PER VISUALIZZARE IL GRECO SCARICA IL FONT HELLENIKA QUI E GREEK QUIDoré, Le Furie (illustrazione per la Divina Commedia)
le
Eumenidi (quarta parte)
Argomenti
Il canto di orrore delle Erinni.
Le Furie in Dante e in Goethe.
T. Mann e T. S. Eliot
Nel Primo Stasimo (vv.307
- 396) le Erinni danzano e cantano "un canto di orrore"(v.308) mentre
Oreste si tiene avvinghiato alla statua di Atena.
L'"inno" delle Furie è "un laccio della mente, senza
accompagnamento di cetra ( devsmio" frenw`n, u[mno~ ajfovrmikto~), aridità per
i mortali" aujona; brotoi`", vv. 331 -
333, ripetuti, vv. 343 - 346, in ejfuvmnion, ritornello).
“Gli esseri sotterranei aborriscono la musica, ve. Eschilo, Eum.
331 u{mno~ ejx j Erinuvwn … ajfovrmikto~, “l’inno senza cetra delle Erinni”, e l’ingresso di Orfeo nell’Ade
commuove le ombre dei morti e gli dèi inferi tramite il suono della cetra che
non risuona mai tra i defunti”[1].
Mi pare che questo pensiero di Guidorizzi contenga una contraddizione
logica “che nol consente”. Che cosa ne dite?
Le Erinni dunque minacciano la
distruzione del pensiero, dell'arte e il disseccamento della stessa vita umana,
se non verranno riconosciuti i loro diritti, prima di tutti quelli della
vendetta.
Infatti queste creature si proclamano "le venerande memori delle
colpe"( kakw`n te mnhvmone" semnaivvv. 382 - 383); dunque il coro delle Erinni rivendica " una dignità
antica” per la quale, precisa, “non accetto il vituperio, anche se occupo un
posto sotto terra e la tenebra nemica del sole"(vv. 393 - 396).
Queste donne spaventose di tanto in tanto si affacciano nella letteratura
europea: vengono utilizzate dagli autori di visione ampia. Nell’Inferno dantesco Virgilio,
dopo avere individuato “le meschine[2]/ della regina dell’etterno pianto”, le mostra a Dante: "Guarda
- mi disse - le feroci Erine"[3].
Goethe le mette in scena, con altro aspetto, nel Faust , dove l’araldo le
presenta con queste parole: "Le Furie, sono - die Furien es ist!... E
non mi crederete! - ben fatte, benigne, giovani di anni freundlich,
jung von Jahren - Accostàtele un poco, e proverete - che le colombe han
morsi di serpenti. Son false, sì! Ma in questo dì nel quale - ogni folle de’
suoi vizii si sfama, - non pretendon di angeli la fama, - si confessano pèste e
fortunale"[4].
Più avanti (Galleria oscura) compaiono le Madri che spaventano Faust
e inquietano Mefistofele il quale dice: “ A malincuore, svelo un grande enigma.
- Auguste dèe, troneggiano - in una sconfinata solitudine. - Nessun paese,
intorno. E tempo, ancora meno. - A parlar di lor, ci si sconcerta. - Son le
Madri! - die Mütter sind es!
Faust (con un sussulto di spavento)
Madri?
Mefistofele
Rabbrividisci?
Faust
Madri! Madri! Misterioso suono!
Mefistofele
E misteriose sono! - A voi mortali sconosciute iddie, - a noi demonii
nominarle spiace. - Per rintracciarne la dimora occulta, - ti occorrerà frugare
- nel più profondo baratro. - La colpa è tua, se d’esse abbiam bisogno”[5].
Il narratore del Doctor
Faustus di T. Mann,
il professore umanista Serenus Zeitblom, spiegava dalla cattedra agli scolari
del liceo “come
la civiltà consista veramente nell'inserire con devozione, con spirito
ordinatore e, vorrei dire, con intento propiziatore, i mostri della notte nel
culto degli dei"[6]. E’ quello che ha
fatto Eschilo. E’ il caos che si fa cosmo.
Alla fine dell’Orestea le Erinni diventano Eumenidi: “ Dopo
l’intervento razionale di Atena, le Erinni - forze scatenate, arcaiche,
istintive, della natura - sopravvivono: e sono dee, sono immortali. Non si
possono eliminare, non si possono uccidere. Si devono trasformare, lasciando
intatta la loro sostanziale irrazionalità: mutarle cioè da “Maledizioni” in
“Benedizioni”. I marxisti italiani non si sono posti, ripeto, questo problema”[7].
La visione
orrenda delle Erinni spunta davanti agli occhi di Oreste già nelle
precedenti Coefore , quando l'assassino della madre le
vede quali donne "simili a Gorgoni/dalle nere tuniche
e intrecciate/di fitti draghi"(vv.1048 - 1050). Tali mostri sono"le
rabide cagne della madre" (v1054) che appaiono soltanto al
matricida:" uJmei'~ me;n oujc oJra'te tavsd j, ejgw; d ’ oJrw'”, voi non le vedete queste, ma io le vedo"(1061). Le Furie lo
incalzano: “ejlauvnomai de; koujkevt j a]n meivnaim j ejgwv” (v. 1062), sono sospinto e non posso più restare io.
T. S. Eliot pone questi versi quale epigrafe di Sweeny agonista (1930):
"You don’t see them, you don’t - But I see them: they are hunting me
down, I must move on”.
Nel dramma La Riunione di famiglia (1939)
Eliot mostra come tali visioni siano un privilegio.
Secondo l'autore di The waste land bisogna seguire le Erinni
come segni mandati da un altro mondo, non cercare invano di evitarle con
un'impossibile fuga in quella "deriva infinita di forme urlanti in un
deserto circolare" che è la storia umana. Quelli che vedono le Erinni
insomma, sono monocoli in una terra di ciechi.
Non sempre del resto c’è redenzione dopo il matricidio: Nerone, dopo avere
ammazzato Agrippina (59 d. C.) sebbene rassicurato dalle congratulazioni dei
soldati, del Senato e del popolo: “neque tamen conscientiam sceleris (…) aut
statim aut umquam ferre potuit, saepe confessus exagitari se materna specie
verberibusque Furiarum ac taedis ardentibus” (Svetonio, Neronis
vita, 34), tuttavia non poté subito né poi sopportare il rimorso del
delitto, e spesso confessò di essere tormentato dalla visione della madre e
dalle fruste e dalle fiaccole ardenti delle Furie.
Nerone quale attore amava interpretare sulla scena la parte di Oreste,
ossia del matricida assolto.
giovanni
ghiselli
[1] Avezzù - Guidorizzi,
Edipo a Colono, p. 343.
[2] Schiave.
[3] Inferno, 9, vv.
42 - 43 e 45.
[4] J. W.
Goethe, Faust, seconda parte, I atto, Gran Salone.
[5] Faust, in Goethe
Opere, trad it. Sansoni, Firenze, 1970, p. 1102.
[6]T. Mann, Doctor
Faustus , pp. 12 e 14.
[7] P. P. Pasolini, Le
belle bandiere, p. 54.
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