statua di Atena antistante il parlamento Austriaco a Vienna |
le
Eumenidi (terza parte)
Argomento
Oreste ad Atene viene attaccato dalle Erinni e
chiede aiuto alla dea poliade. Quindi promette l’alleanza e la sicura fedeltà
di Argo alla città protetta dalla dea Atena.
Quindi la scena si sposta sull'Acropoli di Atene dove Oreste abbraccia la
statua della dea e la supplica di accoglierlo benigna (v. 236).
Poi rientra il coro delle Erinni (Epiparodo) e la corifèa ribadisce la loro
feroce determinazione di cacciatrici del matricida: "infatti come un cane
fa con un cerbiatto ferito, noi seguiamo le tracce del sangue che
goccia"(vv.246 - 247).
La portavoce della banda sembra eccitata da una voluttà depravata di
sguazzare nel sangue: "mi arride l'odore di sangue umano"(v.253).
Allora le Erinni si incitano a vicenda: "liquido sangue materno
versato a terra, oh, non si raccatta, non si può richiamare indietro (ai|ma mhtrw`on
camai; - dusagkovmiston, papai`) : il liquido versato al suolo è
perduto. Ma bisogna che tu in cambio mi dia che da te vivo possa ingozzare
denso liquido rosso dalle membra"vv. 261 - 265).
L'offesa alla madre è un peccato per il quale non c'è remissione.
Perciò Oreste deve morire ed essere trascinato sotto terra dove si
trova " chi tra i mortali ha peccato commettendo sacrilegio contro dio o
un ospite o i propri genitori"(vv. 269 - 271), trasgressioni
considerate gravissime, lo abbiamo visto, già nelle Supplici, poi
ricordate, sia pure in un contesto comico e con qualche variante,
da Aristofane che nelle Rane scrive: "poi vedrai molto
fango e sterco perenne, e in esso attuffati chi una volta ha maltrattato
l'ospite, o eccitando un ragazzo lo ha derubato, o ha battuto la madre o ha
percosso la mascella del padre[1] o ha giurato un giuramento falso"(vv. 145 - 150).
Luogo simile nell'Eneide dove sono elencati, con ampliamenti dovuti ai
programmi restauratori di Augusto, i grandi criminali del Tartaro.
Dopo varie
figure del mito, ecco i delinquenti umani :" Hic quibus invisi
fratres, dum vita manebat,/ pulsatusve parens et fraus innexa clienti,/aut qui
divitiis soli incubuere repertis/nec partem posuere suis (quae maxima turba
est./quique ob adulterium[2] caesi, quique
arma secuti/impia nec veriti dominorum fallere dextras""(Eneide,
VI, vv. 608 - 613), qui ci sono quelli dai
quali furono odiati i fratelli, finché la vita restava, o fu maltrattato il
padre[3], o frode fu
ordita al cliente, o quelli che da soli si stesero sulle ricchezze trovate e
non ne fecero parte al prossimo loro (che è la masnada più grande), e quelli
ammazzati per adulterio, e quelli che armi seguirono empie e non esitarono a
ingannare la fede dei padroni.
Tra i dieci comandamenti dettati da Dio a Mosè si trova
“Onora tuo padre e tua madre.
Non uccidere.
Non commettere adulterio”. (Esodo, 20).
Oreste prova a difendersi da solo dicendo che il sangue della sua mano
"dorme e svanisce"(Eumenidi, v. 280), in quanto oramai
"la macchia del matricidio è lavata"(v. 281).
Ma questa volontà unilaterale non basta.
Il figlio di Agamennone chiama in aiuto Atena, eponima della città dove si
è rifugiato, e in cambio promette che la dea: "conquisterà senza battaglia
me e la mia terra e il popolo argivo che sarà giustamente fedele e alleato per
sempre" (vv. 289 - 291).
Con questi versi Eschilo vuole dare una base mitico - religiosa alla lega
stipulata tra gli Ateniesi e gli Argivi , in seguito al “maggiore errore
politico”[4] commesso
da Cimone che nel 462 portò aiuto agli Spartani in guerra contro gli Iloti
ribelli. Il contingente ateniese venne bruscamente congedato e fallì la
politica filospartana di Cimone che fu ostracizzato dagli Ateniesi (461 a. C.).
