli: "il mio freddo cadavere, anche dormendo sepolto sotto
terra, un giorno berrà il loro sangue caldo" (Sofocle, Edipo a
Colono , vv. 621 - 622), mentre la sua ombra sarà sempre propizia
(v.1707) alla terra ateniese che gli ha dato l'ultimo asilo.
“Il corpo irrigidito di Edipo si
risveglia per bere il sangue dei nemici di Atene, e dietro quest’immagine quasi
vampiresca sta la credenza, già omerica, che i fantasmi dei defunti, quelle
parvenze fragili che si aggirano nell’Ade e rappresentano un “doppio” larvale
del vivente, si rianimino e prendano vita solo quando possono gustare il sangue
vivo che sprizza dalle vene delle vittime (…) Del resto, i divini poteri del
tebano Edipo sepolto a Colono erano stati messi alla prova solo pochissimi anni
prima della rappresentazione sofoclea. Nel 407 a. C., durante l’ultima fase
della guerra del Peloponneso, il re spartano Agide aveva tentato un colpo di
mano contro Atene, ma proprio a Colono la cavalleria tebana era stata duramente
sconfitta da quella ateniese (Diodoro Siculo, XIII 72, 3 - 4) e fonti tarde
parlano persino di una miracolosa apparizione di Edipo sul campo di battaglia a
fianco degli Ateniesi[3]”.[4].
“Molti eroi, come Edipo, finiscono
misteriosamente sparendo alla vista e il loro corpo non viene trovato. Lo
spazio in cui questo avviene è considerato sacro… e non di rado in esso ha sede
un oracolo del morto… A Rodi si diceva che Altemene, eroe fondatore, non era
morto ma era stato inghiottito in una voragine della terra (Apollodoro, III, 2,
2); Anfiarao era sparito in un crepaccio insieme al suo cavallo (Pindaro, Ol.
6, 14, Nem. 10. 8)”[5].
Da Alcesti morta dovrebbe effondersi
il bene: il coro nel terzo stasimo formula questa preghiera che verrà ripetuta
dai passanti, sull’obliquo sentiero accanto alla tomba: “Au[ta pote; prouvqan j ajndrov~ - nu'n dj e[sti
mavkaira daivmwn - cai'r j w\ povtni j eu\ de doivh~ - toi'aiv nin prosrou'si
fh'mai” (
Euripide, Alcesti, vv.1002 - 1005), questa una volta morì per
il marito, ora è una divintà beata: salve, signora, dacci del bene. Tali parole
le diranno.
Del cadavere di Oreste invece fa
menzione Erodoto (I, 67 - 68) il quale ricorda che la Pizia,
sacerdotessa di Apollo, profetizzò agli Spartani che avrebbero sconfitto i
Tegeati quando avessero riportato in patria le ossa di Oreste figlio di
Agamennone. Così infatti andò. Quindi Oreste divenne eroe spartano, e, come
tale, personaggio negativo nell’Andromaca di Euripide composta dopo
l’inizio della guerra del Peloponneso (427 ca).
giovanni ghiselli
[1] Rohde, Psiche, p.196
[2] Giulio
Guidorizzi (a cura di), Sofocle Edipo a Colono, p. XIII
[3] Ved.
Euripide, Phoen. 1703 - 7.
[4] G.
Guidorizzi, Op. cit., p. XVI e p. XVII
[5] Avezzù
- Guidorizzi, Edipo a Colono, p. 378.
Nessun commento:
Posta un commento