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lunedì 4 gennaio 2021

Eschilo. "Le Eumenidi", XI parte

illustrazione da Eschilo. Le tragedie, Bologna, Zanichelli, 1922
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Argomenti

Atena prepara il compromesso religioso e politico cercando di placare le Erinni. Promette loro culti misterici. Varie interpretazioni dei misteri

 

Siamo giunti all'Esodo (vv. 778 - 1047) delle Eumenidi che tuttavia sono ancora Erinni e lanciano maledizioni, sia contro i "giovani dèi "qeoi; newvteroi" (v.778) che le hanno umiliate, sia contro la regione (v.781) dove si è svolto il processo. Minacciano "una scabbia che dissecca la vegetazione e fa abortire le donne"(v. 785).

 

 E' la desolazione che prende le terre inquinate da un miasma morale, come la peste che infuria su Tebe all'inizio dell'Edipo re in seguito agli atti contrari alla natura del protagonista che ha ucciso il re suo padre e sposato la propria madre[1].

 

Atena cerca di mitigare la collera funesta delle “dee venerande” promettendo loro culti e devozione a nome degli Ateniesi.

 

E' il compromesso tra la religione apollinea degli aristocratici, Alcmeonidi in testa, e quella orfica importata da Epimenide cretese, profeta delle Erinni e di Demetra Eleusinia, giunto ad Atene intorno al 600.

 

 La religione delle dee venerande figlie di Crono consentì al loro profeta la battaglia contro Delfi[2], roccaforte della tradizione e degli Alcmeonidi che nel 636, o nel 632, guidati da Megacle, avevano sventato il tentativo di Cilone di instaurare la tirannide, ammazzandone i seguaci sebbene questi avessero cercato rifugio nel tempio delle Erinni.

Quindi Epimenide stesso divenne capostipite di una famiglia nobiliare, e dall'incontro di questa con i maledetti uccisori dei supplici ciloniani, gli Alcmeonidi, nacque Pericle, il leone dei Greci.

Erodoto racconta che Agariste degli Alcmeonidi, incinta di Pericle, sognò di partorire un leone (VI, 131).

Eschilo, ricordando nelle Eumenidi la vittoria del dio delfico Apollo contro la Dike delle Erinni, esalterà in fondo la vittoria degli Alcmeonidi sulle dee di Epimenide.

 

Nel compromesso vince la consorteria dei tirannicidi.

 

“Come ghenneta degli Eupatridi, i quali erano esclusi dal sacrificio di sante focacce e di latte in onore delle Semnaí o Erinni, il poeta sentiva su di sé (e su tutto il ghénos degli Eupatridi a cui apparteneva) il sacro nembo del terrore, compagno alle Semnaí stillante sangue: esse erano state offese un tempo dal ghénos degli Alcmeonidi quando questi avevano offeso i Ciloniani vicino agli altari delle dee. Verso il 600 Epimenide aveva purificato Atene dal sacrilegio di circa trent’anni prima; ma l’eco n’era viva ancora. D’altra parte, anche come ghenneta degli Eupatridi, Eschilo era abbastanza vicino a Pericle, il quale (insieme col fratello) fu poi tutore di un eupatrida, il famoso Alcibiade. Pericle, se per parte della madre (una Alcmeonide) portava ancora nel sangue la tremenda offesa recata alle Erinni dagli uccisori dei Ciloniani, tuttavia - per parte di padre (e perciò sul piano giuridico) - era ghenneta dei Buzygi, purissimi dinanzi alle Erinni, sì da poter identificare il loro eponimo (Buzyge), addirittura col “purificatore” Epimenide. Perciò Eschilo si sentì chiamato, in quello scorcio della sua vita e della sua opera, a interpretare la storia di Oreste secondo una versione che placasse per sempre la ricerca ateniese di una compiuta giustizia dinanzi alle opposte Dícai delle Erinni (le dee di Epimenide) e di Apollo (il dio degli Alcmeonidi)”[3].