Argo approfittò dell’appoggio di Atene per stabilire il suo dominio su
Micene e Tirinto.
“Nell’alleanza con Argo si intravede anche una motivazione ideologica: Argo
aveva trasformato il suo regime in democratico, e le Supplici di
Eschilo, datate ormai tra il 463 (o il 466), e il 461 a. C., ne sono un
interessante riscontro. Contro l’oligarchica Sparta, l’intesa con Atene ha un
profilo ideologico”[5]
Oreste dunque si fa portavoce anche della nuova tendenza antispartana
propugnata da Pericle. La corifèa però cerca di annientarlo apostrofandolo con
un dissanguato nutrimento dei demoni,
ombra (“ajnaivmaton bovskhma daimovnwn, skiavn”, v.302).
Nell'Agamennone (del
458) del resto Ares viene definito "oJ
crusamoibo;" d j [Arh" swmavtwn" (v.437), il cambiavalute dei corpi, nel senso
che la guerra distrugge le vite e arricchisce gli speculatori.
invece di uomini
urne e cenere giungono
alla casa di ciascuno"(434 - 436).
Secondo Gaetano De Sanctis, Eschilo con questa
tragedia ha voluto mettere in guardia gli Ateniesi"contro le guerre
ingiuste, pericolose e lontane, onde tornano, anziché i cittadini partiti per
combattere, le urne recanti le loro ceneri. La lista dei caduti della tribù
Eretteide mostra quale eco dovesse avere nei cuori tale monito durante quella
campagna d'Egitto (anni 459 - 454) in cui fu impegnato il fiore delle forze
ateniesi"[6].
2 gennaio
2021
giovanni
ghiselli
[1] Questo spauracchio non distoglie Fidippide, il giovane delle Nuvole
corrotto dalla cattiva educazione di Socrate, dal picchiare il padre
Strepsiade; e l'antica tradizione che inculca il rispetto per i genitori e gli
anziani non gli impedisce di coonestare l'atto empio con ragionamenti
sofistici.
[2] Si pensi alla
volontà augustea di reprimere l’adulterio dilagante e di incoraggiare la
monogamia. Essa verrà codificata, invano, dalla lex Iulia de adulteriis
coercendis, dalla lex Iulia de maritandis ordinibus (
entrambe del 18 a. C.) e dalla lex Papia Poppaea ( del 9 d. C.
). Seneca nel De beneficiis mette in rilievo la diffusione di
poliandria e poligamia : “Numquid iam ullus adulterii pudor est,
postquam eo ventum est, ut nulla virum habeat, nisi ut adulterum inritet?
Argumentum est deformitatis pudicitia”(III, 16, 3), c'è forse più un poco
di vergogna dell'adulterio, dopo che si è arrivati al punto che nessuna donna
ha il marito, se non per stimolare l'amante? La pudicizia è indizio di
bruttezza. Si ricordi anche l'irrisorio "casta est quam nemo rogavit” di
Ovidio (Amores, I, 8, 44), è casta quella cui nessuno ha fatto proposte.
[3] Trattare male i
genitori dunque è un peccato classico. Della mancanza di affetto e comprensione
per il proprio padre dovrà dolersi a lungo lo Zeno di Svevo dopo lo schiaffo e
la morte di lui: "Magari mi fossi comportato con semplicità e avessi preso
fra le mie braccia il mio caro babbo divenuto per malattia mite e
affettuoso!" (La coscienza di Zeno, p. 59.).
Così pure il
protagonista dell'autobiografico Il male oscuro di Giuseppe Berto
conclude il suo romanzo con queste parole: "si è fatto tardi ma innaffierò
egualmente l'orto e stasera proverò a portare i due bidoni pieni come faceva
mio padre può darsi che ce la faccia senza versare l'acqua né cadere, e poi
sarà tempo di dire Nunc dimittis servum tuum Domine, forse è già tempo" (p.
416).
[4] D. Musti, Storia
greca, p. 337.
[5] D. Musti, Storia
greca, p. 350.
[6] Storia dei
Greci , II vol., p.91
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