 

 

La vittoria sulle Erinni non vuole essere schiacciante: Atena promette alle rivali vinte: "sedi e antri" dove potranno stare "assise su altari dagli splendidi seggi" (v.806) e avranno onore dalla cittadinanza. La corifèa ribadisce i propositi di vendetta ripetendo, parola per parola, la minacciosa strofe precedente (vv. 777 - 792; 808 - 822); allora Atena menziona il fulmine di Zeus con un tono di ritorsione che però addolcisce subito, preferendo puntare ancora sulla persuasione: "Io ho fiducia in Zeus, che bisogno c'è di dirlo? E sono l'unica tra gli dèi a conoscere le chiavi della stanza in cui sta sigillato il fulmine (ejn w|/ keraunov~ ejstin ejsfragismevno~, v. 828).

Ma non c'è bisogno di questo (ajll j oujde;n aujtou` dei`, v. 829). Lasciati persuadere. Non scagliare contro questa terra parole di lingua temeraria, frutto che porta malessere a tutti. Sopisci l'amaro ardore di nera onda poiché sarai venerata abitando con me" (vv. 826 - 833).

 

La corifèa ancora non si lascia convincere; allora Atena prova a lusingarla non senza un pizzico di ironia: "sopporterò le tue collere: infatti tu sei più anziana (geraitevra) e certo anche più saggia di me (ejmou' sofwtevra), sebbene anche a me Zeus concesse di capire qualcosa - fronei`n de; kajmoi; Zeu;" e[dwken ouj kakw`" [4]"(vv. 848 - 850).

 

Quindi Atena aggiunge altre promesse: "e tu, avendo una sede onorata presso la dimora di Eretteo, otterrai da processioni di uomini e donne onori quanti non potresti ottenere da altri mortali"(vv. 854 - 857).

 

Eretteo è un mitico re di Atene e le processioni più importanti facevano parte dei culti eleusini fondati da Demetra e dedicati alle divinità ctonie. I riti eleusini erano misterici, ossia potevano assistervi solo gli iniziati. Il 19 Boedromione (verso i primi di ottobre) c'era una processione da Atene ad Eleusi, con scambio di frizzi e motti osceni tra i partecipanti, come in molte cerimonie a sfondo agricolo. Il rito nacque con l'intento di ottenere abbondanza di messi, poi anche la beatitudine dopo la morte. Il privilegio degli iniziati è descritto nelle Rane di Aristofane: essi fruiscono di una splendida luce, simile a quella terrena (v.155).

 

E' interessante una riflessione di Schopenhauer sui misteri: "L'unico residuo o piuttosto corrispettivo dei misteri dei greci è la massoneria: l'essere accolti in essa è il muei'sqai[5] e le teletaiv[6]; ciò che vi si impara sono i musthvria e i vari gradi sono mikrav, meivzona, kai; mevgista musthvria[7]. Una simile analogia non è casuale, né ereditata, ma dipende dal fatto che scaturisce dalla natura umana: presso i maomettani il corrispettivo dei misteri è il sufismo. Presso i romani, che non avevano misteri propri, si veniva iniziati ai misteri degli dèi stranieri, in particolare di Iside, il cui culto si può rintracciare a Roma in tempi molto remoti"[8].

 

Secondo Jaeger i misteri costituirono "una forma più alta e personale di religione"[9].

 

Nietzsche invece considera i “culti sotterranei” un antecedente del cristianesimo che li assommerà in sé: “Il nascondiglio, il luogo oscuro è il cristiano. In esso il corpo viene disprezzato, l’igiene respinta come sensualità; la Chiesa si oppone perfino alla pulizia (la prima misura cristiana, dopo la cacciata dei Mori, fu la chiusura dei bagni pubblici, e la sola Cordova ne possedeva 270). Cristiano è un certo gusto per la crudeltà verso di sé e verso gli altri; l’odio per i dissenzienti; la volontà di perseguitare (…) Cristiano è l’odio mortale per i signori della terra, per i “nobili” (…) Cristiano è l’odio per lo spirito, per l’orgoglio, il coraggio, la libertà, per il libertinage dello spirito; cristiano è l’odio per i sensi, per le gioie dei sensi, per la gioia in generale (…) Il cristianesimo vuole dominare su belve predatrici; il suo espediente è farne dei malati, - la ricetta cristiana per ammansire, per la “civilizzazione” è l’infiacchimento (…) Il prete valuta, dissacra la natura: è solo a questa condizione che egli esiste (…) il prete vive dei peccati, egli ha bisogno che si “pecchi” (…) il cristianesimo, forma fino ad oggi insuperata di mortale avversione contro la realtà (…) Tutti i concetti della Chiesa (…) sono la più malvagia falsificazione di moneta che esista, intesa a svilire la natura, i valori di natura (…) Quando uno colloca il peso della vita non nella vita, ma nell’ “al di là” - nel nulla - , ha tolto alla vita in generale il suo peso (…) Al cristianesimo la malattia è necessaria, pressappoco come alla grecità è necessaria un’esuberanza di salute - rendere malati è la vera intenzione recondita dell’intero sistema di procedure di salvezza della Chiesa (…) Si legga Lucrezio, per capire che cosa ha combattuto Epicuro: non il paganesimo, ma il “cristianesimo”, intendo dire la corruzione delle anime per mezzo dei concetti di colpa, pena e immortalità. - Egli combatteva i culti sotterranei, l’intero cristianesimo latente (…) Ed Epicuro avrebbe vintp, ma in quella apparve Paolo (…) il cristianesimo come formula per superare - e per assommare - i culti sotterranei d’ogni sorta, quelli di Osiride, della gran Madre, di Mitra, per esempio: in questa intuizione sta il genio di Paolo (…) la croce quale segno di riconoscimento per la più sotterranea congiura mai esistita - contro salute, bellezza, costituzione bennata, coraggio, spirito, bontà dell’anima, contro la vita medesima[10]”.

 

 

In cambio di questi culti, Atena chiede prosperità e pace: "tu dunque su questi miei luoghi non scagliare incitamenti sanguinari, rovine di giovani anime pazze per furori non provocati dal vino; non aizzare i cuori come quelli dei galli, non collocare nei miei cittadini Ares intestino, e violenza reciproca. La guerra rimanga fuori dalla porta (qurai`o~ e[stw povlemo~) , e non sia penosa per chi abbia violenta brama di gloria; ma non approvo la lotta di uccelli domestici"( ejnoikivou d j o[rniqo~ ouj levgw mavchnEumenidi , vv.858 - 866).

Con queste parole sono deprecate le guerre civili[11].

 

Bologna 4 gennaio 2021 ore 11, 15

giovanni ghiselli

 

p. s.

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[1] Cfr. Seneca, Oedipus: maximum Thebis scelus - maternus amor est "(vv.629 - 630), il delitto più grande a Tebe è l'amore per la madre. 

[2]"oujk a[r j e[hn gaivh" mevso" ojmfalo;" oujde; qalavssh""(Epimenide, fr.3B11 DK), non c' era un ombelico centrale della terra né del mare. 

[3] S. Mazzarino, Il pensiero dtorico classico I, pp. 94 - 95

[4] Una battuta conciliante che prefigura questa del Giulio Cesare di Shakespeare quando Cassio fa a Bruto:"I said an elder soldier, not a better:/ Did I say better?, Ho detto un soldato più anziano, non migliore; ho detto forse migliore?" (IV, 3, vv. 56 - 57). 

[5] Essere iniziati

[6] Riti di iniziazione

[7] Piccoli, maggiori e massimi misteri.

[8] Parerga e paralipomena, Tomo II, p. 537.

[9] Paideia, III vol., p. 131.

[10] F. Nietzsche, L’Anticristo (del 1895) passim.

[11] Cacciari commenta quella di Corcira (427 - 425 a. C.) descritta da Tucidide

“Sinistro carnevale, mondo a rovescio, in cui è necessario lottare con ogni mezzo per superarsi e in cui nessuna neutralità è ammessa. Così appare, a Corcira, per la prima volta tra gli Elleni, la più feroce di tutte le guerre (Tucidide, III, 82 - 84)”. (M. Cacciari, Geofilosofia dell'Europa, pp. 42 - 43.)

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